Torti arbitrali, l’Italia alza la voce. Malagò: “Ora basta”

Il presidente del Coni a muso duro dopo lo scippo d’oro ai danni di Macchi

Foto Image. Nella foto: Giovanni Malagò

Ottavo posto nel medagliere olimpico dopo tre giornate di gara con due ori, tre d’argento e tre di bronzo. Eppure, i conti non tornano. Ce ne mancano due nel Judo, una, clamorosa, nel fioretto femminile, con la Errigo bocciata per una stoccata valida ma non giudicata altrettanto dai giudici di gara. Per non parlare del torto subito nel pugilato e, ultimo, nel fioretto maschile. E’ una Italia scippata con l’ultimo episodio, quello di Macchi, che grida vendetta, al pari di quello che lo ha preceduto. La federscherma è furiosa con gli arbitri, che prima hanno chiesto il “nullo” su una doppia stoccata (valida) di Macchi sul 14 pari che avrebbero sancito l’oro per l’azzurro, per poi dare valida l’ultima stoccata dell’atleta di Hong Kong con Macchi che però aveva colpito prima. Rimane la gioia per un argento importante, ma anche la rabbia per un oro sfumato per una decisione controversa della direzione arbitrale.

La protesta di Malagò al Cio

La federscherma ha presentato ricorso al Cio, lo stesso Giovanni Malagò ha alzato la voce perché l’episodio arriva a ridosso degli errori ai danni di judo, scherma e pugilato. “Abbiamo fatto una protesta formale perché c’è un errore di fondo che mina la credibilità di questo sport. C’erano due giudici, uno di Taipei, l’altro coreano con in campo un atleta italiano e l’altro di Hong Kong. Non si prendono due giudici asiatici. Le polemiche trovano fondamento per quanto avvenuto in campo, senza fare le vittime. Ho fatto una formale protesta, sono dispiaciuto, ma siamo anche stanchi di queste cose”. Parole che arrivano dopo i tanti errori in altre discipline sempre contro gli azzurri. “Ripeto, non vogliamo fare le vittime, ma dobbiamo mettere la gente nelle condizioni di non pensare male. E ho detto tutto”.

Una lunga scia di torti arbitrali

Si dice che due indizi fanno una prova, figuriamoci quattro o cinque. Tutto è cominciato con i casi Mouhidine, Giuffrida ed Errigo, continuate con Lombardi e, per ora speriamo, chiuse con Macchi. La reazione di Malagò è forte, in quanto quale capo dello sport italiano, ha il dovere di tutelare i suoi ragazzi, atleti che per quattro anni sognano i Giochi per poi essere messi alla porta da errori che nell’era della tecnologia, non dovrebbero esistere. E quando a decidere è il giudice (essere umano), l’errore raddoppia perché pesa solo da una parte. Speriamo che i torti siano finiti e che da oggi stesso, si cominci a parlare solo di atleti e gioie, non di lacrime di rabbia, perché Parigi è stata preparata in quattro anni, e non può essere gettata nella Senna per colpe altrui.