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Sessalescenza: la seconda adolescenza dei sessantenni

Daniela ha compiuto sessant’anni. Inevitabile è arrivato l’invito ai festeggiamenti per le ventuno dell’altro giorno ed ho subito espresso a mia moglie le perplessità per una serata che ipotizzavo noiosa e stantía intorno ad una ricorrenza tutto sommato banale: ho sempre preferito festeggiare l’onomastico piuttosto che il compleanno per celebrare l’omaggio al Santo di cui per tutta la vita portiamo il nome piuttosto che un evento che riguarda più nostra madre che ci ha generati che noi. Ma tant’è ed oramai siamo sulla giostra.

Le mie previsioni sembravano avverarsi poiché l’appuntamento era in piazza ed ho immaginato che avremmo cenato in qualche noiosissimo ristorante con un programma già visto troppe volte. In pochi minuti sono arrivati una trentina di invitati e poi la festeggiata; tra le facce attonite degli invitati si è fermato un autobus della linea cittadina con i vetri oscurati e siamo saliti a bordo: era stato trasformato in una discoteca itinerante con tanto di bar sulla piattaforma posteriore, luci psichedeliche e musica degli anni ottanta per ballare tra i sedili ed i sostegni mentre viaggiava per le vie della città! Geniale. L’autista, disc jockey e barista, era coadiuvato da una simpatica pin up ed in tre ore, ha concesso due fermate di dieci minuti nei luoghi salienti della città, ed una per tagliare la torta e spegnere le candeline. Ma il motivo dello stupore non è stato tanto la brillante esperienza quanto scoprire la vitalità e la voglia di ballare e cantare degli invitati, maturi professionisti giornalisti imprenditori, tra tutti le donne, che pur ignare non hanno esitato a gettarsi nella pista da ballo sfrenato poiché ricordavano a memoria la disco music della nostra giovinezza, rivelando che “siamo tutti figli delle stelle”, per scoprire “com’è bello far l’amore da trieste in giù”, giacché pur sembrando “mamma maria”, in realtà “non sono una signora”, e se “all night long”, si sentivano “born in the usa”, e potevano dire che “tu sei l’unica donna per me” e “se mi lasci non vale” con tutte quelle “cicale” che stanno “su di noi”.

Sembrava una festa di diciott’anni e forse lo era, pensandoci meglio. Ho avuto la dimostrazione di cosa sia la sessalescenza, termine coniato sul modello dell’adolescenza, che riguarda i giovani tra i quindici ed i venti anni, giacché definisce gli adulti a cavallo dei sessant’anni, come spiega un articolo del dr. Manuel Posso Zumárraga, specialista in politica pubblica e sicurezza sociale con più di vent’anni di esperienza in Ecuador, dove è nato e vive tuttora. Si tratta di uomini e donne che non sentono l’idea di invecchiare e pertanto non vivono la condizione di anziani ma all’inverso, pur consci dell’età che hanno, vestono i panni di persone moderne e progressiste che si sono rese padrone delle nuove tecnologie per apprendere, conoscere, rendersi utili, in una parola esserci, come viene definita oramai l’esistenza.

Sono all’apice di una trasformazione sociale iniziata con lo sviluppo della ricostruzione conseguente alla seconda guerra mondiale al pari della generazione degli adolescenti, emersa in quel periodo all’orizzonte sociale e che di fatto ha mantenuto la condizione di protagonismo che l’aveva caratterizzata; non sono gli evergreen o i nostalgici della gioventù ma sono rimasti giovani nel modo di essere pur avendo raggiunto consapevolmente gli anni sessanta o settanta. Analizzando questo gruppo sociale si nota che si tratta di uomini, e donne in maggioranza, anzitutto indipendenti, che hanno scelto la loro attività svolgendola da tempo e che hanno condotto una vita con soddisfazione, avendo cambiato il significato triste con cui veniva definito il lavoro, ed oggi, con la piena maturità, si sentono non solo appagati ma con tanta voglia di vivere e senza sognare nemmeno di andare in pensione, mentre chi già lo è o ci va, si gode quotidianamente la vita, senza timore di sentirsi solo, dopo aver assolto agli impegni lavorativi e familiari e superato le mille difficoltà quotidiane.

Non ci sono più le rivendicazioni sociali e le battaglie degli anni sessanta e settanta del secolo scorso, poiché costoro, ed in particolare le donne, hanno potuto riflettere e realizzare cosa realmente volessero, creando da se stesse il proprio “io”, nelle famiglie, nel lavoro, nei rapporti sociali, senza fermarsi alle tappe che scandivano la vita prima del loro arrivo ma determinando esse stesse quali fossero le tappe o meglio farne a meno, a cominciare dal loro stato civile, di cui sono soddisfatti e se non lo sono non pensano di cambiarlo, così come del lavoro che svolgono e delle persone che frequentano: insomma, sono forti, sanno di esserci e di poter decidere di se stesse, conoscendo e valutando tutti i rischi delle proprie decisioni, reagendo con piglio alle avversità e, principalmente, senza invidia nei confronti dei campioni del successo. Sanno apprezzare invece l’importanza di uno sguardo, di una frase intelligente o di un sorriso illuminato dall’esperienza. Sono rimasti diciottenni. 

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