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Perché il diritto alla salute in Italia è messo in dubbio

In Italia, purtroppo, gli ultimi dati disponibili in merito, ci dicono che, il diritto alla salute, è messo in dubbio. In altre parole, l’articolo 32 della Costituzione, il quale sottolinea che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”, non è totalmente rispettato e, di conseguenza, sussiste il rischio di un lento e ulteriore declino, con un aumento del tasso di povertà nel nostro Paese. Questo fattore, per converso, dà vita ad altri fenomeni, come il progressivo impoverimento della sanità pubblica la quale, occorre ricordarlo, è un diritto universale. A tal proposito, il settimo rapporto della Fondazione Gimbe e le statistiche dell’Istat, hanno sottolineato che, 1 milione e 300 mila bambini, vivono in condizioni di povertà assoluta e, di conseguenza, non possono curarsi. Tutto ciò, pone l’accento sul fatto che, attualmente, 4,5 milioni di cittadini italiani, si vedono costretti a rinunciare alle cure. Questo significa che, progressivamente, si sta andando verso un sistema che non valorizza più la sanità pubblica ma, al contrario, tende a salvare solo coloro che hanno le possibilità di rivolgersi alle strutture private, le quali hanno costi molto elevati e non accessibili a tutti. Inoltre, attualmente, la sanità pubblica ha un numero di medici insufficiente, un saldo negativo per quanto riguarda il personale infermieristico e una quantità di sanitari che si sposta nel settore privato. Tali fattori, quindi, mettono in dubbio il principio universalistico del nostro sistema sanitario. A riprova di ciò, gli investimenti in questo settore stanno progressivamente diminuendo e, nel prossimo bilancio dello Stato, saranno inferiori nonostante il fatto che, ad oggi, sarebbero invece necessarie molte più risorse.

L’emergenza che è stata descritta nei mesi e nelle settimane passate quindi, sta emergendo in tutta la sua gravità e si sta manifestando in una crescita esponenziale della povertà assoluta e relativa. Coloro che, ad oggi, non sono in grado di far fronte a una spesa sanitaria straordinaria, vi rinunciano e ciò, di conseguenza, significa avere un’aspettativa di vita più breve. A questo occorre aggiungere che, purtroppo, stiamo vivendo una fase storica in cui, attraverso l’autonomia differenziata, si sta provando ad accentuare le differenze tra le Regioni, basti guardare ad esempio alla recente sentenza della Corte Costituzionale in merito. Se l’idea che contiene questa ipotesi di devoluzione dovesse proseguire, avremo un notevole incremento delle differenze territoriali la quale, già oggi, fa sentire i suoi effetti nel Mezzogiorno d’Italia, dal punto di vista sociale che sanitario, costringendo molti cittadini a recarsi in altre regioni per sottoporsi alle cure necessarie. L’emigrazione da Sud a Nord non si è mai fermata e, tutto ciò, sta causando un ulteriore svuotamento di alcune regioni italiane per poter usufruire del diritto alla cura. Alla luce di quanto descritto, urge un cambio di rotta affinché, i diritti fondamentali, come quello alla salute, siano garantiti in ogni luogo. Se così non sarà, da qui a dieci anni, l’intero sistema della sanità pubblica nel suo complesso, rischia un completo declino, annullando così gli sforzi e i sogni dei padri costituenti. Vorrei ricordare che, stiamo parlando dei diritti primari delle persone e, in questo senso, la Costituzione, deve essere un riferimento imprescindibile e, ciò che sta accadendo, deve essere fermato. Le persone con maggiori difficoltà sociali e sanitarie devono avere pari diritti rispetto a coloro che hanno più risorse, senza se e senza ma.

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