Nella zona di Canelli, Asti, ogni anno sono centinaia i migranti – soprattutto bulgari e macedoni, ma anche marocchini, romeni e africani – che arrivano nella speranza di trovare lavoro e ripartire così con la loro vita. Quando però non riescono a farsi assumere dalle ditte vinicole sono costretti ad accontentarsi degli impieghi che trovano, molto spesso finendo così in giri di vero e proprio caporalato e costretti a dormire in una di quelle che sono state ribattezzate “baraccopoli della vergogna”.
Proprio per dare un lavoro dignitoso a queste persone, giustamente pagato e che si svolge in sicurezza, è nata la start-up agricola “Maramao” – così gli anziani del posto, molto diffidenti hanno ribattezzato gli stranieri – che cerca di creare una “relazione sana tra territorio e migranti”. L?idea è della cooperativa sociale “Crescere Insieme” che in provincia di Alessandria gestisce due progetti Sprar – Sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati – per migranti in età adulta e minori non accompagnati.
“Abbiamo formato all’agricoltura biologica una decina di rifugiati – ha spiegato Claudio Armerio, responsabile del progetto, a Redattoresociale.it – Al momento, con la formula del tirocinio formativo, sono loro ad occuparsi della coltivazionedei terreni; ma l’anno prossimo parteciperanno alla fondazione di una vera e propria azienda agricola, che si occuperà di produrre e trasformare uva, nocciole, frutta secca e cereali”.