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ABBANDONATI SUL BANCO

Un bambino poggia la testa sul banco: è in mezzo ai suoi compagni, ma si sente solo. Nessuno lo capisce, nessuno lo aiuta: le maestre non sanno che fare. E’ un alunno disabile, ma l’insegnante che deve badare a lui non c’è. La storia di Luca non è unica in Italia: sono 230 mila, infatti, gli scolari disabili nel nostro Paese, a fronte di poco più di 90 mila posti di sostegno complessivi.

A un mese dall’inizio dell’anno scolastico, tantissimi bambini portatori di handicap sono rimasti seduti, nell’attesa di fare qualcosa: c’è chi piange, chi non può andare in bagno perché non ci sono le strutture adeguate, chi non riesce neanche a comunicare con gli insegnanti “ordinari”. E i genitori reagiscono come possono: alcuni hanno passato a scuola i primi giorni per evitare che i figli restassero soli, altri hanno addirittura chiamato le forze dell’ordine.

“Ho quattro figli da gestire, fra cui due gemelli con disabilità – ha raccontato Chiara a In Terris – già a fine maggio avevamo consegnato tutta la documentazione per la 104, mi aspettavo quindi di arrivare a inizio anno con gli insegnanti a disposizione. Dagli uffici non arrivava nulla di certo, ci dicevano semplicemente ‘ci stiamo organizzando’: arrivati al primo giorno di scuola, però, gli insegnanti non c’erano, per nessuno dei due bambini”.

Chiara e la sua famiglia hanno trovato, a inizio anno, una situazione molto caotica: “C’erano un po’ di supplenti che giravano, dividendosi l’orario. Le ore di presenza in classe sono 40: ma gli insegnanti di sostegno già da contratto ne hanno solo 20. Il massimo che ti possono dare è questo: il resto delle ore restano senza nessuno che li aiuti”. Mancano dunque 30 mila docenti specializzati. Il Miur avrebbe dovuto assumerli, ma non l’ha fatto: così tantissimi bambini sono rimasti privi di assistenza.

Chiara inizia la sua infinita battaglia per ottenere un diritto che dovrebbe già essere suo: “Sono andata in mille uffici e ho bussato a tutte le porte, così sono riuscita ad avere 15 ore per ciascuno..Perché mi è stato detto ‘siamo in quinta, facciamo uno sforzo in più”.

Ma una volta ottenute almeno 15 ore di sostegno, la vicenda non è stata per nulla risolta: “Per uno dei bambini mi dicevano che non c’era nessun insegnante. Di fatto la maestra c’era: era quella dell’anno scorso, che prima aveva la cattedra di geografia ed era poi ritornata come insegnante di sostegno perché è specializzata. Il docente ha preso 15 ore con mio figlio, 3 di geografia con tutta la classe e il resto in un’altra scuola: un orario che non permette certo la continuità”.

“Il fratellino è stato all’inizio con una supplente, come ‘prova’: non è andata bene perché il bambino non l’ha accettata. Quando è andata via, è arrivata un’altra maestra, senza specializzazione: era in realtà una supplente, che l’anno prima insegnava italiano”.

Gli ostacoli che queste famiglie devono superare per assicurare un’istruzione ai propri figli, non si limitano ad ”ottenere” semplicemente un insegnante di sostegno in classe: vanno ben oltre. “C’è anche un problema anche sul tipo di specializzazione del docente – racconta Chiara – alcuni hanno studiato per aiutare i bambini sordi, altri per i bambini affetti da disabilità fisica: i miei figli hanno un ritardo mentale e non hanno insegnanti specializzati in tal senso”.

Le molte mancanze del sistema scolastico italiano si riflettono sui minori disabili, rendendo particolarmente evidenti le carenze dell’istituzione: la precocità con cui gli insegnanti segnalano i problemi alle famiglie è cruciale.

C’è una linea dedicata alle denunce, un telefono che non smette mai di squillare: è il Contact Center integrato per la disabilità, “Superabile”. Ogni giorno, al numero verde arrivano tantissime chiamate: i genitori, disperati, non sanno come rimediare al problema, a chi rivolgersi. Un vero e proprio schiaffo non solo a chi lavora per rendere migliore l’insegnamento e le strutture didattiche, ma anche alle famiglie che credono nel valore della scuola pubblica.

Uno Stato che abbandona al proprio destino i più fragili e bisognosi si spoglia della natura di “comunità”, diventando semplicemente un insieme di persone “obbligate” a seguire delle regole dettate dall’alto. Trascurare i disabili, per le istituzioni, dovrebbe essere considerato come il più atroce fra i soprusi.

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