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“Assume that I can”: campagna sulla sindrome di Down

Stereotipi, preconcetti, basse aspettative hanno un impatto significativo sulla vita delle persone con disabilità intellettiva in tutti gli aspetti della loro esistenza

“In questa Giornata Nazionale vogliamo portare agli italiani attraverso la voce e le testimonianze di giovanissimi e adulti, ragazze e ragazzi con sindrome di Down – spiega Martina Fuga, presidente di CoorDown . Uno sguardo nuovo sulla disabilità intellettiva. Una call to action davvero per tutti e tutte, perché ognuno può fare la sua parte. Non chiediamo più solamente di supportarci, ma di fare un passo in più e riconoscere i propri pregiudizi e i luoghi comuni radicati dentro di noi, spesso inconsapevoli, e cambiare la prospettiva. Dare fiducia, alzare le aspettative e offrire opportunità concrete di cambiamento alle persone con sindrome di Down in ogni ambito della vita significa aprire nuove strade. Creare possibilità e ribaltare gli stereotipi. Significa rispondere alle loro esigenze e desideri e sostenerli affinché si realizzino pienamente nelle loro vite”.

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Foto: CoorDown

Stop ai preconcetti

Sindrome di Down, “basta stereotipi e basse aspettative”, dunque. CoorDown ODV comunica che “la campagna di sensibilizzazione è nata dall’ascolto delle persone che rappresentiamo. A 15 anni dalla ratifica della convenzione Onu, i loro racconti e i loro vissuti, ci evidenziano quanti pregiudizi e preconcetti limitino e, talvolta, impediscano alle persone con sindrome di Down di affermarsi. E di raggiungere i propri sogni. Cambiare lo sguardo con cui ci si approccia alla disabilità è la sfida che lanciamo”. Si tratta di “Una nuova tappa che racchiude in sé il lungo percorso fatto in 12 anni di impegno per la promozione dei diritti delle persone con sindrome di Down attraverso le campagne globali”. Proseguono gli ideatori dell’iniziativa: “La ‘call to action’ è un messaggio di attivazione che punta a coinvolgere l’intera società, non solo la nostra comunità. Perché la disabilità riguarda davvero tutti. E tutti devono poter agire per cambiare la cultura che determina la discriminazione. Con ‘Assume that I can” mostriamo come ciascuno di noi può contribuire all’inclusione. Ascoltando e guardando senza filtri distorti le persone con sindrome di Down, le loro esigenze e desideri. Solo così possiamo abbattere i muri che ancora limitano le vite delle persone con disabilità intellettiva”.

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Foto di Tim Marshall su Unsplash

Assume that I can

Una giovane donna con sindrome di Down sfida le basse aspettative che gli altri hanno su di lei e propone un ribaltamento di prospettiva. A scuola, al lavoro, in famiglia e nella vita sociale. Una vicenda raccontata nella campagna “Assume that I can“. Spiegano i promotori dell’iniziativa solidale: “Chiediamo alle community online di denunciare con videostorie quali stereotipi hanno condizionato le loro vite”. CoorDown è il coordinamento nazionale delle associazioni delle persone con sindrome di Down. Ed è impegnato a mettere fine ai pregiudizi e sostenere le concrete potenzialità di ogni persona con sindrome di Down. Stereotipi, preconcetti, basse aspettative hanno, infatti, un impatto significativo sulla vita delle persone con disabilità intellettiva in tutti gli aspetti della loro esistenza. Sono un confine, spesso invalicabile, che limita il campo d’azione e le opportunità a scuola, a lavoro, nello sport, nella vita sociale e nelle relazioni affettive. Marta Sodano, donna con sindrome di Down di 30 anni, è intervenuta alle Nazioni Unite per descrivere gli ostacoli incontrati nella sua esperienza scolastica. “Ho scoperto che in psicologia esiste un concetto, che in inglese si dice ‘self-fulfilling prophecy’. Cioè una profezia che si autoavvera– spiega Marta Sodano-. Perciò l’insegnante che pensa che lo studente non possa capire, si comporta di conseguenza. Non spiega e fa avverare la profezia. Ma per me non esistono concetti facili e difficili. C’è sempre il modo semplice per spiegare le cose. Se penso alle cose che non mi sono state spiegate e insegnante, questo mi fa arrabbiare”.

