Augura anzitutto “tanta saggezza”, il cardinale Pietro Parolin, al 47.mo presidente degli Stati Uniti neo eletto. A margine del convegno alla Gregoriana #TheSpiritofGeneva: The Impact of AI on International Humanitarian Law per i 75 anni delle Convenzioni di Ginevra, il segretario di Stato vaticano viene interpellato dai cronisti sulla elezione di Donald Trump alla guida della Casa Bianca, la seconda dopo il mandato svolto nel 2017-2021.
“All’inizio del suo mandato, gli auguriamo tanta saggezza perché questa è la virtù principale dei governanti secondo la Bibbia”, afferma Parolin. “Io – aggiunge – credo che deve lavorare soprattutto per essere presidente di tutto il Paese, quindi superare la polarizzazione che si è verificata, che si è avvertita in maniera molto molto netta in questo tempo”. A nome della Santa Sede, il cardinale auspica che il nuovo presidente Usa “possa davvero essere un elemento di distensione e di pacificazione negli attuali conflitti che stanno sanguinando il mondo”.
A proposito di guerre, il porporato – sollecitato dai giornalisti – commenta la frase pronunciata da Trump in campagna elettorale ma anche, dopo la vittoria, sul palco del Convention Center di Palm Beach (Florida): “Non inizierò guerre ma le fermerò”: “Speriamo, speriamo, speriamo”, esclama Parolin, “io credo che neppure lui ha la bacchetta magica”. Per far terminare le guerre, sottolinea il segretario di Stato vaticano, “ci vuole tanta umiltà, tanta disponibilità, ci vuole davvero la ricerca degli interessi generali dell’umanità, piuttosto che concentrarsi su interessi particolari. Io me lo auguro”.
Rimane prudente, invece, il cardinale e chiede di prendere tempo prima di esprimere qualsiasi parere sul timore – ha osservato un cronista – di ucraini e palestinesi che “la pace possa essere fatta a loro spese”. “Vedremo… – replica Parolin – È difficile pronunciarsi su questi aspetti, vedremo che proposte farà, perché molti appunto sono rimasti sempre incerti. Per esempio quella famosa frase: ‘Il giorno dopo terminerà la guerra…’, ma come? Nessuno ha saputo mai dire e neppure lui ha dato indicazioni concrete su come. Vediamo adesso che cosa proporrà dopo che si sarà insediato”.
Ancora su Trump al segretario di Stato viene chiesto conto delle parole in campagna elettorale – le ultime, quattro settimane fa, ad Aurora (Colorado) evocando il ricorso all’Alien Enemies Act del 1798 – sulla promessa, in caso di vittoria, della più grande deportazione di massa di immigrati illegali latinoamericani. Da questo punto di vista, il cardinale Parolin ricorda “la posizione del Papa e della Santa Sede” sul tema migrazione che “è molto chiara in questo senso”. “Noi – rimarca – siamo per una politica saggia nei confronti dei migranti e quindi che non arrivi a questi estremi. Il Papa ha dato indicazioni molto precise, molto chiare su questo tema. Credo che sia l’unica maniera per affrontare il problema e risolverlo in maniera umana”.
Al di là delle differenze, ci sono però temi che avvicinano come la difesa della vita e la condanna dell’aborto. “È vero”, ribatte il cardinale Parolin, “è uno dei temi importanti quello della difesa alla vita”; tuttavia, anche da questo punto di vista, raccomanda di mettere in atto “una politica comune”, una politica che cerca di “unire consensi” e “non diventare una politica ancora una volta di polarizzazione e di divisione”. “Spero anche che questa difesa della vita che Trump ha assicurato farà durante il suo mandato possa allargare il consenso”, afferma il porporato.
Assicura poi che continueranno e non cambieranno i rapporti tra la Santa Sede e la nuova amministrazione degli Stati Uniti, come già avvenuto “in occasione del precedente mandato” di Trump. “Come sempre – dice – ci sono elementi che ci avvicinano ed elementi che forse ci differenziano, che ci distanziano. Sarà questa l’occasione per esercitare il dialogo e per cercare di trovare insieme nuovi punti di consenso, sempre in beneficio del bene comune e della pace nel mondo”.
A Parolin, infine, una domanda sui rapporti con la Cina, ricordando le tensioni del 2020 quando il segretario di Stato Usa, Mike Pompeo, aveva criticato duramente l’Accordo tra la Santa Sede e la Repubblica Popolare cinese sulla nomina dei vescovi, paventando addirittura, in caso di rinnovo (allora si trattava del secondo dopo la prima firma del 2018), il rischio per il Vaticano di mettere “in pericolo la sua autorità morale”. “Noi siamo comunque andati avanti con la Cina, abbiamo rinnovato l’Accordo per altri quattro anni”, risponde Parolin, ricordando l’estensione dell’intesa lo scorso ottobre per un altro quadriennio. “Il dialogo continua, a piccoli passi ma continua”, assicura il segretario di Stato, “quindi confermiamo questa linea, al di là delle reazioni che possano venire anche dall’America”. Ciò che il cardinale ci tiene a ribadire è che “l’interesse” della Santa Sede per la Cina “è essenzialmente ecclesiale”, quindi bisogna “uscire da una concezione politica forse presente in molte valutazioni di governi e Paesi”. Bisogna invece “sapere che la Santa Sede guarda a quello. E in base a questa bussola cerca di andare avanti”.
Fonte: Vatican News