Agenda per la pace: la strategia “no war” dell’Europa
Iniziativa Ue "all'insegna del dialogo, dei diritti umani e dell'impegno per una democrazia profondamente radicata nei valori del bene comune e della partecipazione"
La missione di pace dell’Europa. Si è svolta a Roma a “Esperienza Europa- David Sassoli” la conferenza “Agenda per la Pace 2025, il ruolo dell’Europa e le sfide del Giubileo della speranza”. E’ sempre più concreta la minaccia di una guerra mondiale. A ribadirlo è stato papa Francesco nel recente discorso agli ambasciatori presso la Santa Sede. Il Pontefice ha esortato ad una coraggiosa diplomazia della speranza. E così all’inizio del 2025 e del Giubileo si sono incontrati gli “artigiani della pace” (associazioni e testimoni) per cercare di costruire insieme un’Agenda per la pace nella giustizia. L’evento si è caratterizzato per un forte spirito europeo all’insegna del dialogo, dei diritti umani e dell’impegno. Nell’ottica di una democrazia profondamente radicata nei valori del bene comune e della partecipazione. L’incontro è stato organizzato dal Parlamento Europeo in Italia. Con il coordinamento di Fabio Di Stefano, responsabile dei rapporti con le istituzioni e comunicazione del Parlamento Europeo in Italia. E del giornalista Piero Damosso, autore del libro “Può la Chiesa fermare la guerra?” (Edizioni San Paolo). Il meeting è stato aperto dal vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Presenti i leader di movimenti, associazioni, sindacati. E cioè Comunità di Sant’Egidio, Comunità Papa Giovanni XXIII, Azione Cattolica, Acli, Movimento dei Focolari. Comunione e Liberazione, Cisl, Coldiretti, Cooperativa Auxilium, Movimento Cristiano Lavoratori. Con loro ambasciatori, giornalisti, religiosi. E i rappresentanti dell’Unione Comunità Ebraiche Italiane e della Grande Moschea di Roma.
Europa per la pace
“Una mobilitazione avviata nella consapevolezza di quanto sia necessario rafforzare il dialogo interreligioso in un contesto mondiale dove spesso i conflitti sono alimentati da fondamentalismi nazionalistici – spiegano i promotori-. Gli artigiani della pace sono impegnati in questi anni nella solidarietà ai profughi e nella cultura dell’incontro sui fronti di tutte le guerre. E adesso sono chiamati ad una grande responsabilità e al coraggio di promuovere e accompagnare negoziati urgenti per una pace giusta e durevole, che non ha paura di cercare la verità senza esclusioni né manipolazioni tramite operazioni propagandistiche e ideologiche. Ad animarli è lo spirito europeo dei Padri Fondatori (De Gasperi, Adenauer, Schumann). E la sfida dell’Agenda per la pace è quella di rilanciare e attuare un metodo comunitario 2.0“. Affinché in questo modo si contribuisca, come ha detto Papa Francesco parlando proprio degli artigiani della pace, “a edificare società realmente pacifiche“. In cui “le legittime differenze politiche, ma anche sociali e culturali, etniche e religiose costituiscano una ricchezza e non una sorgente di odio e di divisione“. Proprio il mondo che rischia una terza guerra mondiale è stato al centro appunto del lungo discorso del Papa al corpo diplomatico. E’ stata l’occasione, come ogni anno, di tracciare davanti ai rappresentanti dei governi la geopolitica della Santa Sede. Il Pontefice è tornato a chiedere, sopra ogni cosa, la pace in tutti i Paesi piagati dai conflitti. Sono 184 gli Stati che attualmente intrattengono piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede. Ad essi vanno aggiunti l’Unione Europea e l’Ordine di Malta. Francesco ha pronunciato un lungo e denso discorso, costellato di appelli.
Diplomazia della speranza
Innanzitutto la richiesta, in questo 2025 nel quale la Chiesa celebra il Giubileo, di “una diplomazia della speranza, del perdono, della giustizia”. Ha aggiunto il Pontefice: “Di fronte alla sempre più concreta minaccia di una guerra mondiale, la vocazione della diplomazia è quella di favorire il dialogo con tutti. Compresi gli interlocutori considerati più ‘scomodi’ o che non si riterrebbero legittimati a negoziare”. È questa, secondo Jorge Mario Bergoglio, “l’unica via per spezzare le catene di odio e vendetta che imprigionano e per disinnescare gli ordigni dell’egoismo, dell’orgoglio e della superbia umana, che sono la radice di ogni volontà belligerante che distrugge”. Il Papa ha passato in rassegna i conflitti in corso. Per l’Ucraina ha chiesto alla comunità internazionale di impegnarsi per porre fine, entro il 2025, al conflitto che dura da quasi tre anni. Il pensiero poi al Medio Oriente e in particolare a Gaza “dove c’è una situazione umanitaria gravissima e ignobile”. Affinché “la popolazione palestinese riceva tutti gli aiuti necessari“. Ma ci sono anche le guerre in Africa, le instabilità dell’America Latina, i conflitti irrisolti in Asia, come il Myanmar, particolarmente caro al Pontefice. La pace passa anche attraverso il rispetto della libertà religiosa. Il Papa è tornato dunque a “condannare fermamente” l’antisemitismo. Ma anche a chiedere il rispetto per i cristiani. Dalla Siria, dove c’è una nuova leadership. Al Nicaragua dove “la Santa Sede, che è sempre disponibile a un dialogo rispettoso e costruttivo, segue con preoccupazione le misure adottate nei confronti di persone e istituzioni della Chiesa“.
No alla cultura dello scarto
Il Papa ha messo poi in guardia dalle fake news e dall’uso distorto dell’intelligenza artificiale. Il rischio, infatti, è “la manipolazione della coscienza a fini economici, politici e ideologici”. Poi ha lanciato un appello affinché siano riformate le organizzazioni multilaterali. In quanto “non sembrano più in grado di garantire la pace e la stabilità, la lotta contro la fame e lo sviluppo per i quali erano state create”. Quindi l’affondo sull’aborto. “E’ inaccettabile” parlare “di un cosiddetto ‘diritto all’aborto’ che contraddice i diritti umani, in particolare il diritto alla vita. Tutta la vita va protetta, in ogni suo momento, dal concepimento alla morte naturale. Perché nessun bambino è un errore o è colpevole di esistere. Così come nessun anziano o malato può essere privato di speranza e scartato“.
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