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L’esigenza di dialogare con il mondo per calarsi nella realtà

La missione di dialogare con il mondo è l’urgenza della Chiesa in grado di cogliere i segni dei tempi. Per Francesco l’obiettivo della predicazione è sollecitare la Chiesa a calarsi nella realtà. “La teologia non può prescindere da un tempo e da uno spazio preciso che è il mondo reale. Dio, infatti, non parla in astratto, ma alle persone concrete che vivono in una data epoca“, sostiene il cardinale Pietro Parolin. Il segretario di Stato ha tenuto a Padova una conferenza nella Facoltà teologica del Triveneto in piena concordanza con il richiamo di Francesco a una teologia incarnata che metta i teologi a confronto con il mondo contemporaneo. E con i suoi problemi quali le “nuove migrazioni” di fronte alle quali occorre “farsi portatori di istanze etiche capaci di trasformarsi in azioni politiche necessariamente condivise“. Una condivisione, secondo il cardinale Parolin, “che va oltre gli stessi legami europei, trattandosi di una realtà le cui cause sono determinate da una comunità internazionale in cui i responsabili, Stati e istituzioni intergovernative, sono preoccupati di garantire equilibri sempre più precari piuttosto che puntare a una stabilità e costruire situazioni pacifiche”.  La misericordia di Dio è “eterna”, evidenzia Francesco, “non finisce, non si esaurisce, non si arrende di fronte alle chiusure, e non si stanca mai”. E In questo “per sempre” è possibile trovare “sostegno nei momenti di prova e di debolezza, perché siamo certi che Dio non ci abbandona: Egli rimane con noi per sempre”.

 

dialogare
Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Jorge Mario Bergoglio mette al centro la necessità del dialogo in un mondo aperto. Secondo il cardinale Parolin il mondo che Francesco descrive e interpreta è un mondo aperto, dove in principio non esistono situazioni o abitudini precostituite. E’ un mondo di relazioni e di dialogo. Due aspetti che sono per lui una regola di vita. L’apostolato “in uscita” si fonda proprio sulle linee-guida del “pontificato della misericordia“. La misericordia è il sentimento di compassione per l’infelicità altrui, che spinge ad agire per alleviarla. Misericordioso è lo sguardo del papa figlio di migranti sull’umanità ferita del terzo millennio. “Senza la misericordia la nostra teologia, il nostro diritto, la nostra pastorale corrono il rischio di franare nella meschinità burocratica o nell’ideologia“, sottolinea Francesco in una lettera all’arcivescovo di Buenos Aires Mario Poli. Opera di misericordia nella morale cristiana è un’opera in cui si esercita la virtù della misericordia, e, con significato più generico, è un atto di bontà, di carità verso chi soffre. “Dio perdona tante cose, per un’opera di misericordia”, scrive Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi. “La forza del perdono è il vero antidoto alla tristezza provocata dal rancore e dalla vendetta- afferma Jorge Mario Bergoglio-. Il perdono apre alla gioia e alla serenità perché libera l’anima dai pensieri di morte. Mentre il rancore e la vendetta sobillano la mente e lacerano il cuore togliendogli il riposo e la pace. Cose brutte sono il rancore e la vendetta“.

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Foto di beasternchen da Pixabay

“La parola ‘perdono’ è incompresa dalla mentalità mondana e indica invece il frutto proprio, originale della fede cristiana– puntualizza il Pontefice Chi non sa perdonare non ha ancora conosciuto la pienezza dell’amore. E solo chi ama veramente è in grado di giungere fino al perdono, dimenticando l’offesa ricevuta“. Francesco vuole accompagnare e accogliere l’uomo concreto con le sue ferite e contraddizioni e non farne un’astrazione. Il cardinale Walter Kasper, presidente emerito del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, indica nella misericordia il senso ultimo della predicazione di Francesco, per il quale riflettere teologicamente sulla misericordia induce a porsi le questioni fondamentali della dottrina su Dio. Insomma, la Misericordia Divina costituisce il nucleo e la somma della rivelazione biblica su Dio. Conversando con La Civiltà Cattolica, lo storico quindicinale dei Gesuiti, Jorge Mario Bergoglio chiarisce che la Chiesa è misericordia. Prima dei princìpi, insomma, viene il kerygma, l’annuncio che il Vangelo è amore, accoglienza verso tutti. L’immagine di Chiesa che Francesco preferisce è quella espressa dal Concilio Vaticano II nella Lumen Gentium del santo popolo fedele di Dio.

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Foto di Caroline Hernandez su Unsplash

Sentire cum Ecclesia per me è essere in questo popolo- insegna Francesco-. E l’insieme dei fedeli è infallibile nel credere, e manifesta questa sua infallibilitas in credendo mediante il senso soprannaturale della fede di tutto il popolo che cammina. Non bisogna, dunque, neanche pensare che la comprensione del ‘sentire con la Chiesa‘ sia legata solamente al sentire con la sua parte gerarchica”. Riguarda tutta la Chiesa, popolo e pastori. Una Chiesa che Francesco non riduce a “una piccola cappella che può contenere solo un gruppetto di persone selezionate. Non dobbiamo ridurre il seno della Chiesa universale a un nido protettore della nostra mediocrità”. Il Papa testimonia una Chiesa Madre e Pastora. “Il nostro pensiero e il nostro sguardo sono fissi su Gesù Cristo, inizio e fine di ogni azione della Chiesa– puntualizza Jorge Mario Bergoglio-. Lui è il fondamento e nessuno ne può porre uno diverso. Lui è la ‘pietra’ su cui dobbiamo costruire. Lo ricorda con parole espressive sant’Agostino quando scrive che la Chiesa, pur agitata e scossa per le vicende della storia, non crolla, perché è fondata sulla pietra, da cui Pietro deriva il suo nome. Non è la pietra che trae il suo nome da Pietro, ma è Pietro che lo trae dalla pietra. Così come non è il nome Cristo che deriva da cristiano, ma il nome cristiano che deriva da Cristo. La pietra è Cristo, sul fondamento del quale anche Pietro è stato edificato”.

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