Per rivolgerci al Padre Celeste, lo stesso Signore Gesù, ci ha insegnato come fare e quali parole pronunciare. Rispondendo ai suoi discepoli, che gli chiedevano come pregare, disse quelle stupende parole del “Padre Nostro”, che ci riempiono di gioia e di fiducia ogni volta che le pronunciamo.
Lo scrittore e filosofo Tertulliano (155-230) definisce il Padre Nostro come una “sintesi del Vangelo”, perché esso non comprende solo i compiti della preghiera, la lode a Dio e l’invocazione dell’uomo, ma quasi l’intero messaggio del Signore e ogni indicazione di comportamento.
Il Padre Nostro, conosciuto anche come la “Preghiera del Signore” o “Oratio Dominica” in latino, è una delle preghiere più conosciute e importanti nel cristianesimo questa preghiera universale è riportata nei Vangeli di Matteo e Luca .
Nel corso del tempo, sono state scoperte diverse versioni e varianti della preghiera del Padre Nostro in antichi manoscritti. Uno dei testi più antichi contenenti una versione del Padre Nostro è il cosiddetto “Didaché” (o “Dottrina degli Apostoli”), un antico documento cristiano del I o II secolo, che include una versione della preghiera simile a quella dei Vangeli di Matteo e Luca.
L’apostolo Matteo ha collocato il Padre Nostro, subito dopo il “Discorso della Montagna”, allo scopo di suggerire ai cristiani come pregare e soprattutto rivolgendosi a Dio con umiltà e semplicità di cuore.
L’evangelista Luca, invece presenta questa preghiera, come una richiesta esplicita a Gesù affinché insegni ai discepoli a pregare; e lo stesso Gesù che invita tutti gli uomini a vedere e a chiamare Dio come un padre, e l’uomo stesso può rivolgersi a Dio, come fa un figlio verso il proprio padre.
Lo scrittore tedesco Reinold Schneider (1903-1958) nella sua interpretazione del Padre Nostro scrive a proposito: “Il Padre Nostro inizia con una grande consolazione; noi possiamo dire ‘Padre’. In questa sola parola è racchiusa l’intera storia della redenzione. Possiamo dire Padre, perché il Figlio era nostro Fratello, e ci ha rivelato il Padre, perché per opera di Cristo siamo tornati ad essere Figli di Dio”.
Questo modo di rivolgersi a Dio, di parlare direttamente a Lui, ci fa comprendere che non si deve pregare per farsi vedere, per ostentare agli altri la propria devozione affinché tutti dicano quanto uno sia bravo, ma la preghiera deve essere un raccoglimento interiore, senza distrazioni o sguardi compiaciuti.
Nel Padre Nostro ci dice S. Tommaso d’Aquino (1225-1274) “non solo vengono domandate tutte le cose che possiamo rettamente desiderare, anche nell’ordine in cui devono essere desiderate: cosicché questa preghiera non solo insegna a chiedere, ma plasma anche tutti i nostri affetti” .
La preghiera lasciataci da Gesù ci aiuta a guardare in faccia le nostre paure e le tentazioni da fuggire dalle nostre responsabilità. Nello stesso tempo ci dà il coraggio e la forza di metterci in contatto diretto con Dio, chiamandolo con il nome più bello, quello di Padre, anzi “Abbà” (papà).
Non c’è stato d’animo che non si rifletta nelle stupende parole del Padre Nostro, e che non trovi in esso la possibilità di tradursi in preghiera la gioia, la lode, l’adorazione, il ringraziamento, il pentimento. Con questa preghiera non possiamo non sentirci vicini a Dio.
Il frate cappuccino Padre Raniero Cantalamessa, divenuto cardinale nel 2020, e già predicatore della Casa Pontificia, confida: “Quando voglio essere certo di pregare proprio con lo Spirito di Gesù, ho scoperto che il modo più semplice è quello di pregare anche con le parole di Gesù, dicendo Padre Nostro…ho scoperto il Padre Nostro continuato, che consiste nel ripetere a lungo, anche per ore le parole del Padre Nostro, dette una dopo l’altra, ma come se fosse un unico interrotto Padre Nostro”.
Il “Padre Nostro” è stato tradotto in moltissime lingue ed è una delle preghiere più diffuse al mondo. Nel corso dei secoli, sono state elaborate diverse interpretazioni e commenti sulla preghiera, arricchendola di significati e sfumature.
Il 29 novembre 2020, con l’entrata in vigore e in funzione della nuova traduzione del “Messale Romano”, il libro liturgico che contiene tutte le preghiere e le istruzioni per la celebrazione della Messa nel rito romano della Chiesa cattolica e anche il “Padre Nostro” ha subito un cambiamento nella parte finale del testo, si è passati da “non ci indurre in tentazione” al “non abbandonarci alla tentazione“.
Questa modifica è stata introdotta per rendere il testo più fedele all’originale greco e per evitare un’interpretazione erronea, secondo cui Dio stesso potrebbe indurre qualcuno in tentazione. La nuova formulazione “non abbandonarci alla tentazione” esprime invece la richiesta di aiuto a Dio per non soccombere alle tentazioni.
Il Padre Nostro ci ricorda che al cuore di ogni preghiera, sta la docilità a fare nostra la volontà del Padre: solo pregando possiamo scoprire e accogliere il progetto di Dio e la missione che Egli ci affida in famiglia, nel lavoro, nello studio, nella società e nella Chiesa.