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ARMI BIOLOGICHE, LA GUERRA INVISIBILE

Uccidono senza esplodere. Non dilaniano, non spargono sangue e soprattutto non si vedono. La nuova frontiera della guerra è provocare stragi in modo silenzioso. La popolazione colpita non sa da dove arrivi il flagello. Se venga diffuso in modo naturale oppure sia il frutto di una precisa strategia assassina. Per tanti anni, soprattutto quelli che hanno seguito l’11 settembre 2001, si è parlato del rischio rappresentato dalle armi batteriologiche. Malattie diffuse dolosamente per provocare devastazioni senza mostrare la mano del killer. Peggio della stessa bomba atomica che magari avrà effetti di maggiore durata ma almeno comporta una presa di responsabilità politica a livello internazionale da parte di chi la usa. Provocare vaste epidemie sarebbe un crimine subdolo, meschino e letale.

A preoccupare sono in particolare le organizzazioni terroristiche, Isis in testa, che possono disporre di ampi capitali economici da investire in questo tipo di ricerche. E il possibile arruolamento di scienziati senza scrupoli, pronti a collaborare con il fondamentalismo in cambio di ricchi guadagni. Uno schiaffo alla sicurezza globale. Lo scorso anno uno scoop firmato da due giornalisti di “Foreign policy”, testata di proprietà del Washington Post, svelò i piani del Califfato di costruire armi biologiche. Diversi file contenuti in un pc strappato agli jihadisti contenevano istruzioni dettagliate su come realizzarle. Il batterio scelto per scatenare l’Apocalisse era quello della peste bubbonica, da coltivare e sperimentare su cavie da laboratorio (“i primi sintomi si manifestano dopo 24 ore” spiegava il vademecum) e inserire in piccole granate da lanciare “in ambienti chiusi. Come metropolitane, stadi e discoteche”. Si consigliava poi di sfruttare prese “d’aria condizionata” perché “il batterio si espande in pochi minuti e colpisce migliaia di persone”. Un po’ come quando, nel medioevo, gli eserciti catapultavano i cadaveri degli infetti oltre le mura rivali per fiaccarli con le malattie, a testimonianza di quanto l’efferata crudeltà abbia sempre fatto parte del genere umano. E se fino ad ora questi mezzi sembrano essere rimasti circoscritti solo nei laboratori della morte col passare del tempo è sempre maggiore il rischio che possano essere usati. Questo consentirà ai ricercatori di mettere mano su agenti innocui facendogli produrre tossine oppure di rendere ancora più potenti, e resistenti agli antibiotici, i bacilli già esistenti.

Dopo anni di silenzio a parlarne è stato Papa Francesco in un passaggio dell’importante Enciclica “Laudato sii”, subito avversata dalle lobby di potere. “La guerra causa sempre gravi danni all’ambiente e alla ricchezza culturale dei popoli – si legge nel documento Pontificio – e i rischi diventano enormi quando si pensa alle armi nucleari e a quelle biologiche. Infatti nonostante che accordi internazionali proibiscano la guerra chimica, batteriologica e biologica, sta di fatto che nei laboratori continua la ricerca per lo sviluppo di nuove armi offensive, capaci di alterare gli equilibri naturali”. Un allarme passato quasi inosservato ma che non può essere casuale, specie nel momento attuale, caratterizzato da pericolosi conflitti in diverse regioni del Pianeta.

Attualmente le armi biologiche possono distinguersi in tre gruppi: 1) Virus e batteri, che possono essere diffusi così come sono oppure dopo averli combinati con muffe o altri organismi complessi. Rientrano in questa categoria anche gli insetti vettori di malattie modificati geneticamente al fine di renderli più aggressivi verso la specie umana; 2) Sostanze derivate dal metabolismo di specifici organismi (es. tossine), che hanno un effetto letale o invalidante; 3) Prodotti di sintesi, in grado di colpire in modo “biologico” il bersaglio, costituito da cellule di specifici tessuti. Queste ultime tipologie, fra l’altro, sono assimiliate alle armi chimiche, di cui si occupano appositi protocolli internazionali.

Nel primo tipo rientrano, invece, alcune delle malattie più letali conosciute. Come l’antrace, provocato da un batterio che genera spore. I primi sintomi somigliano a quelli di un comune raffreddore ma dopo alcuni giorni la condizione clinica della persona interessata peggiora soprattutto a livello respiratorio fino allo choc e alla morte. Oppure il botulismo, un’intossicazione che provoca paralisi muscolare. Il paziente presenta vista sdoppiata o annebbiata, abbassamento delle palpebre, difficoltà ad articolare parole e a deglutire. E chi non interviene in tempo fa una fine tremenda. Può essere un’arma biologica particolarmente efficacie perché è facilmente trasportabile ed ha un elevato livello di mortalità. E poi ci sono le malattie di cui in Occidente si è quasi persa la memoria, come la peste e il vaiolo. Debellate negli ultimi secoli su di esse la soglia di attenzione si è abbassata e, se introdotte, potrebbero causare nuove carneficine. Molti di questi agenti patogeni sono stati studiati per la guerra batteriologica durante il “secolo breve” da Stati Uniti e Unione Sovietica. E oggi potrebbero essere usati per condurre attacchi all’umanità, mentre conduciamo la nostra vita, inconsapevoli di quegli invisibili killer che si fanno largo nelle nostre vene.

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