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L’autobiografia di Francesco: il Papa della speranza si racconta

"Spera" è l'autobiografia di Francesco, la prima realizzata da un Pontefice: immergersi nella lettura è come sfogliare un album di fotografie di un familiare

Il Papa in dialogo con il mondo. Si intitola “Spera”, è appena uscita in oltre 100 Paesi ed è già entrata nella storia. E’ l’autobiografia di Francesco, la prima realizzata da un Pontefice in due millenni di cristianesimo. Immergersi nella lettura è come sfogliare un album di fotografie di un familiare per quanto illuminanti e coinvolgenti sono gli squarci di passato che si intrecciano con l’odierno Magistero. La stesura del volume ha richiesto sei anni di tempo e Jorge Mario Bergoglio vi si conferma esperto di umanità. Per tutta la vita ha incontrato la gente e i suoi problemi. È stato vescovo di una megalopoli del Sud come Buenos Aires. Sa quale grande sfida sia oggi introdurre la Chiesa nel mondo globale che trasforma i legami familiari e comunitari, mescola genti diverse, crea scenari umani inediti. È l’orizzonte della missione in un mondo che cambia. Per questo la “Chiesa in uscita” vuole farsi missionaria come popolo di Dio.

La vita di Francesco

“Spera” era destinato – in un primo momento – a essere pubblicato solo dopo la morte ma è stato anticipato per il Giubileo. “Un’autobiografia non è la nostra letteratura privata, piuttosto la nostra sacca da viaggio. E la memoria non è solo ciò che ricordiamo, ma ciò che ci circonda”, commenta il Papa nell’introduzione del suo memoriale. Francesco per la prima volta racconta la propria vita, riferisce episodi della sua adolescenza, di cui due tragici. E cioè il compagno di classe che assassinò un amico e poi si suicidò a 24 anni (“lo rinchiusero nella sezione penale del manicomio, e andai a trovarlo. Fu la mia prima, concreta esperienza del carcere, due volte prigione perché era anche serraglio per malati di mente (…) fu terribile, ne restai profondamente turbato”). E il ragazzino quindicenne che uccise la madre (“ricordo la veglia funebre in quella casa, il volto terreo del padre, il suo dolore doppio, senza pace”).

Foto © Vatican News

Il “Titanic italiano”

Jorge Mario Bergoglio parla anche del disastro della nave su cui nel 1927 sarebbero dovuti salire i nonni e il padre. “Vengo da una famiglia di emigranti. Evitarono il naufragio in extremis”. E aggiunge: “Fu il Titanic italiano. Non so dire quante volte ho sentito raccontare la storia di quella nave che portava il nome della figlia di re Vittorio Emanuele III. Il Principessa Mafalda. Quella storia la raccontavano in famiglia. La narravano nel quartiere. La cantavano le canzoni popolari dei migranti, da una parte all’altra dell’oceano. I miei nonni e il loro unico figlio, Mario, il giovane uomo che sarebbe diventato mio padre, avevano comprato il biglietto per quella lunga traversata, per quella nave salpata dal porto di Genova l’11 ottobre 1927, con destinazione Buenos Aires. Ma non la presero. Non erano riusciti a vendere in tempo ciò che possedevano. Alla fine, loro malgrado, i Bergoglio furono costretti a scambiare il biglietto, a rimandare la partenza per l’Argentina. Per questo ora io sono qui. Non immaginate quante volte mi sia trovato a ringraziare la Provvidenza Divina”, prosegue.

Papa Francesco e mons. Francesco Massara. Foto © Avvenire

Il primo Papa figlio del Vaticano II

Da Pontefice accetta con profonda consapevolezza la sfida di traghettare l’Ecclesia nell’era della “terza guerra mondiale a pezzi”. Ritiene che la Chiesa debba abbandonare lo spirito rinunciatario da minoranza di puri e duri, mescolarsi con il popolo delle città senza erigere frontiere, vivere con tutti incontrando ognuno. Il suo è un programma vasto e ambizioso: quello del Concilio Vaticano II. Bergoglio è stato ordinato prete nel 1969. Non è solo il primo papa latinoamericano, ma anche il primo papa figlio del Vaticano II finito nel 1965. Vangelo e Concilio sono il suo programma: il Vangelo della misericordia, vissuto e comunicato. Francesco definisce la speranza “una bambina spiritosa”. Sa che “l’umorismo, il sorriso sono lievito dell’esistenza e strumento per affrontare le difficoltà, perfino le croci, con resilienza”.

