Il 25 novembre è giorno dedicato alle donne e al loro diritto di essere protagoniste della propria esistenza, ad essere davvero libere, ma questo diritto di esistenza passa purtroppo attraverso una brutale consapevolezza: nonostante i passi fatti, ancora ci sono disparità e discriminazioni, vecchie e nuove, che non solo continuano a sommarsi tra di loro, ma drammaticamente ciascuna moltiplica le altre.
La gerarchia di potere sul genere femminile è la più antica e radicata: nei confronti della donna l’offesa – sia essa fisica, verbale, icastica – tocca sempre la sessualità femminile, i suoi organi e i suoi attributi, è il corpo della donna ad essere oggetto. In sostanza una forma di de-umanizzazione come frammentazione simbolica del corpo, separato dal resto della persona e considerato in sé come soggetto all’arbitrio o al piacere altrui.
Deumanizzare la donna spinge oltre ogni limite morale, trasforma in mostri privi di empatia e compassione ed è espressione di ogni architettura bellica e mortificazione del valore della cura. Il corpo della donna diventa campo di battaglia, terreno e archetipo di ogni guerra. Non può esistere società pacifica senza sradicare ogni forma di violenza contro le donne nella sfera privata e pubblica.
Anche la tecnologia come mezzo, contribuisce entrando nei nostri stessi processi vitali, ponendo una serie di criticità nuove e complesse da quelle medico-sanitarie a quelli etiche: ricerca sulle cellule staminali, manipolazioni genetiche, sperimentazione di nuovi farmaci, intelligenza artificiale, gestazione per altri.
Da sempre le donne povere – si tratti di madri, schiave, donne prostituite, nutrici e balie, vittime dei conflitti– sono costrette da una società di impronta maschilista ad oggettivarsi in funzioni biologiche ed ora il cd. mondo del Bio-capitalismo pone nuove e profonde sfide anche al diritto e agli ordinamenti.
Gli elementi di questa de-umanizzazione oggettivante hanno nomi bene precisi, rintracciabili da ciascuno:
- Strumentalità: il corpo della donna è strumento per gli scopi altrui;
- Negazione dell’autonomia: l’autonomia e l’autodeterminazione della persona vengono coartate in toto o gravemente limitate;
- Inerzia: la capacità di agire nella relazione è per lo più passiva
- Fungibilità: il corpo è interscambiabile con altri “oggetti” della stessa categoria;
- Violabilità: la persona è considerata come entità priva di confini rispetto all’arbitrio fino alla possibilità di ferirla e financo farla a pezzi.
- Proprietà: il corpo appartiene a qualcuno temporaneamente, a lungo termine o per sempre
- Negazione della soggettività: la persona è un’entità le cui esperienze, i cui sentimenti, le cui emozioni sono trascurabili.
Poi come un bubbone dell’infezione che dilaga sottopelle non possono tacersi due manifestazioni particolarmente crudeli rispetto alle quali ancora non v’è sufficiente presa di coscienza e contrasto: lo sfruttamento sessuale (tra i femminicidi più crudeli ed efferati ci sono quelli delle donne prostituite) e la violenza che si accanisce verso la donna quando porta nel grembo una Vita.
La creatura nel grembo, nuova Vita, la cui crescita nel ventre della donna non è in alcun modo controllabile e che potrebbe divenire indipendente è il massimo scandalo femminino per il dominio dei violenti; questa casistica sta aumentano negli ultimi tempi in modo esponenziale anche nella forma di costrizione alla IVG che per lo più resta sommersa ed invisibile alla sanzione penale.
Il corpo femminile è assieme al corpo infantile, si porta dietro i figli. Quelli nati, quelli che stanno per nascere e anche quelli che potenzialmente nasceranno.
Non è possibile dare soluzioni semplicistiche a questi problemi complessi, ma passi fattivi verso un cambiamento di emancipazione politica, culturale e giuridica, non possono che passare attraverso una seria preparazione scientifica e organica ai principi della nonviolenza e alla loro declinazione a livello normativo, pedagogico ed educativo con politiche strutturali di pace.