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ASSASSINI DI STATO, PENA DI MORTE IN AUMENTO NEL MONDO

Impiccati, crocifissi, fucilati, torturati o decapitati, sono questi solo alcuni dei terribili modi con cui ancora oggi la pena di morte macchia del più feroce dei delitti i Paesi che adottano l’esecuzione capitale per contrastare la criminalità e il terrorismo. E’ un rapporto di Amnesty International a rivelarne le cifre: solo nel 2014 sarebbero 2466 le condanne capitali decretate, 500 in più rispetto al 2013. Un aumento del 28% a distanza di 12 mesi dove ai primi posti vengono segnalate la Nigeria e l’ Egitto con un aumento rispettivamente da 100 a 509 e da 141 a 659 uccisioni nell’ultimo anno.

Il primato però viene stabilito dalla Cina che da sola compie più esecuzioni di tutti gli altri Paesi messi insieme. Anche se non è possibile certificare un numero preciso a causa del segreto di Stato imposto al governo di Pechino sulla pena di morte, Amnesty afferma che ogni anno nel Paese asiatico sono migliaia i condannati. Su scala mondiale sarebbero 22 gli Stati che si sono macchiati di questo delitto nel 2014, ben 19 in meno rispetto al 1995, l’unico dato positivo che rivela un cambiamento di tendenza e di cultura, unico spiraglio di speranza.

“Non si raggiungerà mai la giustizia uccidendo un altro uomo” ha dichiarato con determinazione Papa Francesco in una lettera indirizzata al presidente della Commissione Intenrazionale poche settimane fa. “Non esiste un modo umano di uccidere” ha continuato il Santo Padre invitando le autorità dei Paesi interessati a riflettere profondamente sull’argomento e auspicando un mondo libero dalla pena di morte.

Nel rapporto presentato da Amnesty International è possibile definire una classifica, di certo non meritevole, dei Paesi più violenti. Dopo la già menzionata Cina, segue l’Iran con 289 esecuzioni rese note alle autorità e almeno 454 non riconosciute. L’Arabia Saudita sarebbe al terzo posto con 90 condanne, l’Iraq subito dopo con 61 casi dichiarati e gli Stati Uniti dove le persone giustiziate sono state 35.

L’organizzazione internazionale per i diritti dell’uomo indica poi i Paesi dove ancora oggi l’esecuzione capitale viene utilizzata come strumento per sopprimere il dissenso politico. “Falsi motivi” li definisce Amnesty quelli adottati dai governi che con la pretesa di voler mantenere la sicurezza interna o di combattere la criminalità, continuano a compiere omicidi. Non mancano poi i casi in cui il mandato per l’uccisione è stato legato ad adulterio, blasfemia o stregoneria, come più volte è capitato in Pakistan. “I governi che usano la pena di morte per contrastare la criminalità ingannano se stessi. E’ davvero vergognoso – ha detto Salil Shetty – che così tanti Stati nel mondo giochino con la vita delle persone”.

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