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Foto di Kelly Sikkema su Unsplash

Campagna Down

La self fulfilling prophecy (o “profezia autoavverante”) è un concetto sociologico e psicologico. Ne parla per la prima volta il sociologo statunitense Robert K. Merton nel 1948. E’ il fenomeno per il quale le supposizioni e le aspettative delle persone influenzano gli eventi in modo tale da far sì che la profezia iniziale diventi realtà. Non solo quindi azioni astratte senza conseguenze. Bensì un processo mentale che porta al concretizzarsi di una realtà che crea degli effetti tangibili nella vita e influenza le realtà sociali. È proprio da qui e dal racconto di Marta Sodano che nasce il film “Assume that I can”. La protagonista è una giovane donna con sindrome di Down. E sfida le basse aspettative che gli altri hanno su di lei e propone un ribaltamento di prospettiva. All’inizio chi ha intorno crede che non possa bere un cocktail, praticare boxe, studiare Shakespeare. Andare a vivere da sola, raggiungere obiettivi importanti. Poi a metà film la svolta. La protagonista invita con determinazione a pensare in modo nuovo. E ad usare in senso positivo la profezia autoavverante. Ossia “se credi in me, se mi dai fiducia, potrai avere un impatto positivo e allora, forse, potrò raggiungere obiettivi, anche inaspettati”.

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Foto di Kimberly Farmer su Unsplash

Fiducia

Se un insegnante crederà che il proprio studente possa imparare, lo metterà alla prova e troverà le strategie giuste per insegnargli la sua materia, probabilmente la imparerà. Se un genitore darà fiducia al proprio figlio e lo sosterrà nelle sue autonomie e conquiste, creando le condizioni perché possa sperimentarsi, allora forse il figlio riuscirà. Se un datore di lavoro o un collega crederà che un lavoratore con sindrome di Down possa svolgere una mansione anche complessa, gliela insegnerà, creerà il contesto giusto perché la impari e probabilmente quella persona la imparerà. Un cambiamento profondo di immaginario che va oltre la denuncia dei diritti negati, chiama all’azione ogni persona che voglia combattere attivamente per realizzare una vera inclusione per tutti.La campagna internazionale nasce in Italia con CoorDown, ma vede il contributo di diverse associazioni internazionali che in contemporanea lanciano il film a livello globale. I social media di @CoorDown si popolano delle testimonianze reali di persone con sindrome di Down e delle loro famiglie provenienti da ogni parte del mondo con gli esempi degli stereotipi che hanno dovuto affrontare e dei pregiudizi che hanno sovvertito. Ogni anno, CoorDown, insieme ai suoi partner creativi e produttivi, cerca di rivoluzionare il modo di percepire la disabilità. Con una campagna che possa sostenere un’idea creativa forte, capace di illuminare nuovi punti di vista sugli stereotipi e i pregiudizi che condizionano la vita delle persone con sindrome di Down e con disabilità intellettive in generale. Gli stereotipi sono dannosi.

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Foto: CoorDown

Giornata Down

Per le persone con sindrome di Down e disabilità intellettiva, gli stereotipi possono impedire loro di essere trattati come le altre persone. “Ci trattano come bambini, ci sottovalutano e ci escludono. A volte siamo trattati molto male o addirittura maltrattati”, raccontano persone reali come Andrew, giovane della Nuova Zelanda, che spiega cosa gli è accaduto “Lavoravo in una scuola elementare. Speravo di poter aiutare con le newsletter scolastiche dal computer dell’ufficio. Ho presentato il mio curriculum vitae alla receptionist per mostrarle cosa posso fare. Mi ha chiesto: ‘Chi ha fatto questo per te?’ Le ho detto che l’ho fatto da solo. Non credeva che avessi fatto il CV e non si è lasciata aiutare con le newsletter”. CoorDown lancia in occasione della Giornata Nazionale delle persone con sindrome di Down, la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi “Pensa che io possa, così forse io potrò” come racconta il film “Assume that I can’ prodotto dall’associazione. Dove la protagonista, dopo aver sperimentato amaramente quanto le sue possibilità sono sottostimate, invita il suo insegnante di letteratura, quello di boxe, la barman di un locale alla moda, fino ai propri genitori a pensare in modo nuovo. La campagna sarà al centro dell’appuntamento annuale promosso da CoorDown, che vedrà nel weekend del 13 ottobre in oltre 200 piazze d’Italia i volontari delle associazioni aderenti al coordinamento nazionale distribuire il messaggio di cioccolato (realizzato con cacao proveniente dal commercio equo e solidale) che sostiene progetti volti all’autonomia e alla vita indipendente delle persone con sindrome di Down in tutto il territorio nazionale. Grazie alle centinaia di volontari, persone con sindrome di Down di ogni età insieme a genitori, fratelli e sorelle e amici, saranno in prima linea negli eventi di piazza per incontrare i sostenitori, dare informazioni, raccontare come verranno utilizzati i fondi raccolti.

 

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