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“Netiquette”: origine del termine, significato e valore sociale

L’educazione nel mondo digitale non dovrebbe essere legata a decaloghi numerici di regole fisse, da memorizzare, bensì, a una profonda consapevolezza di valori padroneggiati

La “netiquette” consiste nell’insieme delle regole che, ogni “navigatore” del pianeta, deve sempre osservare nell’utilizzo del web, per evitare offese, incomprensioni e atteggiamenti fastidiosi. Il termine unisce l’inglese “network” (rete) e il francese “etiquette” (etichetta). Si tratta del galateo e della buona educazione applicata a tutto il mondo del web e del digitale, compresi i social e la messaggistica. Non sono presenti leggi specifiche a riguardo ma i principi da seguire sono quelli del buonsenso, della moderazione, del rispetto della persona e della sua privacy.

La mancanza di un codice non esclude l’applicazione della disciplina vigente per tipologie di reati specifici, commessi online, quali la pedofilia, il bullismo, la diffamazione. L’ingiuria, la minaccia, la discriminazione, l’inadempienza riguardo la privacy, la violazione del copyright e altri reati sono puniti, infatti, a livello normativo, ancor prima dell’inosservanza della netiquette. Internet è anche il regno delle fake news, per cui occorre puntare l’attenzione per evitare il proliferare del falso. Il buonsenso implica che, nel caso non si sia sicuri di una notizia, questa non debba essere pubblicata o comunicata.

La maleducazione si adegua al tipo di scambio comunicativo e trova applicazione anche nel web. In questo ambito, garantito da un certo anonimato, esente dal contatto diretto e visivo, il “leonismo da tastiera” emerge con più frequenza rispetto al mondo reale. Per i giovani, è fondamentale conoscere i primi rudimenti dell’informatica, le dinamiche dei videogame e dei social ma è altrettanto importante sapere come agire e scrivere senza offendere. Fra i compiti dei genitori, dei formatori e degli educatori, vi è anche questo.

La mancanza di etichetta, anche nei giovanissimi, può costituire la radice del cyberbullismo e delle sue nefaste conseguenze. Stigmatizzare, sin dall’inizio, alcuni atteggiamenti errati, quindi, è propizio per evitare ulteriori problematiche. Un’applicazione particolare si è avuta nell’esperienza di istruzione a distanza, soprattutto durante la pandemia. Accanto ai contenuti didattici, è stato necessario, infatti, precisare alcune norme di comportamento, per docenti, discenti e genitori: abbigliamento consono, rispetto degli orari, osservanza della privacy, attenzione ai ruoli.

Durante le videoconferenze e le riunioni virtuali, tipiche di questi ultimi anni, si sono proposte esigenze che, tra buonsenso ed educazione, dovrebbero essere imprescindibili. In tal caso, giova ricordare una corretta gestione della propria telecamera e del microfono, un atteggiamento consono, rispetto di ruoli e tempi di intervento. Per quanto riguarda la posta elettronica, è opportuno evitare il bombing (l’invio massiccio), usare correttamente la gestione degli indirizzi in termini di riservatezza, non classificare come prioritario o urgente ciò che non lo è e non abusare della conferma di lettura. Non sono gradite, mail ripetitive, ridondanti, di contenuti lunghi né spam e pubblicità varie. Nei forum, nei gruppi virtuali e nei social, la netiquette è legata all’attività dei moderatori/amministratori, con l’auspicio che esclusioni e ammonizioni siano dispensate in maniera equa. Nei social è augurabile un comportamento idoneo, peraltro motivato da una giungla di profili, alcuni falsi e volti a provocare. Non è gradito interloquire con contatti privi di fotografia.

Altra operazione non sempre apprezzata è il taggare o pubblicare fotografie e video senza chiedere il permesso all’interessato. I gruppi creati sulla piattaforma di WhatsApp, nascono con molta semplicità ed entusiasmo, per unire più persone ma, orfani di contatti fisici, spesso tendono all’autodistruzione, alla divisione, alla polemica e a dimenticare qualsiasi riferimento al bon ton. Rimangono, così, inattivi o si riducono, nel tempo, con abbandoni distribuiti.

Il 24 gennaio 2019, nel Messaggio per la 53ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Papa Francesco ha ricordato “È a tutti evidente come, nello scenario attuale, la social network community non sia automaticamente sinonimo di comunità. Nei casi migliori le community riescono a dare prova di coesione e solidarietà, ma spesso rimangono solo aggregati di individui che si riconoscono intorno a interessi o argomenti caratterizzati da legami deboli. Inoltre, nel social web troppe volte l’identità si fonda sulla contrapposizione nei confronti dell’altro, dell’estraneo al gruppo: ci si definisce a partire da ciò che divide piuttosto che da ciò che unisce, dando spazio al sospetto e allo sfogo di ogni tipo di pregiudizio (etnico, sessuale, religioso, e altri). Questa tendenza alimenta gruppi che escludono l’eterogeneità, che alimentano anche nell’ambiente digitale un individualismo sfrenato, finendo talvolta per fomentare spirali di odio”.

