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L’orizzonte sicuro della pace e il principio della responsabilità personale

Amate i vostri nemici! Stiamo navigando dentro una cultura che non si indigna più per le guerre che si moltiplicano. Tra le pieghe dei conflitti, afferma il Papa, ad essere ricercato è “il massimo interesse per sé e il massimo danno per l’avversario”, calpestando così “vite umane, ambiente, infrastrutture, tutto; e tutto mascherato di menzogne”.  Il messaggio di Cristo sull’amore ai nemici, nella prima esplicitazione del discorso della pianura, secondo Luca (Lc 6, 27-36), sembra scivolare senza pietà sulla nostra pelle. La parola insistente del Papa è come un grido nel deserto. Sarà un nuovo Battista? Che sta succedendo nella nostra sensibilità “cristiana”? Dov’è la nostra umanità? Non riusciamo più a commuoverci per la sorte di tante persone, uomini e donne, bambini e giovani, travolte da bombe nemiche!

Nel testo evangelico l’insistenza che fa Gesù cozza contro una mentalità carnale, solo umana, senza neppure lo sguardo sulla storia passata.

C’è anzitutto una considerazione logica, intelligente. Se non si inverte la rotta, la distruzione è garantita. Occhio per occhio fa diventare tutti ciechi. Gesù è forte perché vuole invertire la rotta, perché ama questa terra e i suoi abitanti. Basta con il pensare di avere nemici. Il Regno di Dio è sopra questa logica. Il Regno di Dio è pace per tutti, è futuro per tutti, è felicità per tutti. Utopia? No. Saggezza!  Nella Pasqua di due anni fa il Papa disse: “E bisogna anche avere il coraggio di dire ‘no’ al riarmo al quale stiamo purtroppo assistendo, perché la vera pace non può nascere dalla paura. Ciò che serve è quello che sessant’anni fa san Giovanni XXIII, nell’enciclica Pacem in terris, chiamava «disarmo integrale»: al criterio dell’assenza di guerra che si regge sull’equilibrio degli armamenti dobbiamo sostituire il principio che la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia”.

Nel brano ci sono indicati i passi da fare; otto gradini dell’amore, attraverso l’incalzare di verbi concreti: quattro rivolti a tutti: amate, fate, benedite, pregate; e quattro indirizzati al singolo, a me: offri, non rifiutare, da’, non chiedere indietro. E’ come se ci dicesse: prendi tu l’iniziativa. Previeni. Fai il primo passo. Tu, credi e  porta fiducia. Siamo stanchi di conferenze sulla guerra e la non violenza che non hanno un seguito personale. Tu, che fai, dunque? «Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo» (Gandhi).

Il motivo profondo è quello della nostra fede, cioè del legame con Uno che è sceso e che dal basso incomincia, prima a condividere la vita, poi a chiamare e scendere dal piedistallo. È così che Gesù rivela al mondo, attraverso l’incontro con Zaccheo, il volto di un Dio che ci guarda dal basso e ci invita a scendere dalle nostre sicurezze per salire la cima della sua amicizia, scendere dai troni che ci siamo costruiti per stare alla pari con Lui, alla pari con Dio, il Creatore a Signore. Si realizza così uno di quei ribaltamenti della sorte di cui Luca canta nel Magnificat: Dio abbatte i potenti, confonde i superbi, rimanda a mani vuote i ricchi.

Amare, ripete Gesù. Non dice tollerare, concordare, pazientare, ecc. Chiede amore. Cioè ? Direbbe don Tonino Bello: “Amare voce del verbo morire. Significa decentrarsi. Uscire da sé. Dare senza chiedere.  Essere discreti al limite del silenzio. Soffrire per far cadere le squame dell’egoismo”. Nel tempo del Giubileo, non dobbiamo pensare che sia una proposta di facili sconti sulla nostra conversione a Lui. Guardando il Crocifisso dal quale è scaturito anche quel “Padre, perdona loro …” apriamo gli occhi e vediamo se troviamo in Lui altro che amore (beata Angela da Foligno). All’amore si arriva attraverso un cammino, un esercizio. L’amore non è spontaneo: oltre alla contemplazione di Lui, esso richiede disciplina, ascesi, lotta contro l’istinto della collera e contro la tentazione dell’odio. Così si prende in mano anche il coraggio della correzione fraterna, cioè della denuncia “costruttiva” del male commesso da altri. Chi perdona sacrifica un rapporto giuridico in favore di un rapporto di grazia! Anche Gesù, quando chiede di amare il nemico, immette il credente in una tensione, in un cammino. Dallo sforzo per superare sempre di nuovo la legge del taglione, cioè la tentazione di rendere il male che si è ricevuto, il credente deve arrivare a non opporsi al malvagio, a contrapporre al male la forza della verità (Grazia) e della non violenza, fidando nel Dio unico Signore e Giudice dei cuori e delle azioni degli uomini.

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