L’ultimo rapporto Istat concernente la cosiddetta “economia non osservata” ha rilevato che, oltre il 12 % degli occupati regolari, ovvero tre milioni di persone, lavorano in nero. In particolare, tra i cosiddetti “Neet”, ovvero i giovani tra i 15 e i 29 anni, non inseriti in percorsi formativi o professionali, si stima che, il 74,8% di loro, abbia svolto lavori in nero in nero nell’ultimo periodo, toccando picchi che, nelle aree urbane, arrivano all’88,9%, traducendosi in un arretramento dei diritti e in una perenne precarietà.
L’impegno dei Giovani delle Acli
Questi dati molto preoccupanti hanno fatto sì che, diverse organizzazioni, hanno posto in essere delle azioni per sensibilizzare in merito alla portata di questo problema e alla necessità di usufruire e non rinunciare ha dei diritti fondamentali, come quello al lavoro che, in Italia, è scolpito nel primo articolo della Costituzione. Una di queste, è rappresentata dai Giovani delle Acli i quali, con lo spirito proprio del cristianesimo sociale, hanno dato avvio a una campagna per sensibilizzare sulle problematiche legate al lavoro nero e alla mancanza di diritti adesso correlata, significativamente intitolata “Poi vediamo. Stop al lavoro nero”. Interris.it, in merito a questa esperienza, ha intervistato Simone Romagnoli, segretario nazionale dei Giovani delle Acli.
L’intervista
Romagnoli, come si sta connotando l’impegno dei Giovani delle Acli nel contrasto al lavoro nero?
“L’impegno dei Giovani delle Acli per il contrasto al lavoro nero si sta connotando con un’iniziativa che abbiamo lanciato poche settimane fa, significativamente intitolata ‘Poi vediamo. Stop al lavoro nero’. Quest’ultima ha un duplice obiettivo: il primo è quello di raccogliere le testimonianze dei giovani che, nella loro vita, si sentono dire i ‘poi vediamo’ nel mondo del lavoro, quando chiedono più diritti o un salario adeguato. Oltre a ciò, vogliamo dare loro degli strumenti affinché possano sapere di più in riguardo ai loro diritti. Stiamo facendo tutto ciò attraverso un ‘Bot Telegram’ in cui, da un lato, raccogliamo delle testimonianze e, dall’altra, i giovani, possono lasciare i loro recapiti per essere ricontattati e ricevere risposte sui diritti dei lavoratori.”
Che obiettivo vi ponete?
“Nella prima settimana, dopo il lancio del video della campagna sui social, abbiamo raccolto più di 500 testimonianze e vogliamo raccoglierne sempre di più, con l’intento di denunciare alla politica e al Paese questo grave problema della nostra società del quale, tutti sanno, ma nessuno vuole parlarne davvero. Un giovane che non viene assunto con un contratto non potrà avere diritti, malattia, sussidi nonché contributi e, conseguentemente, non potrà aiutare il Paese a crescere. Crediamo davvero che, questa campagna, possa rivoluzionare la visione attuale del mondo giovanile, focalizzando l’attenzione della cittadinanza su questo tema che, per noi, è centrale.”
Papa Francesco, nel corso del suo pontificato, ha richiamato più volte il concetto fondamentale di dignità del lavoro. Quali sono i vostri auspici per il futuro su questo tema?
“Papa Francesco, più volte, ci ha ricordato che, il lavoro, deve essere sinonimo di dignità e speranza. Guardando al futuro quindi, auspichiamo che, i giovani, possano essere assunti con dei contratti regolari, mettendo al centro la dignità delle persone e del lavoro a 360 gradi, contrastando i fenomeni come il lavoro povero e dando loro un’opportunità.”