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Virus tra medicina e cultura. L’infettivologo risponde

Intervista di In Terris al professor Roberto Cauda (Università Cattolica del Sacro Cuore) sul fuoco di Sant'Antonio nella scienza e nella tradizione religiosa

Medicina e tradizione religiosa nella testimonianza del professor Roberto Cauda, infettivologo dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e consulente in Vaticano della Congregazione per le Cause dei Santi. In Terris ha intervistato lo scienziato di fama mondiale sulle radici culturali dell’Herpes Zoster, un virus che provoca una dolorosa eruzione cutanea anche conosciuta come fuoco di Sant’Antonio. Un affascinante viaggio tra scienza e fede attraverso l’esperienza di un cattedratico che per decenni ha sperimentato sul campo in tutto il mondo l’importanza di contestualizzare ciascuna patologia nella percezione dell’opinione pubblica. Spiega il professor Cauda: “L’herpes zoster, più comunemente noto come fuoco di Sant’Antonio, è l’infezione da parte del virus varicella zoster (VZV) di uno o più nervi (generalmente uno solo). Appartiene alla grande famiglia degli Herpes virus, ed è lo stesso che causa la varicella nei bambini. Il virus, infatti, dopo aver causato la varicella, rimane inattivo nel tessuto nervoso per poi risvegliarsi, a distanza di molti anni, sotto forma di fuoco di Sant’Antonio”.

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Foto di Jon Tyson su Unsplash

Medicina e fede

Il dibattito su fede e scienza attraversa tutta la storia del cristianesimo, a conferma dello stretto legame che unisce queste due forme di sapere. In epoca moderna, con la riduzione della ratio a ragione strumentale, l’una è stata spesso contrapposta all’altra. Oggi, da un lato il magistero della Chiesa e la teologia, dall’altro molti scienziati di valore come appunto il professor Cauda (ma non lo scientismo, non gli idolatri che fanno della scienza una “religione”), sono alla ricerca di un tipo di rapporto fondato sull’articolazione tra fede e scienza, mediante un dialogo che cerca un’integrazione tra le due. Autonomia, distinzione (non separazione) e complementarietà (non invasioni di campo) sono i connotati di un rapporto corretto e fecondo fra i saperi. Papi e teologi del ’900 hanno notevolmente contribuito a questo cammino, soprattutto attraverso il Concilio Vaticano II e gli interventi di Giovanni Paolo II. Notevole è stato l’apporto di Joseph Ratzinger, prima e dopo la sua ascesa al soglio pontificio. Al riguardo l’opera “Fede e scienza, un dialogo necessario” (Lindau) è particolarmente illuminante. Si articola in due parti. La prima contiene una selezione di passi ripresi da opere del teologo bavarese, scritte durante la lunga docenza nelle facoltà di teologia delle più illustri università tedesche. La seconda raccoglie alcuni discorsi pronunciati da Benedetto XVI e rivolti a diverse istituzioni ecclesiali, in particolare la Pontificia Accademia delle Scienze e il Pontificio Consiglio della Cultura.

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Il professor Roberto Cauda con don Aldo Buonaiuto, sacerdote di frontiera dalla Comunità Giovanni XXIII

Professore Cauda, qual è la stato il suo primo contatto con l’herpes zoster?
“Confesso che la prima volta, molti anni or sono, che ho sentito il termine ‘fuoco di Sant’Antonio’ il mio pensiero è idealmente andato a Sant’Antonio da Padova. Questo è un errore che fanno molti. Ho corretto il mio errore solo molti anni dopo, quando ho avuto modo di approfondire l’argomento e finalmente comprendere che il Sant’Antonio che dà il nome alla malattia è Sant’Antonio Abate, cioè quel Santo a cui mia nonna romagnola di Meldola (in provincia di Forlì-Cesena), si riferiva quando bambino, sentivo la sua invocazione (in dialetto):’Sant’Antonio dalla barba bianca’. É innegabile che Sant’Antonio Abate, patrono della città di Novoli (e non solo), sia un santo molto popolare in Italia, il cui culto è particolarmente diffuso e radicato, al Nord come al Sud, soprattutto nella civiltà contadina con aspetti devozionali di fede sincera e popolare. Il santo è vissuto in Egitto nel III secolo. La tradizione vuole che egli sia stato esposto, in vita, alle tentazioni del demonio e che abbia vissuto come un eremita, motivo per cui è considerato il padre degli anacoreti. Alla sua morte, le spoglie, inizialmente tumulate in Egitto (ad Alessandria) sono state oggetto di successive traslazioni a Costantinopoli e in Terra Santa. Per essere poi da qui portate, in epoca crociata, in Francia, Paese che avrà un ruolo particolarmente rilevante per lo sviluppo del culto del santo, specie negli aspetti legati alla guarigione delle malattie. Del resto, l’ordine degli antoniani che fa riferimento al santo, è per l’appunto un ordine ospedaliero che, nel corso della sua storia, si è preso cura delle persone ammalate”.

