La commissaria europea al Mediterraneo, Dubravka Suica, in trasferta a Roma per incontrare la premier Giorgia Meloni, il ministro degli Interni, Matteo Piantedosi, e la ministra per la Famiglia e le Pari opportunità, Eugenia Maria Roccella. In agenda anche un colloquio con il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Al centro della missione il coordinamento delle politiche nazionali ed europee sull’area del Mediterraneo. Trattandosi della prima visita ufficiale della commissaria a un Paese membro dell’Unione europea, dall’inizio del mandato nel suo nuovo ruolo di responsabile per il Mediterraneo, l’appuntamento romano assume una valenza particolarmente significativa. E non solo per l’aspetto formale.
Il nostro Paese soprattutto in questa fase, ha forti interessi economici nel cosiddetto mare nostrum, al punto da aver già messo sul tavolo alcuni paletti, in modo da frenare le fughe in avanti di alcuni partner europei. La presidente del Consiglio, in occasione della recente visita negli Emirati Arabi Uniti, all’Abu Dhabi Sustainability Week, ha siglato un accordo quadro di partenariato strategico tra l’Italia, gli Emirati Arabi Uniti e l’Albania per la cooperazione transfrontaliera nel settore dell’energia verde. Il Mediterraneo rimane un mare centrale per le relazioni internazionali e l’Italia, sempre più insidiata da altri attori globali, occupa sempre una posizione geostrategica invidiabile. Il potenziale di un sistema energetico mediterraneo interconnesso basato sulle energie rinnovabili.
Il Mediterraneo, insomma, torna al centro degli appetiti geopolitici di molti degli attori protagonisti del mondo post-globalizzato. Purtroppo, in negativo, perché fino ad ora ne abbiamo parlato solo per i diversi conflitti in corso, per gli spostamenti di flotte militari o per i bisticci di contese di confine, per il miglioramento dei livelli di sicurezza e per il potenziamento dei sistemi di Difesa. C’è però anche un tema a dir poco fondamentale per la crescita di tutti gli stati e la buona riuscita della doppia transizione digitale ed energetica, per cui il “Mare Nostrum” torna al centro degli interessi internazionali, anche ben oltre le sponde naturali dell’antico bacino salato, in cui “abitiamo come formiche o rane intorno a uno stagno”, raccontava Platone in un celebre passo del “Fedone” più di 24 secoli fa.
Ne ha fatto più volte cenno la presidente del Consiglio ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti per il summit della Sustainability Week. Dicevamo, fondamentale per la buona riuscita della doppia transizione, perché l’innovazione tecnologica è rapida e pervasiva, ma richiede crescenti forniture di energia, in particolar modo elettrica. Prendiamo l’intelligenza artificiale, ogni volta che interroghiamo un bot consumiamo 15 volte più energia che in una tradizionale ricerca online. Gli stessi data center, infrastruttura strategica per lo sviluppo della data economy, già oggi consuma l’1% dell’energia elettrica mondiale. Ovviamente ci sono anche i settori produttivi tradizionalmente energivori come l’industria e il manifatturiero. Questo ci porta ad una sola considerazione: entro pochi anni avremo bisogno di un’infrastruttura energetica nazionale di nuova generazione, interconnessa con altre provenienti da ogni lato del Mediterraneo, in particolare dalla sponda meridionale e orientale.
Ed ecco il bisogno di trovare un equilibrio tra sostenibilità e innovazione. Il bilancino però non è lo stesso per tutti ed ognuno indica un percorso alternativo e dei pesi diversi. L’incontro con la commissaria europea non sarà risolutivo ma servirà a delineare alcune coordinate. Poi, certo, sullo sfondo resta sempre il nodo dei migranti e quello dei paesi di accoglienza, con l’accordo di Dublino sempre più nel mirino dell’Italia. Ma questo è un tema che sarà declinato in altre sedi. Magari anche a breve.