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Cosa lega la Festa di Tutti i Santi e la Commemorazione dei defunti

La fede della Chiesa lega insieme, con grande sapienza, la Festa solenne di Tutti i Santi e la Commemorazione liturgica dei defunti: siamo invitati a contemplare il volto dei Testimoni del vangelo (ā€œper trovare riposo nei loro discorsiā€, come recita una bella antifona, e per imparare da loro la via della vita); ma anche ricordiamo con gratitudine i nostri morti, ed eleviamo per loro la preghiera del suffragio.

Ma il nostro ĆØ il tempo della guerra e del disprezzo: da una parte, si bombarda, si uccide e ci si vanta di avere eliminato il nemico; dallā€™altra, si promette vendetta e si prefigurano, follemente, nuovi olocausti. Chi crede nel Dio della vita, ĆØ allora chiamato (proprio in questo tempo terribile!) a pregare per tutte le Vittime, e a operare la pace, lƬ dove si trova a vivere.

Occorre perĆ² anche – cosƬ almeno credo – avere il coraggio di riconoscere e pensare la morte, nella sua realtĆ  dura e concreta. PerchĆØ non cā€™ĆØ solo la guerra, ma anche laĀ  banalitĆ  del male quotidiano. Sta infatti prevalendo una sorta di patologica leggerezza, come se la morte non fosse reale e irreversibile, ma soltanto virtuale; come la vita fosse un videogiochi, e si potesse tornare indietro, cliccando sulla tastiera del PC. Come quel ragazzo di 17 anni, che – stando ai giornali – avrebbe giustificato il suo crimine dicendo che voleva ā€œvedere cosa si prova ad uccidereā€. In questo come in altri casi drammaticamente simili, ā€œsembra palesarsi lā€™assoluta assenza di senso di colpa… Non cā€™ĆØ alcun brivido della trasgressione, perchĆ©, in fondo, la Legge non esiste, ĆØ evaporata, non ha alcuna consistenza. Il giorno dopo del passaggio allā€™atto criminale non cā€™ĆØ il drammatico tormento morale dellā€™uomo dovstojeskiano, ma lā€™organizzazione di una vacanza, il ritorno ai propri affari quotidiani in un giorno come tutti gli altriā€ (Recalcati).

Pensare la morte come parte della vita. Questo mi sembra essere oggi lā€™impegno fondamentale per chi crede nel Risorto. La morte come Pasqua, come incontro con lā€™Amato. Incontro che la Chiesa ĆØ chiamata ad annunciare, per offrire una luce a chi vive e anche a chi muore. Incontro drammatico, perchĆ© passa attraverso una perdita reale che gonfia il cuore.

Ma nella fede, impari da San Francesco a chiamare la morte col nome di sorella, perchĆ© solo cosƬ la puoi addomesticare… E matura in te la speranza di non morire (come titola un bel libro di Luigi Accattoli). E impari dal Cristo, lā€™uomo che cammina, che sale con decisione verso Gerusalemme (cfr. Lc 9,51): ā€œsi direbbe -ha scritto di Lui Christian Bobin- che ciĆ² che lo tormenta ĆØ nulla rispetto a ciĆ² che egli speraā€…

Pensieri strani, forse confusi, in questo due novembre. Pensieri, perĆ², che forse danno pace, e anche responsabilizzano, perchĆ© ci chiedono di dire a voce alta che la morte non ĆØ la fine, ma si apre ad una pienezza; e lo spieghi, magari senza parole, accompagnando i bambini al cimitero, a pregare sulla tomba del nonno…

Mi fanno spesso compagnia, e mi aiutano a capire il 2 novembre, le parole di Bonhoeffer, scritte pochi mesi prima del suo martirio: ā€œForti e una volta attive, ecco ora le tue mani legate; impotente e solitario tu vedi la fine dei tuoi atti. Eppure tu respiri, e deponi ciĆ² che ĆØ giusto in mani piĆ¹ forti, e ti riposiā€. PerchĆØ il Risorto attende il cammino di ciascuno, e lo abbraccia.

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