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Foto: @ Vatican News, Università Cattolica del Sacro Cuore

Può farci degli esempi di questa devozione popolare attraverso i secoli?
“Dall’osservazione delle numerose immagini con le quali il santo, nel corso dei secoli fino ai giorni nostri, è stato rappresentato, possiamo ricavare la chiave interpretativa per comprendere, attraverso la simbologia, il legame scienza-fede. La scienza, sosteneva Giovanni Paolo II, ‘deve dare testimonianza a se stessa. Mentre religione e scienza possono e debbono ciascuna poggiare l’altra come dimensioni distinte della comune cultura umana. Nessuna delle due dovrebbe pretendere di essere il necessario presupposto per l’altra’. Poiché si tratta, di un santo il cui culto affonda le radici della civiltà contadina, esiste anche un risvolto nella tradizione gastronomica. Ricordiamo, ad esempio, il ‘pane di Sant’Antonio’. Ma anche ‘el chisol’, bresciano e mantovano e la ‘cassoela’ lombarda. Erano vivande tipiche nel giorno di Sant’Antonio, destinate alla mensa dei poveri oltre che al desco domestico. Nonostante le differenze legate alle diverse realtà geografiche, comune è l’attenzione che viene riservata al fuoco. Il fuoco è, al tempo stesso, sinonimo di forza, di purificazione e di civiltà. Quella di Sant’Antonio Abate è la festa del fuoco, e quindi della luce. che corrisponde al solstizio d’inverno. Il fuoco rappresenta il filo conduttore nel culto da Sant’Antonio Abate in Italia e in Europa. Ed è il fuoco che mette Sant’Antonio in rapporto con la medicina”.

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Il Prof. Cauda. Foto: Università Cattolica del Sacro Cuore

In che modo?
“Henry Chaumanin ha cercato. in una sua pubblicazione, di sistematizzare e ordinare tutte le malattie che a vario titolo, nel corso della storia, hanno fatto in qualche modo riferimento al ‘fuoco’ e al culto di Sant’Antonio Abate. Le prime segnalazioni di lesioni cutanee, suggestive di quello che verrà successivamente definito ‘fuoco di Sant’Antonio’, appartengono al mondo greco. E identificano, quindi, qualcosa che ‘strisciando’ si espande sulla cute. Il mondo medico romano eredita dalla tradizione greca questa concezione e conferisce varie definizioni a questa lesione. Il medico e scrittore romano Scribonio Largo non definisce le precise caratteristiche cliniche di questa forma morbosa. Non è chiaro, infatti, il rapporto tra herpes (nell’accezione che diamo oggi a questo termine) e ‘sacro fuoco’. A tal proposito non deve sfuggire l’aggettivo ‘sacro’ a testimonianza del carattere di sacralità del fuoco”.

Foto: Università Cattolica del Sacro Cuore

E nelle epoche successive?
“Quasi contemporaneamente con la traslazione delle spoglie di Sant’Antonio Abate dalla Terra Santa alla Francia. quindi nell’alto medio evo, si sviluppa a Parigi, nel 945, una grave forma di ‘ulcera corrosiva’, definita anche come ‘peste di fuoco’. Tale forma di incerta attribuzione patologica viene descritta nel 1089 dal monaco benedettino e cronista medievale Sigiberto di Grenobloux. A testimonianza della difficoltà interpretativa del ‘fuoco di Sant’Antonio’, in base ai canoni della medicina moderna, si può ricordare anche Henry de Mondeville. Il medico di Filippo il Bello nel 1320 identifica questa malattia ad espressione ulcerativa con una forma a trasmissione sessuale. E Guy de Chauliac intende il ‘fuoco di Sant’Antonìo’ come cancrena. La malattia a cui oggi più di ogni altra si ci riferisce quando si parla di ‘fuoco di Sant’Antonio’ è senz’altro l’herpes zoster che si caratterizza per un violento dolore poiché all’infezione, di solito, si associa una dolorosa eruzione cutanea che, nonostante possa manifestarsi in qualsiasi parte del corpo, compare più frequentemente su un solo lato del torace o dell’addome sotto forma di una singola striscia di vescicole. Si stima che una persona su dieci avrà almeno un episodio di herpes zoster in età adulta. Pur non essendo pericoloso per la vita, l’herpes zoster può essere molto doloroso. La vaccinazione riduce il rischio di svilupparlo mentre l’avvio della cura in tempi rapidi può accorciare i tempi dell’infezione e ridurre la possibilità che si verifichino complicazioni”.

 

 

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