Giornata della Gioventù: le riflessioni da fare

Foto di manseok Kim da Pixabay

Per la “Giornata Internazionale della Gioventù”, che una risoluzione dell’ONU del 1998 ha stabilito il 12 agosto di ogni anno, il tema per la riflessione del 2024 è “Dai Click ai Progressi: Percorsi Digitali Giovanili per lo Sviluppo Sostenibile”. Si intrecciano più piani, cioè quello della cittadinanza digitale, dell’educazione all’uso dei social, del coinvolgimento dei giovani per un vero cambiamento della società senza lasciare indietro nessuno e guardando al futuro. L’impressione è che ogni 12 agosto si accenda una piccola luce sui giovani, ma che – come ogni “giornata internazionale di qualcosa” – finisca entro le ventiquattrore. Approfittiamo invece di questa ricorrenza per cominciare a chiederci cosa cercano e di cosa hanno bisogno le generazioni Y e Z al di là degli slogan e senza la pretesa di avere soluzioni immediate.

Nell’impossibilità in poche righe di dare un quadro completo di una realtà vasta e non omogenea, soffermiamoci su quanto ascoltiamo e vediamo in questo periodo. Del resto in quale altro modo da adulti potremmo comprendere la loro ricerca e i loro bisogni se non ascoltando e osservando? Visto che spesso questa attenzione, soprattutto se superficiale e con pregiudizi, porta a puntare il dito contro le nuove generazioni in modo generale, proviamo ad illuminarle alla luce dell’attualità. Pensiamo alle Olimpiadi e agli atleti, per la maggior parte giovani: vittoriosi o sconfitti la loro è una vita di impegno, di sacrificio, di fatica, di costanza, di sogni, di condivisione, di senso della patria. Come loro quanti altri ve ne sono, rimasti a casa perché non qualificati, tuttavia pur sempre con le stesse caratteristiche positive.

Pensiamo agli animatori e agli educatori delle attività estive di parrocchie, oratori, associazioni, ragazze e ragazzi che si spendono gratuitamente nei mesi estivi per i più piccoli e al tempo stesso per le famiglie di questi. Pensiamo agli stessi attivi in ambito non cattolico, comunque impegnati d’estate in servizi per i più bisognosi, per la salvaguardia del creato, per i minori in difficoltà, per gli anziani, per la legalità. Pensiamo a quanti tra questi vivono i campi estivi per formarsi su diverse tematiche, fanno pellegrinaggi e cammini, ritiri ed esercizi spirituali. Pensiamo a chi ha scelto durante questa stagione di lavorare o a chi è costretto a farlo per pagarsi gli studi, per sostenere la famiglia, per acquisire autonomia economica. Pensiamo a chi sceglie solo un breve periodo di vacanza per averne di più da dedicare allo studio universitario, per i test di ammissione, per un concorso.

Pensiamo a quanti di loro nel mondo lottano per la pace, per la libertà, per i diritti civili; a quanti lasciano tutto, migrano, per avere la possibilità di un futuro e provare a darlo alle proprie famiglie. Pensiamo a chi si gode le vacanze estive, perché ha dato tutti gli esami o ha lavorato con senso del dovere in attesa del riposo meritato. Se li sommiamo, i numeri sono molto significativi, ma ancor di più le loro storie hanno tanto da dirci. Certo, poi, ci sono i giovani che vagano senza meta, quelli che scambiano il giorno con la notte, che si sballano, che delinquono, che corrono in strada, quelli con la testa sempre bassa sullo smartphone, quelli che – alla prima notizia negativa con loro protagonisti– ci portano a fare di tutta l’erba un fascio, dimenticandoci le belle e numerose storie dei primi a causa di pochi. Eppure, persino questi pochi, le “pecore nere” vanno osservati e ascoltati, visto che indirizzano male la propria ricerca e confondono bisogni veri con i falsi. Il quadro è davvero variegato e i piani – capita – che si sovrappongano a volte, si confondano e ci confondano quando “le brave ragazze” e “i bravi ragazzi” falliscono o deludono le nostre aspettative. In queste situazioni non dimentichiamoci mai della loro responsabilità nel bene e nel male, senza la quale non si cresce mai veramente, ma anche del nostro essere adulti presenti e consapevoli.