“L’intelligenza artificiale potrebbe sostituire, nei prossimi anni, circa 85 milioni di posti di lavoro creandone, tuttavia, 97 milioni di nuovi”: così Pasquale Stanzione, presidente del Garante per la protezione dei dati personali (Gpdp), aprendo la sua relazione al Parlamento sull’attività svolta dall’Autorità nel 2023. “L’Europa – ha aggiunto – ha degli strumenti per difendersi e parte avvantaggiata, essendo la prima ad aver lanciato iniziative contro la deregulation come l’Ai Act.
Stanzione: “Con l’IA più lavoro ma occhio a diseguaglianze”
“Si ritiene che l’intelligenza artificiale potrebbe sostituire, nei prossimi anni, circa 85 milioni di posti di lavoro creandone, tuttavia, 97 milioni di nuovi, sebbene con un rischio di nuove, ulteriori diseguaglianze”. E’ l’avvertimento che lancia il presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Pasquale Stanzione, aprendo la sua relazione al Parlamento sull’attività svolta dall’Autorità nel 2023 dove sottolinea: “non si tratta, del resto, di un rischio così peregrino, se si considerano le profonde diseguaglianze che, anche sul terreno del lavoro, il capitalismo digitale ha prodotto, rispetto ai lavoratori ‘invisibili’ della gig economy”.
“Armi autonome possono divenire la nuova atomica”
“Si ritiene, non a torto, che le armi autonome possano rappresentare la nuova bomba atomica, per gli effetti dirompenti e l’assenza di regole che ne potranno caratterizzare l’utilizzo, tanto da qualificare quello attuale come un nuovo ‘momento Oppenheimer’ “. E’ il monito che lancia il presidente Stanzione, nella relazione al Parlamento sull’attività svolta nel 2023. Le guerre in atto offrono all’IA “un drammatico terreno di sperimentazione” e rischiano di “amplificare senza limiti la capacità offensiva dei conflitti, sottraendo all’uomo il controllo della violenza” afferma.
“Con Ai Act l’Europa prima contro la deregulation”
“L’Ai Act rappresenta, assieme a ciò che fu il Gdpr otto anni fa, il tentativo più avanzato dell’Europa di delineare una strategia antropocentrica di governo della tecnica. Nel promuovere un’innovazione sostenibile sotto il profilo delle garanzie giuridiche, dell’equità sociale, della dignità personale, l’Europa ha, infatti, investito sul terreno del digitale la propria identità come Comunità di diritto, marcando la propria specificità tanto rispetto alla deregulation o alla settorialità dell’approccio americano, quanto rispetto all’autoritarismo sino-coreano”. Quella dell’Unione europea è stata “la prima disciplina al mondo, di taglio organico e non settoriale, dell’intelligenza artificiale, segnando una primazia che non è, affatto, soltanto cronologica ma è, soprattutto, assiologica”.
“Il 65% ragazzi usa Chat Gpt per studiare”
“L’attenzione nei confronti delle neotecnologie esprime la consapevolezza dell’ormai piena integrazione dell’intelligenza artificiale nella nostra vita privata e pubblica” tanto che, ad esempio, “circa il 65% dei ragazzi utilizza oggi l’intelligenza artificiale per svolgere i compiti; due studenti su tre avrebbero preparato l’esame di maturità ricorrendo a Chat Gpt che peraltro, a quanto pare, non sarebbe riuscita a tradurre correttamente il Minosse, o Della legge, attribuito a Platone”. Lo ha detto il presidente del Garante per la protezione dei dati personali, Pasquale Stanzione, nella relazione al Parlamento.
Dilaga l’odio digitale
“La vicenda di Asia, la ragazza insultata in rete perché malata, così come quella, di pochi mesi precedente, della ristoratrice toltasi la vita per non aver retto alla ‘condanna’ dello spietato tribunale di internet, simboleggiano, drammaticamente, le aberrazioni cui può giungere l’odio digitale. Preoccupa l’uso offensivo del web, la diffusione anche tra i giovani di messaggi istigativi, discriminatori nei confronti, generalmente, di minoranze, delle donne o di chiunque sia percepito come ‘altro-da-noi’, con rivendicazioni identitarie in forma aggressiva”. Lo dice Stanzione che nella sua relazione al Parlamento sull’attività dell’autorità, si sofferma sulla “degenerazione” dell’uso del web come nel caso della “diffusione sui social di immagini di stupri commessi da ragazzi, in gruppo, su ragazze, sole. Le interrelazioni tra il web e la violenza sono, infatti, più profonde e ambivalenti di quanto una drammatica contabilità delle loro aberrazioni possa restituire”.
Il lato oscuro della rete
La rete mostra infatti, “accanto a innegabili, straordinarie, potenzialità di progresso anche sociale, sempre più un lato oscuro” finendo per trasformare internet non solo nel “teatro” della violenza ma anche, spesso, “un suo fattore propulsivo”. Si pensi, ricorda Stanzione, al revenge porn, “rispetto a cui l’indiscriminata pubblicità, lo shaming effect indotti dalla diffusione in rete di immagini intime rendono possibile una forma nuova e del tutto singolare di violenza, appunto digitale”.
Fonte: Ansa