Stop al caporalato: “Vincere la rassegnazione e stimolare il cambiamento”

Il giornalista e scrittore foggiano Luca Maria Pernice richiama l’attenzione, sia attra­verso il suo lavoro sia attraverso la sua attività di volontariato, su eventi o fenomeni pro­blematici del territorio in cui vive

Caporalato
Foto di Priscilla Du Preez 🇨🇦 su Unsplash

Sos caporalato. Due settimane fa il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge che introduce “disposizioni urgenti in materia di tutela e assistenza alle vittime di caporalato“. Il provvedimento, nella sua prima parte, integra la disciplina dell’ingresso in Italia per motivi di lavoro. Da un monitoraggio effettuato dalla Presidenza del Consiglio sono emerse irregolarità nell’applicazione dei meccanismi di ingresso. Il governo, quindi, è intervenuto con urgenza “al fine di semplificare e accelerare le procedure, rendendole nel contempo più sicure”. E’ stata introdotta, inoltre, la possibilità per i lavoratori stagionali di “stipulare, nel periodo di validità del nulla osta al lavoro, un nuovo contratto con lo stesso o con altro datore entro 60 giorni dalla scadenza del precedente contratto”. Tra le novità, il decreto-legge riconosce il permesso di soggiorno per casi speciali in favore delle “vittime di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro di cui al nuovo articolo 18-ter del Testo unico dell’immigrazione“, alle quali è esteso l’ambito applicativo del programma unico di emersione, assistenza, integrazione sociale. Il permesso di soggiorno per casi speciali viene rilasciato al “lavoratore straniero vittima di violenza, abuso o sfruttamento del lavoro”. Alla scadenza, qualora lo straniero sia iscritto a un regolare corso, può essere convertito in “permesso di soggiorno per motivi di lavoro al di fuori delle quote. O in permesso di soggiorno per motivi di studio“.

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CREDIT: SAVERIO DE GIGLIO

Sos caporalato

A lanciare l’allarme caporalato è stato anche papa Francesco. Sullo sfruttamento nella filiera agroalimentare e l’emarginazione dei braccianti immigrati, il Pontefice ha scritto una lettera ai lavoratori del comparto agricolo. Richiamando l’attenzione “sulla dolorosa situazione dei braccianti provenienti da vari Paesi, che si vedono relegati ai margini della società e patiscono condizioni di sfruttamento inaccettabili”. Nel messaggio si esprime “condivisione” rispetto alla necessità espresse dai sindacati di regolarizzare le attività sommerse. Secondo Jorge Mario Bergoglio “occorre venire incontro a quanti, privati di dignità, avvertono in modo più acuto le conseguenze di un’integrazione non realizzata”. È dunque auspicabile che “le loro situazioni escano dal sommerso e vengano regolarizzate, affinché siano riconosciuti ad ogni lavoratore diritti e doveri, sia contrastata l’illegalità e siano prevenute la piaga del caporalato e l’insorgere di conflitti tra persone disagiate”. Lo scrittore foggiano Luca Maria Pernice, sia attra­verso il suo lavoro sia attraverso la sua attività di volontariato, documenta eventi e fenomeni pro­blematici del territorio in cui vive. Convinto che solo attraverso la conoscenza e la cultura sia possibile costruire una società più giusta e responsabile. Allo stesso modo cerca di va­lorizzare le cose belle e positive che ci sono.

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Foto © Samantha Zucchi/Insidefoto/Image

Nel ghetto

“Anche se a volte possono sembrare piccole e irrilevanti, hanno la capacità di vincere la rassegnazione e stimolare il cambiamento”, spiega l’autore del volume Schiavi d’Italia. L’autore è entrato nel ghetto pugliese di Borgo Mezzanone, tra Foggia e Manfredonia, in cui vivono circa duemila braccianti, soprattutto nordafricani. In questo luogo off limits, ha visto le disastrose condizioni di vita nella baraccopoli e ha parlato con alcuni migranti. Tante le storie che si sono incrociate, tanti i racconti e i ricordi. I Paesi di origine, la disumana povertà e le guerre. Il duro lavoro nei campi, spesso fatto di dodici ore al giorno, per pochi euro l’ora. I molti sogni infranti. Storie di donne e uomini, schiavi del XXI secolo, vittime del traffico di esseri umani, di meccanismi di oppressione ed emarginazione, del sistema del caporalato che calpesta i loro diritti. Una piaga sociale che riguarda l’Italia intera. Quasi la metà dei lavoratori irregolari, più di un’azienda su due non a norma: è il quadro choc emerso dai controlli congiunti effettuati nel settore agricolo da Inps, carabinieri e Ispettorato del lavoro nelle province di Mantova, Modena, Latina, Caserta e Foggia, tutti territori ad alta densità di braccianti. “Sono dati impietosi e confermano alcune situazioni da Far West nelle aziende agricole che denunciamo da anni- afferma il segretario generale della Fai-Cisl nazionale, Onofrio Rota-. Bisogna intervenire a livello nazionale per affermare il lavoro dignitoso e la legalità di un made in Italy agroalimentare che sia pulito, equo, frutto di filiere tracciate e trasparenti“. E aggiunge: “Dobbiamo partire da una concreta emersione dei tanti lavoratori immigrati che, pur lavorando da anni in Italia, si sono ritrovati in posizioni di irregolarità. Ma anche agire con un cronoprogramma, come chiesto al governo, per fare cose con tempi certi“.

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Foto di MAMADOU TRAORE da Pixabay

Dignità e diritti

Scrive don Ciotti nella prefazione del reportage: “Diciamolo chiaramente: situazioni come quelle descritte in questo libro sono possibili perché, a più di settantacinque anni dalla Dichiarazione universale dei diritti umani, ci sono ancora vite che valgono meno di altre. Ci sono ancora persone considerate meno umane di noi. Questo si chiama razzismo. Un male che ci illudevamo di esserci lasciati alle spalle dopo i drammi del colonialismo, dello schiavismo e della Shoah. E che invece tuttora serpeggia nella nostra società”. Ma in queste pagine non c’è solo dolore. C’è anche la loro speranza di libertà: liberi dallo sfruttamento, libe­ri di vivere con dignità. Una speranza che può avanzare anche grazie al con­tributo della società civile e alla presa di coscienza di ogni singolo cittadino. “Sono grato a Luca Pernice – aggiunge don Luigi Ciotti – per questo racconto così puntuale e sofferto. Perché prendendoci per ma­no ci accompagna là dove non avremmo mai voluto entrare, ci mette in dialogo con coloro che pensa­vamo di non poter mai ascoltare. E ci restituisce gli uomini, le donne che abitano nel ghetto di Borgo Mezzanone, intatti nella loro umanità, più che mai credibili nella loro richiesta di dignità e diritti”.