In vista del Giubileo del 2000 l’inviato di guerra Igor Man (1922-2009) scrisse “Il volto dell’innocente negli orrori delle guerre“. E affermò: “Convinto, come sono, che nessuna guerra sia ‘giusta’ anche se qualcuna è imprescindibile, più volte anch’io mi sono posto l’interrogativo che con dolorosa civiltà ha postulato Norberto Bobbio: ‘Ma avranno le previsioni sulla pace la stessa credibilità delle previsioni sulla guerra’. Porsi un simile interrogativo significa garantirsi molti tormenti ancora ma, forse, chi genuinamente “pretende” la pace, e subito e per sempre, non vuole più soffrire. Penso ai palestinesi: arabi ed ebrei; penso agli uomini disperati del Rwanda, del Burundi, dello Zaire e del Sudan e della Bosnia, eccetera. Anche chi combatte vuole la pace. La pace e basta. Verosimilmente perché la cultura della guerra è morta col Vietnam. Mancano mille giorni al 2000, l’anno del Giubileo. Senza più anima, immemore, cattivo, il mondo aspetta stretto fra la paura del castigo e la speranza del perdono. Ma poiché Dio è buono e il suo Figliolo è misericordioso, lo Spirito Santo (forse) ci restituirà la luce e ascolteremo, infine, ‘un’esile voce di silenzio‘ (I Re XIX, 11-13) e più non vorticherà nell’aria il polline dell’odio e prenderemo, finalmente, per mano i bambini. Anziché accompagnarli al cimitero, li porteremo ai giardinetti. A prendere un gelato.
Giubileo di pace
Aggiungeva Igor Man: “Una volta la società accettava la guerra ‘perché la guerra risolve’. A quelli della mia generazione insegnavano che la guerra era un ‘male necessario’. Oggi è diverso. Mi dice un Cardinale-Pastore, oggi tutti hanno capito che la guerra non risolve nulla, dà solamente la medesima illusione dell’intervento chirurgico su un organismo mitragliato dalle metastasi d’un tumore cattivo. ‘La pace, invece, fermando la corsa della morte, salva la vita, dona la speranza della giustizia’. Forse è veramente così. (‘E’ vero davvero’). Non lo so. Io sono soltanto un vecchio cronista che ha scarpinato per il mondo inciampando di continuo nella guerra. Anche se tutte le volte che l’ho attraversata, ho incontrato una immensa domanda di pace. Ho fatto (da cronista, armato solo di taccuino e di biro) tutte le guerre mediorientali. Ho raccontato la lunga guerra civile che ha trasformato il Libano da produttore di benessere in produttore di cadaveri. Ho testimoniato dell’orrore del Vietnam e delle infinite guerre di guerriglia che hanno sferruzzato il mondo negli ultimi cinquant’anni e posso dire che ‘ovunque e comunque’ ho visto invocare la pace. Soprattutto da chi combatteva o era costretto a farlo”. E prosegue: “Ora al vecchio cronista chiedono di dire chi è Cristo per lui. Cristo è l’innocente inchiodato alla croce del martirio dal più infame delitto dell’uomo: la guerra. E l’innocenza non è solo dei bimbi o delle madri; è anche degli adulti, anche dei peccatori. Gesù era giovine quando salì sul Golgota ma era già antico quanto il Mistero della sua pietà: assolse il ladrone promettendogli il Paradiso. In questo modo gli restituiva l’innocenza”.