Papa Francesco Malta migranti
Foto © Vatican Media

La vita della sua famiglia

I suoi genitori formarono “una famiglia comune, con dignità”. La loro è stata una “pedagogia al senso della gioia, a una sana ironia”. Scrive il Pontefice: “La vita della mia famiglia ha conosciuto non poche difficoltà, sofferenze, lacrime, ma persino nei momenti più duri sperimentavamo che un sorriso, una risata, poteva strappare a viva forza l’energia per rimettersi in pista. Soprattutto papà ci ha insegnato tanto. Non si tratta di rimuovere, di far finta di nulla, di sminuire i problemi ma piuttosto di mantenere dentro di sé uno spazio di gioia decisivo per affrontarli e superarli. In fondo il comico non è che il tragico visto di spalle”. Nei ricordi di Francesco, la sua casa al 531 di calle Membrillar, “una casa a un solo piano, con tre stanze da letto, quella dei miei genitori e le due che ci dividevamo noi fratelli e le sorelle, un bagno, una cucina con tinello, una sala da pranzo più formale, un terrazzo. Quella casa e quella via sono stati per me le radici di Buenos Aires e dell’Argentina tutta. Un’abitazione semplice in un quartiere semplice, tutte case basse; vi si respirava un’aria tranquilla e pacifica, un clima di fiducia negli altri come nel futuro”. Osserva il Papa: “La vita ha inevitabilmente le proprie amarezze, fanno parte di ogni cammino di speranza e di conversione. Ma occorre evitare a tutti i costi di crogiolarsi nella malinconia, non permettere che essa incancrenisca il cuore”. Racconta una barzelletta che lo riguarda. Il Papa che giunto in America vuole guidare una limousine, viene fermato da un agente che, imbarazzato, dice al suo capo di aver fermato una persona molto importante perché l’autista era addirittura Papa Francesco.

La preziosa eredità del Pontefice

Scritto con Carlo Musso, già direttore editoriale non fiction di Piemme e Sperling & Kupfer, poi fondatore del marchio indipendente Libreria Pienogiorno, il volume risponde alle esigenze del tempo che hanno spinto il Pontefice a diffondere ora questa preziosa eredità, destinata a ispirare i lettori di tutto il mondo e a rappresentare un lascito di speranza per le generazioni future. “È stata una lunga, intensa avventura che ha impegnato gli ultimi sei anni -commenta Musso – I lavori per la stesura sono iniziati fin dal marzo 2019 e si sono conclusi nei primi giorni di dicembre”. Un libro fresco di stampa, dunque. Un volume denso di rivelazioni e narrazioni inedite.

Il ripudio della guerra

Il Papa: richiama “L’urlo” del pittore Edvard Munch: “E’ il sentimento di ciascuno di noi di fronte alla strage di innocenti e alla catastrofe umanitaria in Terra Santa”. Il tema del ripudio della guerra è una costante nella narrazione, a partire dalle esperienze del nonno paterno Giovanni, che l’aveva fatta sul Piave nel ’15-18 nel 78º reggimento di fanteria. Il Papa ricorda “la sua felicità quando, nel giugno 1946, giunse la notizia della sconfitta del fronte monarchico al referendum che avrebbe proclamato in Italia la Repubblica, e nel quale per la prima volta votarono anche le donne”. Numerosi pure i racconti privati, famigliari, umanissimi. “All’inizio del pontificato avevo la sensazione che sarebbe stato breve: pensavo tre o quattro anni, non di più. Lo dissi anche in un dialogo con una giornalista della tv messicana -racconta – era un sentimento indistinto ma piuttosto forte, che nasceva dalla convinzione di essere stato eletto perché il conclave fosse rapido: non avevo un’altra spiegazione. Non credevo che avrei scritto quattro encicliche, e tutte le lettere, i documenti, le esortazioni apostoliche, né che avrei fatto tutti questi viaggi, in oltre 60 Paesi. Il primo in Brasile è stato già strabiliante per me. Eppure l’ho fatto, sono sopravvissuto. La verità è che è il Signore l’orologio della vita. Intanto, io vado avanti”. Frammenti di memoria divenuti coscienza collettiva.

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don Aldo Buonaiuto
don Aldo Buonaiuto
Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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