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BREXIT, LA GRAN BRETAGNA TORNA UN’ISOLA

In realtĆ  hanno sempre avuto un piede fuori, a cominciare dalla moneta, dalla guida a sinistra e non ultimo il sistema metrico. Rappresentano lā€™antitesi nella loro essenza, i primi a dare il voto alle donne, i primi a far indossare le minigonne, i primi ad avere una rete fognaria, ma nessunā€™altro ĆØ come loro conservatore. Mantengono saldi legami con lā€™ex impero se pensiamo al Commonwealth, una monarchia ben salda sul trono, parate e salve di cannone per ogni quando. La domanda da farsi ĆØ: ma si sono mai sentiti europei? Fondamentalmente non hanno mai subito il dominio di nessuno e sia lā€™indipendenza geografica che quella mentale ĆØ nel loro Dna. Adesso escono dalla scena delle diatribe europee sapendo di creare un forte squilibrio, occorre capire quanto la bilancia della storia in questo momento vada a loro favore, visto che la questione piĆ¹ spinosa ĆØ quella finanziaria, attorno alla quale la City muove le fila dellā€™economia non solo europea ma dā€™oltreoceano. Eppure molti cittadini corrono in banca per cambiare la valuta da sterline in euro. Probabilmente un segnale che non proprio tutto quadra esiste e lo dimostra che i voti decisivi siano stati veramente pochi.

Per approfondire il caso Brexit, abbiamo intervistato il Professor Luigino Bruni, economista e storico del pensiero economico, autore di numerose pubblicazioni e attualmente Docente di Economia politica presso lā€™UniversitĆ  Lumsa di Roma.

Prof. Bruni, i cittadini britannici sia pure per una manciata di voti hanno deciso lā€™uscita dalla Ue, sono veramente consapevoli di ciĆ² che comporta?
“Evidentemente no, altrimenti sarebbero rimasti, perchĆ© hanno solo da perdere da questa operazione: nel giro di un anno si vedranno le conseguenze soprattutto per le classi medio basse, non certo per le banche della City. Oggi ĆØ un giorno di lutto, lo ĆØ soprattutto per quella tradizione liberale inglese che almeno dai tempi di Hume e Smith ha insegnato al mondo che non cā€™ĆØ un buon futuro per lā€™economia e la democrazia senza apertura e cooperazione. Questa ĆØ una grande involuzione, una scelta anacronistica e nostalgica di un impero che non cā€™ĆØ piĆ¹. Lā€™Inghilterra sta facendo la scelta che fece Venezia nel ā€˜500 quando invece di capire che il mondo era cambiato e che lā€™asse si stava spostando fuori dal Mediterraneo continuĆ² a pensare guardando indietro, alle antiche glorie e non diede vita ad una grande unificazione delle cittĆ  italiane. E cosƬ iniziĆ² il suo declino inarrestabile”.

Per la macroeconomia europea puĆ² rappresentare realmente la minaccia di una dĆ©bĆ¢cle?
“Lā€™Europa dovrebbe reggere tutto sommato bene a questa crisi, chi piĆ¹ rischia ĆØ la stessa Gran Bretagna che si troverĆ  molto piĆ¹ vulnerabile ed esposta alle grandi speculazioni internazionali, che sono giĆ  cominciate, basta guardare cosa sta succedendo in tutte le borse del mondo e alla sterlina che ĆØ ai minimi storici da 30 anni”.

Per la microeconomia, il cittadino comune, lā€™uomo della strada cosa deve aspettarsi?
“Se ĆØ inglese e se ĆØ un lavoratore dipendente della working class non deve aspettarsi dei tempi felici perchĆ© il paradiso fiscale che lā€™Inghilterra sta sempre piĆ¹ diventando attirerĆ  dei fondi di investimento le cui ricadute non saranno certamente per i poveri. Tutta questa operazione ha due grandi motori: la City e la ā€œpanciaā€; la City non vuole piĆ¹ i vincoli dellā€™Europa in termini di speculazione finanziaria e vuole trasformarsi sempre di piĆ¹ in una Panama di alto profilo. Poi cā€™ĆØ la ā€œpanciaā€ degli inglesi -soprattutto degli anziani- che hanno paura dei rifugiati e degli emigranti. Ma lā€™aviditĆ  e le paure non hanno mai fatto figli intelligenti e buoni”.

La Brexit ha rinfocolato i sentimenti di indipendenza della Scozia e dellā€™Irlanda pensa che questo potrĆ  segnare un passo in tale direzione?
“Certamente le cose si complicano ed erano giĆ  complicate allā€™interno del Regno Unito. Ma soprattutto si complica lo scenario internazionale e si buttano via 70 anni di fatiche nella costruzione dellā€™architettura europea, il sangue di tanti soldati inglesi che riempiono i cimiteri di tutta Europa, le speranze di una Unione Europea che servisse da modello allā€™Africa, al Sud America ed ad altri paesi”.

Per lā€™Italia, che impatto si prospetta? Il Paese ĆØ in grado di ammortizzare eventuali contraccolpi economici?
“Eā€™ troppo presto per poterlo dire ma dipenderĆ  molto dagli scenari europei. Comunque non sono giorni felici: cā€™ĆØ molta tristezza in chi crede che la pace non ĆØ mai garantita e si puĆ² distruggere in un giorno quanto costruito in almeno tre generazioni. I costruttori di Babele e i costruttori dellā€™arca di NoĆØ sono sempre gli uni accanto agli altri: oggi hanno vinto i muratori della torre di Babele”.

Bisogna attendersi un giro di vite per chi dalla ComunitĆ  Europea vuole andare a studiare o a lavorare in Gran Bretagna?
“Non ĆØ ancora chiaro questo scenario comunque ĆØ stato sempre difficile farlo specie negli ultimi anni quando gli studenti europei hanno cominciato a pagare piĆ¹ di 10.000 sterlina allā€™anno per corsi avanzati. Il Processo di allontanamento della Gran Bretagna dallā€™Europa ĆØ iniziato molto tempo fa: questo referendum, se avesse vinto il ā€œremainā€, paradossalmente avrebbe potuto segnare una inversione di tendenza e lā€™inizio di una nuova era. Ma questi discorsi li lasciamo alla storia dei se e dei ma. Il 24 giugno 2016 resterĆ  una delle date della storia europea e purtroppo non sarĆ  ricordato come una bella data, da nessuno, soprattutto dagli inglesi”.

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