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Francesco: 12 anni di pontificato degli ultimi

Foto ©Avvenire

Sono trascorsi 12 anni ed ognuno al mondo ha il ricordo di quel che accadde in piazza San Pietro il 13 marzo 2013. Ad affacciarsi su piazza San Pietro fu un Papa diverso da tutti i suoi predecessori per stile e linguaggio. Il primo vicario di Cristo proveniente dal Nuovo Mondo e ad aver scelto di chiamarsi come il Poverello di Assisi, ha indirizzato il primo saluto ai fedeli (“Buonasera!”) come si fa all’inizio di ogni celebrazione in Sud America. E poi ha detto “il dovere del conclave era di eleggere un vescovo per Roma. Sembra che i miei confratelli cardinali abbiano dovuto andare a prenderlo quasi alla fine del mondo”. Prima ancora di dare la benedizione si è inchinato chiedendo la benedizione del popolo e si è presentato come uno a cui Dio ha guardato con misericordia, secondo il suo motto episcopale “Miserando atque eligendo”.

Il “buonasera” di Francesco dalla loggia della basilica vaticana suonò come un auspicio e un augurio in grado di creare un immediato feeling con l’uditorio. Da subito Jorge Mario Bergoglio ha mostrato la vera dimensione della Chiesa messa in luce dalla costituzione dogmatica “Lumen Gentium” che comincia parlando del mistero della Chiesa e del Popolo di Dio. Solo dopo si parla della gerarchia, che non è separata ma è parte del popolo. Una dimensione della Chiesa che evidenzia la comunione, l’unità, l’incontro, l’inclusione. Una Chiesa senza barriere e muri, che esce e dialoga con tutti. “Chiesa in uscita”, la chiama Francesco. Ai ricordi collettivi si uniscono quelli personali.

Quando in uno dei Venerdì della Misericordia durante l’Anno Santo Straordinario Jorge Mario Bergoglio entrò nella casa di accoglienza della Comunità Papa Giovanni XXIII, trovò ragazze umiliate, affrante, provate. Realmente donne crocifisse. Nella stanza in cui il Pontefice ha incontrata le giovani liberate dalla tratta della prostituzione coatta ha respirato tutto il dolore, l’ingiustizia e l’effetto della sopraffazione. “Un’opportunità per rivivere le ferite di Cristo”, dirà poi il Pontefice. Dopo aver ascoltato i racconti commoventi e umanissimi di queste povere donne, alcune delle quali con il bambino in braccio, il Papa ha sentito forte desiderio, quasi l’esigenza di chiedere loro perdono per le vere e proprie torture che hanno dovuto sopportare a causa dei clienti, molti dei quali si definiscono cristiani.

Una spinta in più a pregare per l’accoglienza delle vittime della tratta della prostituzione forzata e della violenza. Non potrò mai dimenticare quei momenti: a un certo punto mi venne spontaneo accompagnare con la chitarra i canti che le “sorelline”, come le chiamava don Oreste Benzi, condivisero con il Papa. Del resto nel Magistero di Francesco è sempre presente il tema della speranza che ci raccorda sia ai pontificati precedenti che al Concilio. Egli ama ripetere tante volte e in diversi contesti: “Non lasciatevi rubare la speranza!”.

Ecco il motore della vita morale, risposta alla chiamata divina. La sua rassicurazione: “Dio non si stanca mai di perdonarci”, è un invito alla continua conversione, alla confessione dei nostri peccati, ad una vita fatta di opere di carità e misericordia per la vita del mondo. La Chiesa “ospedale da campo” esprime il desiderio del cristiano di andare incontro a ciascun uomo e a ciascuna donna per beneficarli e sanarli con la stessa forza di Gesù, buon samaritano dell’umanità. Solo il balsamo della misericordia, dunque, può guarire le ferite degli uomini e delle donne di oggi, colpiti dall’indifferenza dei contemporanei. “Nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti! Nessuno è inutile, nessuno è superfluo, c’è spazio per tutti. Così come siamo, tutti”, insegna Francesco.

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don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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