Marwa è una bambina piccola, di venti mesi. È distesa su un lettino e ricoperta dalle attenzioni del personale sanitario e dei suoi genitori. È viva ed è amata. Proprio come Charlie Gard. E proprio come il piccolo inglese la cui vicenda è oggi sotto i riflettori, anche Marwa è stata vicina a una morte ritenuta inaccettabile da una moltitudine di persone.
La piccola (che ha una gemellina) è ricoverata all’ospedale della Timone di Marsiglia dal settembre scorso, a causa di un virus fulminante che le ha causato seri danni celebrali. Ritenendola inguaribile, a novembre i medici hanno deciso di sospendere il trattamento terapeutico e di staccare le spine che la tengono in vita.
Un’ipotesi subito respinta dai genitori della bambina, che hanno portato la questione davanti ai giudici. Ne è seguito un appassionato dibattito, in Francia e anche all’estero. La discussione ha riguardato più in generale la legge Leonetti sul fine vita, la quale per i minori non prevede “in nessun caso” il consenso dei genitori. Nonostante ciò, il Tribunale amministrativo ha stabilito che sospendere le cura di Marwa sia prematuro. Dello stesso avviso anche il Consiglio di Stato.
Diverse le similitudini tra questa vicenda e quella di Charlie Gard, il cui epilogo sta per essere deciso. Simile anche la grande mobilitazione di solidarietà. I genitori hanno raccolto quasi trecentomila firme per chiedere di lasciar vivere loro figlia. Ed è stata creata anche un’associazione, Jamais sans Marwa (Mai senza Marwa), che su Facebook aggiorna costantemente sulla vicenda della piccola. In Terris ha intervistato Justine, dell’associazione in questione, che è a stretto contatto quotidiano con il papà della piccola, Mohamed Bouchenafa, e con cui ha concordato le risposte sottostanti.
Come si è giunti a questo lieto fine per Marwa?
Il Tribunale amministrativo ha ordinato, alla fine del 2016, il proseguimento delle cure, ma l’ospedale ha fatto ricorso. I genitori di Marwa, Mohamed e Anissa, hanno dovuto intentare causa davanti al Consiglio di Stato (una delle più alte giurisdizioni in Francia) difesi dall’avvocato Maitre Le Bret, che è anche l’avvocato dei genitori di Vincent Lambert, il cui caso è simile ma riferito ad una persona adulta. Dopo diverse analisi e riunioni di medici esterni all’ospedale, questo tribunale ha ordinato, anch’esso, il proseguimento delle cure ma ha soprattutto permesso di creare una reale interrogazione in Francia sulle leggi riguardanti questo tipo di casi, di costituire un precedente e di attestare che Marwa era ben presente con noi e non solo tenuta in vita da una macchina.
Quanto è stata importante per Marwa la mobilitazione attraverso il web?
Molto, anzitutto perché ha aiutato il papà in un momento di forte sconforto: egli pensava di essere da solo e di gridare nel vuoto per salvare sua figlia. La mobilitazione ha inoltre permesso di sensibilizzare il mondo intero sul caso di una bambina considerata come condannata da una parte del corpo medico ma ben in vita e combattiva. Come detto, ha poi sollevato l’attenzione su certe leggi contraddittorie in Francia e ha anche permesso di fare pressione perché si possano ridare pieni diritti ai genitori sui propri figli.
Attualmente qual è la situazione della piccola Marwa? Sul vostro profilo Facebook si legge che i genitori stanno preparando la camera da letto per accoglierla a casa…
Attualmente, e dopo diversi mesi di battaglia, la famiglia di Marwa ha ottenuto un appartamento decente per accogliere la piccola. Marwa è ancora ricoverata perché la preparazione della sua camera è in corso; sono necessari diversi lavori come l’installazione di un climatizzatore ma anche la predisposizione di un ambiente sicuro e conforme al fine di accoglierla nelle migliori condizioni. Mohamed, il papà, deve inoltre imparare come effettuare le cure nel quotidiano a Marwa.
I familiari di Marwa stanno seguendo la vicenda di Charlie Gard?
I genitori di Marwa, cosi come l’associazione “Jamais sans Marwa”, seguono molto da vicino il caso del piccolo Charlie Gard e sono tristi nel constatare che la storia, l’incubo si ripete. Ci sono tante similitudini; anche Marwa aveva dieci mesi al momento della sua ammissione all’ospedale ed anche lei ha ricevuto lo stesso giudizio medico. Non capiamo come nel 2017, in Paesi come l’Inghilterra e la Francia, si debba combattere per far vivere un bambino che combatte lui stesso contro la malattia e come si tolga a genitori nel pieno possesso delle loro facoltà il diritto di decidere sui propri figli.
Qual è il messaggio che la famiglia di Marwa sente di poter dare ai genitori di Charlie?
Noi desideriamo portare loro tutto il nostro sostegno dicendogli: “Non perdete la speranza, non siete da soli, il mondo intero si tiene per mano per sostenervi, ascoltare voi e il vostro cuore ma soprattutto quello del vostro piccolo Charlie. C’è un legame che ci unisce attraverso i nostri bambini che nessuno può sentire”. Certi casi non dovrebbero esistere, lasciare vivere un bambino dovrebbe essere normale.
Si ringrazia Marie-Christine Jeannenot per la preziosa collaborazione