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L’importanza della riforma del processo matrimoniale canonico

Uno degli aspetti nodali della riforma introdotta da papa Francesco con il motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, nato dalle istanze sui temi della famiglia e della sua cura pastorale, emerse dal Sinodo dei Vescovi sia nell’assise straordinaria dei Vescovi del 2014, svoltasi a Roma nei giorni 5-19 ottobre, dal tema Sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione, che in quella ordinaria del 2015, svoltasi a Roma dal 4 al 25 ottobre sul tema “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo” è legato alla preparazione della causa, nel contesto di una rinnovata pastorale giudiziaria, che siamo sollecitati a porre in essere in maniera concreta, come frutto di un’ermeneutica sinodale.

Essa legge nella conversione pastorale delle strutture ecclesiastiche e nel ruolo della centralità del Vescovo un profondo senso di pastoralità dei processi di nullità, ma altresì la valorizzazione della dimensione missionaria dell’attività giudiziaria nella Chiesa.

Nel dibattito che ha preceduto l’emanazione del Midi, erano emerse diverse indicazioni che facevano riferimento alla necessità di una rinnovata consolazione pastorale alle persone che vivevano situazioni di crisi matrimoniale.

Il processo e il servizio giudiziario si possono trasformare così in occasione di incontro con la Grazia e di riscoperta dell’Amore divino. Tutto il processo è orientato alla ricerca della verità e alla risoluzione della controversia, applicando la legge al caso concreto dedotto in giudizio.

Secondo Papa Francesco, la sfida ecclesiale consiste nel coniugare l’accoglienza e la cura delle persone ferite con la «la difesa della sacralità del vincolo matrimoniale».

È dunque fondamentale che sia i pastori, sia gli operatori pastorali, che si pongono in ascolto dei fedeli che versano in situazioni di fragilità, così come gli operatori dei tribunali ecclesiastici, ricordino sempre che il loro operato è un ministero di verità e che solo tutelando la verità sul vincolo, daranno una vera risposta pastorale a quanti si rivolgeranno a loro per fare verità sul loro matrimonio.

Pertanto, la direttiva della conversione delle strutture ecclesiastiche indica la facilitazione, non solo materiale, ma anche spirituale del ricorso agli organi ecclesiastici.

Accanto a tali istanze palesi e dichiarate occorre aggiungere pure il forte richiamo alla responsabilità e centralità dell’ufficio capitale locale, alla pastoralità e professionalità del servizio di accompagnamento, alla modalità propriamente giudiziale dell’accertamento.

In linea con i principi direttivi di Amoris laetitia, come precedentemente affermato, la riforma è volta ad evitare scorciatoie artificiose e ingannevoli, pur asseverando, il valore probatorio delle dichiarazioni delle parti.

Ci riferiamo alle norme delle Regole procedurali per la trattazione delle cause di nullità matrimoniale, annesse al Midi e al Sussidio applicativo dello stesso Motu proprio Mitis Iudex Dominus Iesus, apprestato a cura del Tribunale Apostolico della Rota Romana.

Un primo ambito di applicazione specifica della indagine pastorale o pregiudiziale, che precede un’eventuale celebrazione del processo canonico, è quello indicato nell’art. 2 delle Regole Procedurali che vede esplicitare la pratica pastorale con quella giudiziaria:

«[…] l’indagine pregiudiziale o pastorale, che accoglie nelle strutture parrocchiali o diocesane i fedeli separati o divorziati che dubitano della validità del proprio matrimonio o sono convinti della nullità del medesimo, è orientata a conoscere la loro condizione ed a raccogliere elementi utili per l’eventuale celebrazione del processo giudiziale, ordinario o più breve»; aggiungendo: «Tale indagine si svolgerà nell’ambito della pastorale matrimoniale diocesana unitaria».

Per lo svolgimento di detta indagine il fedele si può rivolgere, al coetus di persone ritenute idonee dall’Ordinario del luogo ai sensi dell’art. 3 RP, primo comma, o preferisca adire, in forza del secondo comma dello stesso articolo, alla “struttura stabile” apprestata, a tal fine, a livello diocesano o interdiocesano.

Per questo tipo di servizio pastorale specializzato, si richiede da parte degli operatori-consulenti, una speciale competenza ed esperienza, sia in materia di diritto canonico matrimoniale, sia in materia di altre discipline (psicologiche, sociologiche, antropologico-culturali e simili). Serve consapevolezza da parte di tutti gli operatori della pastorale familiare ordinaria, che non è possibile ignorare principi e nozioni essenziali del diritto della Chiesa sul matrimonio, o operare un discernimento sul fallimento matrimoniale che escluda una valutazione attenta dello strumento giuridico-pastorale del processo canonico.

