Ogni innovazione tecnologica porta sempre con sé nuove opportunità ma anche qualche problema, perché uno strumento in sé ha sempre questa doppia inclinazione al bene o al male. Dipende sempre da come le vogliamo utilizzare: per migliorare le nostre vite con un giusto equilibrio e un corretto impiego, le opportunità potranno sicuramente avere la meglio sui rischi.
Prende spunto da queste considerazioni la riflessione di Giovanni Tridente, docente presso la Pontificia Università della Santa Croce e autore del libro “Anima digitale. La Chiesa alla prova dell’Intelligenza” (Tau editrice).
“La Chiesa si sta interessando di questo ambito perché la riflessione etica e antropologica accompagna tutta la riflessione ecclesiale sia in ambito teologico, filosofico, sia in quello del magistero”, spiega lo studioso. “San Giovanni Paolo II ha affrontato l’Intelligenza Artificiale nell’utilizzo dell’industria pesante, la sostituzione della prima mano d’opera con dei robot: al centro il desiderio di salvaguardare la centralità dell’uomo e salvare le professionalità. Papa Benedetto XVI ha parlato della libertà umana e dell’applicazione etica. Con Papa Francesco è esploso il tema con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, con la necessità di rimettere al centro l’uomo con la responsabilità di aziende, sviluppatori, utenti finali. Le macchine così potenti non devono rischiare di danneggiare la vita delle persone”, illustra.
La consapevolezza degli utenti cattolici
Oggi si parla tanto di intelligenza artificiale. E sono in tanti ad utilizzarli magari anche senza esserne consapevoli. Un tema molto attuale che è stato affrontato anche nella recente Settimana Sociale dei Cattolici italiani che si è svolta a Trieste. “L’ambito della consapevolezza è una delle sfide che abbiamo. Lo sviluppo avviene in maniera accelerato, ma prendere coscienza di una responsabilità individuale da non attribuire alle macchine. Lo strumento non è responsabile e non ha un’etica”, prosegue il professore. “La sfida è attuare un interesse conoscitivo verso questi strumenti, comprendere dove li usiamo e dove possiamo farlo meglio. Bisogna sfruttare la creatività umana, applicare queste rivoluzioni complesse nella vita di tutti i giorni, dall’educazione, al lavoro, alla formazione, ai modelli culturali e professionali. Il sottofondo di questa consapevolezza deve riguardare sempre la responsabilità. Le conseguenze dipenderanno sempre dalle nostre scelte“, continua Tridente.
Anima digitale senza dimenticare la relazione
Il titolo “Anima Digitale” è sicuramente una provocazione. Rischiamo in futuro di avere omelie e riflessioni affidate a un algoritmo? Sono stati fatti anche dei test affidando a una macchina l’omelia tratta dalla liturgia domenicale. “La domanda di fondo è: il digitale può avere un’anima o l’uomo deve immettere questo spirito umano nella tecnologia? E’ lo spirito di fondo che deve accompagnare tutto il nostro sviluppo” – risponde l’autore – “le macchine imitano il comportamento umano, ma sono strumenti. Bisogna riporre l’attenzione e fare sempre meglio ciò che ci rende umani. Le macchine devono incrementare queste nostre abilità come una sorta di estensione. Non dobbiamo delegare troppo, ma facciamo in modo di ampliare il nostro sguardo che parte dalla nostra interiorità. Non dobbiamo mai smettere di farci domande, quelle domande a cui si cercherà di dare una risposta”.