Il futuro delle professioni attraverso droni, satelliti e Intelligenza artificiale che agevolano la costruzione di opere e infrastrutture. E’ stato questo il focus degli eventi proposti dall’Associazione nazionale archeologi (Ana) durante l’edizione 2025 di tourismA. Il Salone dell’archeologia e del turismo culturale si è chiuso ieri al Palazzo dei Congressi a Firenze. Nel denso calendario di appuntamenti i temi sono stati sviluppati tra convegni, presentazioni e call for papers. Un programma di eventi mirati a approfondire una materia sempre più richiesta e diffusa anche nell’ambito dei procedimenti finanziati dal Pnrr. Il sostanziale risparmio di tempo, infatti, è garantito dalla possibilità di evitare i blocchi a cantiere avviato. Il fondamento normativo va individuato nella Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico firmata alla Valletta (Malta). L’archeologia preventiva ha rivoluzionato il concetto stesso alla base di una professione che ha cessato di essere esclusivamente una disciplina di ricerca per diventare un settore in cui vengono erogati servizi tecnici. Ad essere spostata è la valutazione archeologica nella fase di fattibilità dell’opera pubblica. Quindi l’archeologo viene inserito fin da subito nel gruppo di progettazione. In questo modo si riduce sensibilmente il rischio di intercettare depositi di interesse archeologico a opere iniziate, ottimizzando tempi e costi di realizzazione.
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Archeologia e futuro
Dunque costellazioni di satelliti, intelligenza artificiale, droni, georadar e magnetometri per esplorare il sottosuolo senza bisogno di scavare. Così viene facilitata la tutela del patrimonio e riducendo i costi per la realizzazione di infrastrutture e piccole e grandi opere. L’archeologia preventiva riguarda tutte quelle pratiche che permettono di verificare in anticipo la presenza di siti archeologici. Un aiuto a trasformare la figura dell’archeologo in un professionista di alto profilo che affianca in cantiere architetti ed ingegneri. Una figura capace di muoversi tra computi metrici e quadri economici come tra anfore e bronzi antichi. L’obiettivo delle operazioni preventive, inoltre, non si limita a aggirare possibili aree di interesse archeologico per facilitare progetti di innovazione. Bensì significa anche evitare per quanto possibile i saggi di scavo. La questione, infatti, è la presenza di reperti. I saggi di scavo sono costosi in termini di tempo e conservazione e spesso sono dannosi per i reperti stessi. Espongono, infatti, il patrimonio archeologico e ne possono compromettere la conservazione. Lo scopo, quindi, è risparmiare così non solo sui costi di realizzazione degli scavi, ma anche su quelli successi di restauro e conservazione, riferisce Adnkronos. A tal fine è opportuno affidandosi a un approccio interdisciplinare che unisce ricerche di carattere bibliografico, storico, iconografico e cartografico all’applicazione di tecnologie non invasive come ricognizioni di superficie, remote sensing, prospezioni geofisiche, diagnostica predittiva. Oltre allo sviluppo di intelligenze artificiali capaci di coadiuvare il lavoro umano grazie all’addestramento su enormi banche dati e collaborazioni con agenzie aerospaziali per ottenere immagini satellitari capaci di fornire una visione temporale ampia sulle superfici di lavoro.
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Archeologia preventiva
Un cambio di paradigma che apre nuovi orizzonti per la ricerca e l’evoluzione tecnologica nel settore. La crescita di questa disciplina, ma anche le difficoltà di affermazione – dalla necessità di aggiornamento della formazione universitaria, ancora troppo legata alla ricerca, alla necessità di applicazione non solo per le grandi committenze, ma anche per i piccoli enti locali – sono state discusse a tourismA (sala 4) in un evento patrocinato da Confprofessioni. Ad anticipare la discussione anche la presentazione del libro del professor Paolo Gull (Università del Salento) “Archeologia preventiva per le stazioni appaltanti. Norme, problemi, soluzioni” (Edizioni Legislazione Tecnica). Tra gli eventi che hanno visto Ana protagonista al salone anche il lancio presso lo stand dell’associazione, della seconda call for papers per la collana “Analysis. Archeologia-Professione-Ricerca”.
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Aggiornamento
“L’archeologia preventiva è indispensabile per aiutare lo sviluppo infrastrutturale del Paese e conciliare ad esso la costante salvaguardia del patrimonio archeologico italiano”, afferma Marcella Giorgio, presidente di Ana. “È per questo che, nel rispetto dei principi della Convenzione Europea della Valletta, è sempre più evidente -continua- come sia necessario che tali procedure siano ampliate anche al settore privato. Prevedendo aiuti economici e la defiscalizzazione dei costi sostenuti dai privati: una necessità che già alcune regioni italiane stanno prevedendo in forme autonome. Si delinea un panorama in cui è nettamente cambiato il ruolo dell’archeologo, divenuto consulente in costante dialogo tra le parti politiche, gli enti statali, la cittadinanza e i portatori di interesse, progettisti e specialisti dell’assetto del territorio, al fine di collaborare attivamente alla costruzione di politiche di pianificazione efficaci e non lesive di parte del patrimonio culturale, archeologico e paesaggistico italiano. Un patrimonio che è fonte della nostra memoria collettiva di popolo e come tale va tramandato alle future generazioni”. “In questo momento, quindi, la sfida più grande si articola su due binari. Il primo riguarda la formazione che ancora troppo spesso, a 20 anni dall’inizio delle procedure di archeologia preventiva, non prepara adeguatamente gli archeologi. Ed il secondo è la mancata applicazione della procedura stessa, soprattutto da parte degli enti locali, anche a seguito di un carente aggiornamento dei progettisti o per pregiudizi di settore”, evidenzia.