Si tratta di avviare un percorso di indagine regolato da norme precise e preordinato all’accertamento dello stato di vita delle persone, quindi, nella dimensione più intima del vissuto personale, anche capace di abbattere quella distanza fisica e morale che spesso allontana i fedeli.

La collocazione del servizio di consulenza pastorale giudiziale nell’ambito della pastorale matrimoniale diocesana unitaria consente di indagare i vari livelli della azione pastorale: ordinaria, familiare e giudiziale. Si tratta di una pastorale in “uscita”, di una “cultura dell’accompagnamento e dell’incontro”, tutte riferite alla fase previa al processo.

L’indagine pregiudiziale o pastorale mira proprio a illuminare e orientare le coscienze dei fedeli che sperimentano una crisi coniugale. La qualità e serietà dell’attuazione di questo supporto consultivo manifesta in un certo senso il grado di sensibilità e maturità nel percepire lo spirito della novella codiciale.

Il Legislatore ha potenziato la valorizzazione della fase previa all’introduzione della causa per rispondere al diffuso bisogno di accoglienza, di ascolto e di orientamento in questo specifico ambito per offrire ai fedeli «un servizio di qualità, non demandato a chiunque manifesti disponibilità e buona volontà, ma svolto da persone qualificate, realmente idonee a fornire indicazioni sicure, chiare e puntuali, perché dotate delle competenze specialistiche, insieme alla necessaria sensibilità pastorale».

Papa Francesco non manca di indicare in tale indagine una risorsa per rendere il processo più sollecito e giusto, ma precisa, previamente, che la pastorale matrimoniale e familiare deve guidare e rafforzare la coscienza cristiana.

L’esplorazione delle cause e dei motivi che sono alla base del fallimento matrimoniale inducono non di rado a suggerire la strada della conversione e della riparazione. Occorre ribadire che l’espediente non è finalizzato alla proposizione del libello ma all’accertamento obiettivo e sereno degli estremi della vicenda matrimoniale e al sostegno umano dei coniugi.

Alla luce di quanto sopra detto l’indagine svolta è il luogo ideale e privilegiato in cui si armonizzano dimensione giuridica e pastorale per offrire ai fedeli un servizio nel quale legge ecclesiastica e Vangelo si fondono insieme e conducono il fedele ad una accurata lettura della loro vicenda matrimoniale.

Si evince che la comprensione, la vicinanza ecclesiale, la preoccupazione per la salvezza e la pace delle coscienze rappresentano espressamente le finalità della nuova normativa processuale matrimoniale. Il legislatore qualificando l’indagine con i due aggettivi pregiudiziale o pastorale ha voluto richiamare che la sua natura è equivalente, nel senso che richiede una capacità di accompagnamento pastorale, uno speciale discernimento ecclesiale ed altresì esige una specifica competenza in ambito canonico per realizzare l’opera di giustizia e verità nei singoli casi ed evitare forme fuorvianti di “pastoralismo”.

L’insegnamento proposto ha quindi una portata più ampia e profonda del solo ministero giudiziario; coinvolge e permea pienamente, come cercheremo di esplicitare, anche l’amministrazione della giustizia in un’ottica di un’unità di azione.

Nelle parole del Papa la sofferenza, la solitudine, il tormento dei coniugi che hanno sperimentato un fallimento matrimoniale, costituiscono pertanto un motivo di speciale attenzione e sollecitudine per gli operatori dei tribunali ecclesiastici. Il profilo pastorale definisce il «giusto approccio alla questione», il valore aggiunto di umanità e comprensione, che connota il sistema ecclesiale.

La nuova normativa, com’è stato osservato, non può essere considerata un provvedimento calato “dall’alto” ma, al contrario, una determinazione richiesta e voluta “dal basso”, proprio perché risponde in modo risoluto alle reiterate sollecitazioni dei Vescovi in merito alla maggiore celerità e snellimento dei giudizi canonici di nullità matrimoniale nonché al vivo interesse del Romano Pontefice per l’atteggiamento ecclesiale nei confronti della pastorale familiare.

Secondo il Santo Padre la sfida ecclesiale consiste nel coniugare l’accoglienza e la cura delle persone ferite con «la difesa della sacralità del vincolo matrimoniale». Non bisogna pertanto confondere l’incremento nello stile e nel metodo degli operatori con cedimenti e rilassamenti nella scienza e nella coscienza dei giudici e dei coniugi. La nuova normativa ingloba tre ambiti pastorali che in primo luogo richiamano la responsabilità diretta del Vescovo, del Parroco, poi valorizzano il ruolo del laicato.

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