La 20sima conferenza annuale sui cambiamenti climatici, Cop 20, è iniziata oggi in Perù: i delegati di 196 Paesi che fanno parte della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) si sono riuniti oggi a Lima per l’apertura dei lavori. L’obiettivo è cercare di fare grandi passi avanti verso l’adozione di un nuovo accordo globale che contenga obiettivi vincolanti sulla riduzione delle emissioni di CO2: secondo associazioni ed esperti, il meeeting rappresenterebbe l’ultima chance davvero utile a gettare le premesse per una trasformazione del rapporto fra società post industriali e risorse naturali.
Durante il Cop 21 che si svolgerà a Parigi nel dicembre del 2015, infatti, dovrà essere raggiunto un nuovo accordo universale, legalmente vincolante, che sostituisca il Protocollo di Kyoto, e coinvolga tutti i paesi del mondo nell’impegno di tagliare le emissioni: ed è proprio a Lima che le basi del testo dovrebbero essere messe in chiaro, evidenziando subito le posizioni più rigide e quelle più aperte. Secondo obiettivo del vertice di Lima e conciliare le posizioni di Usa e Cina che, da soli, emettono il 42% della Co2 mondiale. ma dati i recenti accordi bilaterali fra le due potenze, è altamente improbabile che Pechino e Washington si impegnino per attuare tagli più corposi di quelli fissati in tempi più stretti.
Alcuni Paesi come Canada, Australia e Giappone, non si sono formalmente impegnati a nessun taglio: coinvolgerli in progetti più funzionali, strappando magari qualche promessa, è un altro obiettivo del Cop20. Più ambiziosa è stata storicamente l’Europa, che ha accettato un taglio vincolante alle emissioni del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990: meglio degli altri quindi, ma ancora non abbastanza secondo le organizzazioni ambientaliste.
Infine, il capitolo Fondo verde per il clima: risorse che serviranno a sviluppare un’economia pulita nei paesi poveri, con il doppio obiettivo di far uscire milioni di persone dalla povertà e promuovere uno sviluppo a basso tasso di carbonio. Più benessere con meno emissioni, insomma. Attraverso questo strumento, infatti, l’Onu punta a raccogliere 10 miliardi di dollari entro la fine del 2014, ma per adesso è fermo a 9,4. Una cifra che i rappresentanti dei paesi poveri giudicano risibile, chiedendo lo stanziamento di almeno 15 miliardi. In ogni caso, una cifra ancora lontanissima da quei 100 miliardi l’anno il cui stanziamento era stato promesso alla fine della Conferenza sul clima di Copenaghen del 2009 entro il 2020.