Uno studio dell’Australia National University ha preso in esame gli ultimi cinque cicli glaciali del Pleistocene, in un arco di 500 mila anni, attraverso campioni di sedimenti del Mar Rosso. E la serie di scoperte che ha pubblicato sul sito Nature Communication sono molto importanti, vista l’urgenza climatica nella quale viviamo.
Le calotte di ghiaccio, secondo gli studiosi, reagiscono lentamente ai cambiamenti del clima ma una volta che lo scioglimento inizia, si innesca un processo che per invertirsi può richiedere secoli. Alla fine degli ultimi cinque cicli glaciali, infatti, il livello del mare è salito ad un tasso di 5 metri e mezzo per secolo.
“Nei periodi in cui sulla Terra c’era almeno il doppio del ghiaccio attuale – ha spiegato Katharine Grant, autrice del rapporto dell’università – l’innalzamento degli oceani è stato di almeno due metri per secolo, mentre in archi di tempo con la quantità di ghiaccio analoga a quella di oggi, l’acqua ha registrato incrementi di un metro/un metro e mezzo per secolo”. Nel breve termine, dunque, il livello del mare è influenzato dal riscaldamento degli oceani e dallo scioglimento dei ghiacciai e questi cambiamenti possono verificarsi nell’arco di un decennio facendo variare il livello del mare di decine di centimetri. Ma nel lungo termine, a fare la differenza, è lo scioglimento delle calotte in Groenlandia e Antartide: processo inarrestabile e lunghissimo.
La Grant afferma di aver studiato i lassi di tempo che intercorrono tra l’inizio dello scioglimento delle calotte fino al punto massimo di ritiro: nel 95% dei casi, i periodi sono lunghi 1100 anni. Secondo il coautore del rapporto Eelco Rohling, da questi dati si può ottenere un insegnamento per il futuro: “Il riscaldamento causato dall’uomo dura da già 150 anni – afferma – e diversi studi hanno documentato l’incremento della perdita di massa delle calotte dell’Antartide e della Groenlandia. Una volta iniziato, questo processo può essere irreversibile per secoli a venire”. .