La psoriasi è una malattia infiammatoria cronica, genetica e autoimmune, che in Italia colpisce 1,8 milioni di persone e che può interessare tute le zone della cute. Solitamente si manifesta con placche arrossate e squamose, in genere distribuite in maniera simmetrica nei gomiti, nelle mani, nei piedi, nelle ginocchia e nel cuoio capelluto. Circa un quarto delle persone che ne soffre presenta forme da moderate a gravi e la quasi totalità di queste lamenta un netto peggioramento della qualità della vita. Si tratta infatti di una patologia che ha un forte impatto sul benessere emotivo e che può condizionare anche le relazioni personali.
L’intervista
A proposito di questo ultimo aspetto, Interris.it ha intervistato Valeria Corazza, presidente di APIAFCO – Associazione Psoriasici Italiani Amici Fondazione Corazza. Lei, che conosce molto bene gli effetti della psoriasi, in quanto ne soffre, si impegna a tenere alta l’attenzione su una malattia le cui conseguenze molto spesso vengono trascurate.
Presidente, perché questa patologia ha un forte impatto psicologico sulle persone?
“La psoriasi compare sulla pelle e per cui, soprattutto se si manifesta nelle mani o nel viso, è visibile a tutti. Questa caratteristica rende chi ne soffre diverso e, a volte, persino escluso, in quanto esiste ancora la paura possa essere una malattia contagiosa. Questo atteggiamento provoca imbarazzo e condiziona il modo di vivere la propria quotidianità. A lungo andare, il paziente, sentendosi osservato, può cadere in una forma di depressione, che lo porta a non accettare la propria condizione e lo induce a tutelarsi, nascondendosi. Ancora oggi, purtroppo, soffrire di psoriasi vuol dire, in molti casi, convivere con sentimenti di rabbia, di delusione e di rassegnazione”.
Quanto questa condizione può pesare sulla vita professionale di una persona?
“Partiamo dal presupposto che chi è colpito in modo severo, per esempio alle mani, non può nemmeno svolgere determinate mansioni. E in questo caso, vorrebbe dire, che si tratta di una malattia invalidante e discriminatoria. La psoriasi è a tutti gli effetti una malattia che condiziona fortemente la carriera lavorativa e il rapporto stesso con i colleghi”.
Tra i colpiti di psoriasi ci sono anche molti bambini. Quali sono le maggiori difficoltà che devono affrontare a scuola?
“Purtroppo vivono sulla propria pelle la brutalità e la cattiveria dei coetanei che spesso, vedendo qualcosa di strano, li deridano. Stessa cosa accade negli ambienti sportivi, che invece dovrebbero essere luoghi di inclusione e di rispetto reciproco. Da qui nasce l’esigenza di educare i più giovani con campagne di sensibilizzazione ad hoc che aiutino chi ha questa malattia a vivere senza vergogna, e gli altri bambini a mettere da parte ogni tipo di atteggiamento di prevaricazione”.
Presidente, non crede che molto spesso c’è la falsa credenza che la psoriasi sia una malattia prettamente estetica?
“Purtroppo sì, ancora oggi, qualcuno pensa chi come me, soffre di questa patologia, vuole essere curato per il semplice motivo di migliorare il proprio aspetto fisico. La realtà però, è ben diversa. Noi chiediamo una cura all’altezza, per il semplice motivo che la nostra condizione crea dei problemi psicologici e delle comorbidità, anche molto gravi, come la sindrome metabolica, scompensi cardiologici, mentre un paziente su tre manifesta anche l’artrite psoriasica”.
Quanta sofferenza c’è dietro una psoriasi?
“Molta e purtroppo, ad oggi, è ancora molto difficile, attenuare questo dolore che colpisce l’animo della persona che si trova ad affrontare questa malattia. A questo poi, aggiungiamo una sofferenza di tipo clinico, perché, non scordiamoci, che esistono alcune forme di psoriasi, tipo quella pustolosa che colpisce soprattutto i piedi e le mani, che provocando piaghe e crepe, impediscono anche di camminare o semplicemente di stringere tra le mani un oggetto”.