Il frastuono delle cannonate e il rumore del crollo del tratto di mura che si stende a ridosso da Porta Pia mutarono, esattamente 145 anni fa, gli equilibri di potere nella Città Eterna. Era la presa di Roma da parte dell’esercito italiano guidato dal generale piemontese Raffaele Cadorna: dopo oltre 1000 anni terminava, con un colpo di cannone, il dominio temporale dei Papi. Al di là della breccia, circa 15.000 soldati pontifici, in massima parte zuavi (volontari quasi tutti di provenienza francese, belga o olandese) aspettavano da giorni la dichiarazione di resa dello Stato pontificio e non opposero nessuna resistenza all’avanzata degli avversari.
Un giovane ufficiale del regio esercito descrisse magistralmente quei momenti entrati nella Storia italica con la S maiuscola: “La porta Pia era tutta sfracellata; la sola immagine della Madonna, che le sorge dietro, era rimasta intatta; le statue a destra e a sinistra non avevano più testa; il suolo intorno era sparso di mucchi di terra; di materassi fumanti, di berretti di Zuavi, d’armi, di travi, di sassi. Per la breccia vicina entravano rapidamente i nostri reggimenti”. Il nome dell’ufficiale era Edmondo De Amicis, colui che avrebbe poi raggiunto la fama con il libro Cuore.
Fu così che, in un mattino di settembre, l’esercito raggiunse l’obiettivo che Garibaldi non era stato in grado di conquistare. Un risultato, ritenuto utopico solo pochi anni prima, che venne reso possibile da una serie di eventi e stravolgimenti di potere che colpì il cuore dell’Europa. Poche settimane prima, nella battaglia di Sedan, la Prussia di Bismarck aveva attaccato l’esercito francese di Napoleone III, migliore alleato italiano e, al contempo, principale protettore del dominio papale su Roma. Dopo l’Austria nel 1866, ora toccava alla Francia capitolare sotto i colpi dell’organizzatissima armata prussiana. Nasceva l’Impero tedesco, il Secondo impero francese tramontava.
Venuta meno la protezione di Napoleone III, a Pio IX non restò che rifugiarsi in Vaticano e dichiararsi prigioniero politico dello Stato italiano. Di lì a pochi anni pronuncerà il celebre “Non expedit”, ossia l’ordine, per i cattolici, di non partecipare alle elezioni politiche e collaborare con le istituzioni dello Stato “usurpatore”, nonostante da parte italiana fossero state approvate, con la “legge delle guarentigie” del 1871, una serie di misure atte a tutelare l’indipendenza del pontefice. La polemica tra laici e cattolici durerà fino al concordato del 1929 tra l’allora capo del governo Mussolini e la Santa Sede. Ma questa è un’altra storia. Il 20 settembre 1840, con la breccia di Porta Pia, l’Italia aveva trovato finalmente la sua Capitale.