Susanna Camusso, segretario di Cgil, è intervenuta ieri sera alla Festa del Pd a Padova attaccando senza mezzi termini il lavoro del nuovo governo in fatto di spending review. In particolare la portavoce del più antico sindacato italiano contesta i tagli lineari del 3% alla spesa pubblica annunciati da Matteo Renzi. “Dire di voler tagliare il 3% – spiega la Camusso – è come dire che si fanno tagli a casaccio. Dire che si vuole tagliare il 3% della sanità per esempio non significa dire che si cambia la sanità, ma che metterai altri ticket o toglierai prestazioni”. Secondo il leader della Cgil sono necessari interventi di altra natura eliminando gli inutili sprechi: “Bisogna fare un’operazione seria di spending review – suggerisce – una centrale unica invece di 30 mila stazioni appaltanti, eliminare le partecipate che non servono a nulla, ridurre il divario retributivo assurdo che esiste nel pubblico altrimenti – ha continuato – semplicemente impoverisco il Paese con i tagli”.
Durante il dibattito il segretario ha anche parlato della prossima manifestazione in programma per ottobre: “Più che autunno caldo sarà un autunno preoccupato”. E ha proseguito: “Non ci sarà una manifestazione, ce ne saranno molte: ci saranno quelle dei dipendenti della scuola, dei lavoratori pubblici, delle diverse categorie, dei lavoratori dell’industria; se scioperiamo non è un ricatto come ha detto qualcuno, è lo strumento tradizionale del mondo del lavoro e va rispettato”. Per la sindacalista l’Italia non ha più tempo da perdere: “non abbiamo mille giorni di tempo perché il Paese riparta. In tre anni il Paese precipita davvero”. È invece necessario “lavorare sulla creazione di lavoro ma cambiando passo. Non ci aspettiamo che tutto sia risolto in 24 ore ma il cambio di tendenza serve”.
Come? “Bisogna che il governo inizi ad investire – specifica il segretario Cgil – per dare il segno che si crea il lavoro, su che cosa investe il nostro Paese?”. Attacca anche le polemiche, ormai sterili, sull’articolo 18: “Discutere sull’articolo 18 è la continuazione di un’inversione dei termini del problema: l’idea che penalizzando i diritti nascerà lo sviluppo. Se fosse così dopo Monti dovremmo essere a crescita del 10%. Bisogna invece riprodurre certezze, fare ricerca, alzare il livello della formazione cioè inventare un’altra politica”. “Forse un paese come il nostro – conclude – deve iniziare a dire che servono salari decenti e condizioni di lavoro dignitose, e per questo bisogna dedicare le risorse, non capiamo perché solo qui non si può fare una patrimoniale, quando c’è in tutta Europa”.