La biodiversità e la qualità ecologica dei territori hanno un valore inestimabili e per questo la Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e l’Autorità di Bacino Distrettuale del Po hanno creato il Nature Positive Network. Si tratta di una rete che riunisce alcune imprese italiane che hanno come interesse comune quello di impegnarsi nella tutela e nella valorizzazione del capitale naturale. In un contesto in cui la crisi ecologica mette a repentaglio la stabilità dell’economia mondiale, diversi governi e numerose imprese si stanno impegnando nella transizione verso un’economia nature-positive, con interventi che mirano a ricostituire habitat originari e a migliorare l’idoneità del territorio per specie rare o con popolazioni in declino.
L’intervista
Il dottor Giuseppe Dodaro, responsabile area capitale naturale e agro ecologica della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile ha spiegato a Interris.it che l’obiettivo di Nature Positive Network è quello di rendere le imprese protagoniste della transizione verso un’economia Nature Positive, creando opportunità di dialogo costruttivo tra enti territoriali e settore privato.
Dottor. Dodaro, come è organizzato il Nature Positive Network?
“Innanzitutto prevede incontri di formazione e di sensibilizzazione, la promozione del confronto con le istituzioni e lo scambio di buone pratiche, l’elaborazione di analisi e la redazione di report tecnici. Ad oggi, il sito web del network ha una sezione dedicata alle buone pratiche, intese sia come interventi concreti di rinaturalizzazione, sia come processi di governance che hanno consentito la realizzazione di casi di successo. I seminari dedicati agli aderenti al network tratteranno temi quali come possono le imprese misurare efficacemente i propri impatti sulla biodiversità, le caratteristiche delle Nature-based Solutions e le opportunità che queste offrono alle imprese e i meccanismi amministrativi e gli strumenti finanziari più idonei a supportare il settore privato in iniziative a favore della natura. L’obiettivo a lungo termine è facilitare la realizzazione di interventi e azioni concrete e misurabili di ripristino degli ecosistemi”.
Che cosa ha spinto le aziende a puntare sul Nature Positive Network?
“Le impese che hanno aderito hanno in comune l’obiettivo di fermare la perdita della biodiversità e di invertirne il trend. Per farlo, alcune di loro hanno già messo in atto progetti per incrementare lo stato di salute degli ecosistemi, nella convinzione che non ci si debba più limitare a compensare le proprie emissioni. Per facilitare la continuità dei processi produttivi e migliorare l’adattamento ai cambiamenti climatici è indispensabile arrestare il degrado degli ecosistemi. Inoltre, si tratta di interventi utili per accedere a finanziamenti dedicati che hanno alla base il benessere sociale delle comunità”.
A livello collettivo che cosa comportano questi investimenti che puntano al ripristino della natura?
“Accrescere l’estensione e la qualità delle aree verdi genera molteplici benefici per la collettività. Per mitigare gli effetti degli eventi estremi, soprattutto nelle aree urbane, le soluzioni basate sulla natura sono spesso le più efficaci e le più vantaggiose a livello economico. In città migliora la qualità dell’aria e vengono ridotti gli impatti delle temperature elevate. Inoltre, viene garantita la disponibilità di beni primari come l’ acqua e di materie prime, quali il legname, le fibre e il cibo, basti infatti pensare che circa il 70% delle principali colture mondiali dipendono dagli insetti impollinatori. Infine, non sono da trascurare gli aspetti culturali e ricreativi”.
Il nuovo regolamento europeo sul ripristino della natura obbliga a ripristinare gli ecosistemi degradati. È un segnale che qualcosa sta cambiando?
“Certamente sì, l’approvazione della Nature Restoration Law costituisce uno degli eventi più importanti della storia delle politiche ambientali europee. Si tratta di una visione innovativa e ambiziosa che punta al ripristino degli ecosistemi come fattore essenziale per la salvaguardia della biodiversità, all’adattamento ai cambiamenti climatici, alla produzione di cibo sano e alla competitività e resilienza verso l’economia UE”.
Perché la prima area in cui si opererà è quella del Distretto del Po?
“Si tratta di un contesto ideale per sperimentare un’alleanza positiva tra istituzioni e settore privato in quanto è un’area vasta 82.800 km2, che ancora custodisce emergenze naturalistiche e rappresenta una priorità assoluta per la conservazione della biodiversità in Italia. È un grande corridoio ecologico che unisce le Alpi agli Appennini e poi al mare, ma che allo stesso tempo è anche un polo economico cruciale, contribuendo con oltre il 40% del PIL nazionale e ospitando alcune delle aziende più significative del Paese. Dimostrare qui che il miglioramento della qualità ecologica del territorio è fondamentale per garantire resilienza economica e competitività alle imprese, rappresenterebbe un caso di successo di livello internazionale”.