Vorrei rivolgere un appello ai sacerdoti, ricordando loro che muore un nostro figlio, il piccolo Charlie, figlio di tutti noi e di tutta la nostra umanità.
È figlio di Dio e figlio anche di noi sacerdoti, consacrati chiamati ad annunciare sempre la bellezza dell’esistenza e la sua dignità anche quando la vita è appesa ad una Croce.
Possiamo non lasciare alla morte questa creatura ne’ abbandonare questa vita dalla cecità dei potenti ai loro lacci di morte.
Noi preti ci possiamo unire per dare voce all’anima di questa creatura e lo possiamo manifestare facendo suonare le campane delle nostre Chiese, per inneggiare alla vita.
Tutti coloro che credono nella vita, a partire dai cristiani, vadano dai propri parroci chiedendo di avere questo coraggio!
Sì, perché il suono delle campane richiama il popolo a raccogliersi per celebrare chi rinasce nel Signore. Le campane distese esprimono un linguaggio di piena condivisione mettendoci tutti in comunicazione da una parrocchia all’altra trasmettendo questo sentimento di vita.
Le Chiese d’Europa facciano suonare le proprie campane come un megafono, un amplificatore di amore e anche di dolore dinanzi alla sconfitta della compassione umana.
In questo linguaggio comune ascenderemo con Charlie, per dire specialmente ai giovani che si può ancora andare controcorrente anche sperando nell’impossibile e che si può ancora credere nei miracoli e nella volontà di Dio. Questo suono deve farci stringere al dolore dei suoi genitori unito a quello dei tanti papà e mamme che in questo mondo vengono lasciati soli, abbandonati nel loro dramma, spesso incompresi e spinti verso gesti disperati.
Coloro che hanno posto così tanti ostacoli legali per impedire un supplemento di speranza hanno ucciso quella compassione che si dovrebbe esercitare verso ogni essere umano.
I vigliacchi silenziosi che non hanno preso posizione rischieranno di finire nel girone degli ignavi, ma questa distesa di campane la dobbiamo a questi genitori eroi, che sono stati esempio di coraggio manifestando e lottando per la vita e che non hanno ceduto alle tante intimidazioni.
Ora dobbiamo mantenere in vita Charlie con il nostro cuore e noi sacerdoti siamo mediatori di questo dolore universale per la morte di un bambino che non siamo riusciti a salvare.
Qualcuno dalle parti della Corte Europea non ha compreso il principio dell’umanità dimenticando la nota locuzione latina che recita: “Summum ius, summa iniuria”, tradotta “somma giustizia, somma ingiustizia”, e come spiega bene quando il massimo del diritto può diventare il massimo dell’ingiustizia.
Infatti a cosa serve disumanizzare il diritto se non a servire più a niente? Un diritto disumano, mal costruito, è solo disgrazia senza speranza. Ed è quest’ultima ad essere stata tolta a Charlie.
Don Aldo Buonaiuto
Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
fondata da don Oreste Benzi –
direttore di In Terris