Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, l’Europa non può più ignorare le proprie debolezze strategiche. Per decenni, ha vissuto nell’illusione di un sostegno americano incondizionato, rifugiandosi in un immobilismo burocratico che ha soffocato ogni ambizione federale. Oggi, però, il mondo si sta riorganizzando attorno a nuove potenze e conflitti, mentre l’Europa continua a dividersi in sterili battaglie culturali – come il dilagare della cultura “woke” – che distolgono l’attenzione dalle reali priorità geopolitiche.
L’aggressività dei regimi autocratici rende necessaria una politica di difesa solida e autonoma. La pace si mantiene con i pacifici, ma di fronte ai violenti è indispensabile disporre di una deterrenza efficace per ottenere davvero una pace stabile e vera con loro. Eppure, l’Europa continua a mostrare divisioni profonde.
Oltre all’incremento della spesa, è essenziale integrare le industrie della difesa europee per ridurre la dipendenza tecnologica dagli USA e sfruttare economie di scala. Un’Europa federale potrebbe unificare standard e risorse, ma finché la politica di sicurezza resterà frammentata tra gli Stati nazionali, qualsiasi progresso sarà minimo e tardivo.
L’Europa non è fragile solo sul piano della difesa, ma anche su quello economico. Nel 2022, il deficit commerciale degli USA con l’UE ha toccato i 131,3 miliardi di dollari, spingendo Washington a chiedere un riequilibrio e minacciare dazi. Tuttavia, l’UE, anziché negoziare da una posizione di forza, si mostra lenta e indecisa, priva di una strategia industriale e commerciale unitaria. Si lamenta degli annunci dei dazi USA, ma non fa nulla per rimuoverne le cause.
Un esempio emblematico è la dipendenza energetica dal gas russo, che ha esposto l’Europa ai ricatti di Mosca. Gli USA offrono il gas naturale liquefatto come alternativa, ma la frammentazione decisionale dell’UE impedisce una risposta compatta. La situazione è chiara: una politica energetica comune, l’Europa rischia di subire ulteriori pressioni economiche.
Mentre l’Europa resta impantanata nei suoi problemi interni, la Russia conduce una guerra ibrida su più fronti: propaganda, cyber-attacchi e finanziamenti occulti a movimenti anti-sistema destabilizzano l’Unione dall’interno. Mosca sfrutta il caos politico europeo per indebolire la coesione dell’alleanza atlantica, eppure le élite europee continuano a concentrarsi su battaglie ideologiche marginali, ignorando le vere minacce.
Il mondo non aspetta l’Europa. Se il continente non supererà i propri limiti strutturali, rimarrà diviso e dipendente da alleati sempre meno disposti a proteggerlo senza contropartite.
La creazione di una difesa comune, un’industria strategica integrata e una politica estera unitaria sono passaggi inevitabili per garantire il futuro del continente. Ma per compiere questa svolta, l’Europa deve abbandonare il rifugio nelle politiche simboliche e affrontare la realtà con pragmatismo, dimostrando di essere capace di agire nel proprio interesse senza aspettare che siano altri a decidere per lei.