Liberi Nantes è un’associazione romana che dal 2007 utilizza lo sport per promuovere l’integrazione di migranti, rifugiati e persone in difficoltà. Fondata da un gruppo di tifosi della Lazio che volevano contrastare il razzismo sugli spalti, oggi l’associazione è diventata un punto di riferimento a Roma, impegnandosi a offrire non solo attività sportive, ma anche percorsi di formazione e supporto sociale. Con il campo XXV Aprile di Pietralata come “casa”, Liberi Nantes ha saputo trasformare uno spazio abbandonato in un luogo di aggregazione, dove si svolgono attività sportive, doposcuola e progetti di inclusione sociale. Interris.it ha intervistato Ambra Postiglione, membro del consiglio direttivo dell’associazione, per scoprire di più sul loro lavoro e sull’importanza che lo sport ha per l’integrazione.
Come è nata Liberi Nantes e qual è la sua missione principale?
“Liberi Nantes è nata nel 2007 da un gruppo di tifosi della Lazio, motivati dal clima di razzismo che si respirava sugli spalti. L’obiettivo era creare una squadra di calcio che fosse un’alternativa al razzismo e, allo stesso tempo, un percorso di integrazione per migranti e rifugiati. Lo sport diventa il mezzo attraverso il quale offriamo loro una nuova opportunità di vita, un diritto fondamentale per tutti”.
Perché avete scelto il calcio come sport principale per il progetto?
“Il calcio è uno sport che, soprattutto nelle culture africane, ha una grande importanza e attrattiva. Inoltre, il calcio è un linguaggio universale che permette di superare le barriere culturali. Ma non ci fermiamo al calcio: nel nostro progetto promuoviamo anche altre discipline, come atletica leggera e rugby femminile, sempre con l’obiettivo di utilizzare lo sport come strumento di inclusione”.
Qual è l’impatto del progetto sul quartiere di Pietralata?
“Quando Liberi Nantes ha iniziato la sua attività a Pietralata, l’associazione era vista come un’iniziativa per “stranieri”. Tuttavia, nel tempo, siamo riusciti ad aprirci alla comunità locale, creando un forte legame con i residenti. Oggi, molti dei bambini che si allenano con noi sono del quartiere, e alcuni dei loro genitori si sono uniti alla nostra squadra. Lo sport è diventato un mezzo per favorire il dialogo e la conoscenza reciproca, facendo superare barriere culturali e sociali”.
Parliamo della squadra di migranti: come viene composta e in che campionato gioca?
“La squadra di migranti e rifugiati di Liberi Nantes ha sempre avuto un’importanza centrale nel nostro progetto. Inizialmente, giocava in Terza Categoria, ma senza accumulare punti, a causa di problemi di tesseramento. Dopo circa 12 anni di lotte burocratiche, siamo riusciti a far iscrivere la squadra ufficialmente, e oggi gioca in Seconda Categoria. I ragazzi provengono principalmente dai centri di accoglienza, dalle case famiglia e dai centri per minori stranieri non accompagnati. L’associazione ha attivato uno sportello di segretariato sociale che segue i ragazzi in percorsi formativi, lavorativi e li aiuta a imparare l’italiano. Inoltre, collaboriamo con i centri d’accoglienza per attivare progetti che coinvolgano i ragazzi a 360 gradi, non solo sul campo di gioco”.
Quali storie ti hanno colpito di più tra i ragazzi che partecipano al progetto?
“Una delle storie che mi ha colpito di più è quella di Mr. Gian, un ragazzo camerunense che è arrivato come calciatore e ha trovato in Liberi Nantes una seconda casa. Oggi è diventato un punto di riferimento per i bambini, prima come giocatore nella squadra e ora come allenatore delle categorie giovanili. La sua storia dimostra come il nostro progetto non solo aiuti i ragazzi a integrarsi, ma permetta loro anche di crescere, affermarsi e diventare ispirazione per le nuove generazioni”.