Fiorella Mandaglio, giurista, è l’autrice del volume “LegalQuette” (sottotitolo “Legalità & netiquette in rete”), pubblicato da “SBS Edizioni” nel settembre 2023. Parte dell’estratto recita “Dalla sensazione di mancanza di legalità all’interno del mondo cibernetico dove i naviganti si materializzano con un avatar variopinto ma spesso privo di empatia, unita a quel complesso di regole di comportamento molto divulgate ma poco applicate volte a favorire il reciproco rispetto tra gli utenti di internet, nasce ‘LegalQuette’. Legalità e Netiquette si uniscono per informare e diffondere l’educazione digitale”.

Lo scorso 6 agosto, “We are social” (agenzia che interpreta comportamenti sociali e decifra culture e sottoculture online), ha pubblicato, al link https://wearesocial.com/it/blog/2024/08/digital-2024-i-dati-di-luglio/, molti dati interessanti, a livello mondiale, relativi alle tendenze dell’ultimo trimestre. Fra questi, si legge “5,68 miliardi di individui unici utilizzavano i telefoni cellulari alla fine di giugno 2024, il che significa che il 70% della popolazione mondiale ora si qualifica come utente mobile. Le dimensioni di questo gruppo continuano a crescere, con il totale globale in aumento di 126 milioni (+2,6%) rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. […] Le persone trascorrono infatti circa il 57% della loro ‘vita connessa’ utilizzando uno smartphone o un feature phone, rispetto al 43% che trascorrono utilizzando laptop, desktop e tablet. […] I tool delle piattaforme indicano che le pubblicità di TikTok ora raggiungono 1,604 miliardi di adulti di età pari o superiore a 18 anni, mentre le pubblicità di Instagram raggiungono 1,601 miliardi di utenti nella stessa coorte. […] Chatgpt.com ha attirato oltre 300 milioni di visitatori unici mensili a giugno 2024, con un aumento di quasi il 5% rispetto a maggio 2024”.

La dinamica dei rapporti fisici pone un’alternanza di stimoli e risposte in cui è più agevole percepire se una parola o un gesto siano apprezzati o, al contrario, non graditi. I meccanismi del web, spesso originano risposte immediate e chiare, a volte, invece, creano disguidi. La caratteristica della comunicazione digitale induce, facilmente, a malintesi. La scelta di un’emoticon, a esempio, può creare fraintendimenti; l’uso eccessivo risulterebbe fastidioso, quello minimo configurerebbe un rapporto freddo. Non essendoci reazioni visive, di prossemica, gestuali ed emotive come nella comunicazione reale, in quella virtuale un concetto (spesso scritto in fretta) può risultare frainteso. In tal caso, le relazioni sentimentali, amicali e lavorative, sono aggrappate a un filo; per evitare pericolosi fraintendimenti, è necessario un approfondimento.

In ogni caso, al di là delle corrette regole di applicazione, è necessario un profondo e corretto discernimento: la vita virtuale dovrebbe essere un proseguimento di quella reale, improntata alla socializzazione, alla condivisione, non alla divisione e all’offesa. Condotte ostili e offensive sono divisive e, isolando, generano solitudine in chi li pone in essere e in chi li riceve.

Il web stesso è ricco sull’argomento bon ton, puntando a richiamare l’attenzione sulle regole. I decaloghi sono molteplici, alcuni più brevi, altri più estesi, tutti, in ogni caso, fortemente legati all’aspetto numerico dell’elenco presentato (5, 10, 15, 20 regole). In ogni caso, accanto a queste importanti liste, da manuale, quasi mnemoniche, è necessario comprendere le basi e i concetti, cercando di giungere a possedere e padroneggiare la regola prima di averla letta.

Il principio è quello dell’esame di coscienza: interrogarsi sempre se un dato termine o una modalità d’azione siano giuste, dovute, utili, attuate nel rispetto altrui e non lesive. Occorre sempre ricordarsi che il mezzo che si usa, soprattutto nelle conversazioni plurime, può deflagrare in situazioni molto gravi. I commenti sul web, a post, fotografie, video, riflessioni, giungono sistematicamente all’offesa (le flame war), anche su aspetti decisamente secondari. La netiquette dovrebbe ridurre, se ricordata e assimilata, tale incitamento all’odio.

L’utilizzo di un linguaggio adeguato, attraverso un registro maturo, rispettoso dell’opinione altrui, evitando spiacevoli cadute di gusto con espressioni volgari, appare ovvio ma rappresenta, tuttavia, una criticità molto diffusa e inutile, anzi, diviene fonte di rabbia, rancore e vendetta.

Dietro a un tasto e a uno schermo, vi è una persona, in carne e ossa, c’è un “altro” che, da parole e gesti, può rivelarsi ferito o felice. Chi usa il mezzo, deve possedere la capacità di essere “rete” in tutti i sensi del termine: di relazione, affettivo ed espressivo. Un decalogo di regole può costituire uno strumento di appoggio e riferimento ma, di fondo, è necessario l’approccio interiore e spirituale: questo scrive le regole destinate al “prossimo digitale”.

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