Il nuovo welfare può nascere solo superando le diseguaglianze. Francesco Morace, sociologo e saggista, ha fondato Future Concept Lab. Ed è intervenuto alla tavola rotonda “Il futuro che vogliamo”, un’iniziativa per ripartire dalla crescita sostenibile, dai territori, dal lavoro e appunto dal welfare. Ad organizzarla è stata Manageritalia in occasione del sesto congresso della Federazione dei manager del terziario. “Il patto e l’equità sociale sono i temi che l’Italia deve in qualche modo affrontare con molta più decisione- afferma Morace-. La situazione, infatti, è seria perché la maternità e la paternità, non solo per problemi economici ma per progetti di vita. E si sono in qualche modo molto indeboliti”. Comunque , aggiunge il sociologo, “oggi i ragazzi oltre ad uscire molto più tardi da casa oltre che avere i problemi che sappiamo nell’acquisire uno status professionale hanno anche un progetto di vita che è diverso che non necessariamente è legato al matrimonio. Sappiamo che quel dato è crollato così come sono aumentati enormemente invece i divorzi e le separazioni. E non sono elementi su cui si può intervenire direttamente perché sono dinamiche che bisogna conoscere e comprenderne le cause“.
Welfare
“L’investimento nei giovani e l’impiego del lavoro femminile – spiega Morace- sono parti del nostro paese che vanno in qualche modo rafforzate, consolidate e amplificate. Perché sono utili in una visione di medio e lungo termine. Sono preoccupato non dall’intelligenza artificiale ma dalla stupidità umana che non comprende che dobbiamo in qualche modo attrezzarci. Inoltre fino a quando il tema dell’equità sociale non riuscirà ad allinearsi al tema della sostenibilità continueremo ad avere lo scontro epocale tra chi è preoccupato della fine del mondo e chi è preoccupato della fine del mese. I costi della transizione vanno ridistribuiti in modo diverso e ancora una volta c’è l’equità sociale quindi è il patto sociale che alla fine sarà la base un po’ di tutte le altre trasformazioni”. Veronica De Romanis è docente di European economics Luiss Guido Carli di Roma e Standford University di Firenze “Dentro l’Europa c’è molta eterogenità, e aggiungo, purtroppo, se noi vogliamo avere più Europa, dobbiamo diventare più simili – sostiene l’economista-. Il vero problema dell’Europa è la mancanza di fiducia, e questa mancanza di fiducia deriva proprio dal fatto che non siamo uguali. Quindi ci guardiamo in maniera un po’ sospetta e non ci fidiamo”. Prosegue la professoressa De Romanis: “La Bce è un acquirente meraviglioso, compra in maniera molto regolare, ha tassi di interesse bassi, ecco questo sta finendo. E qui arriviamo al secondo grande problema che è il debito pubblico, che non è solo un problema nostro. I due grandi, chiamiamoli così, malati di debito sono l’Italia e la Francia. La prossima settimana arriveranno le pagelle”.
Sanità
Aggiunge la professoressa De Romanis: “Il debito costa. Per dare un ordine di grandezza noi spendiamo le spese per interessi 85, entro due anni arriveremo a 100 miliardi. Per la formazione di cui si è parlato prima ne spendiamo 70. Per la sanità 130. Quindi questo fa capire quanto ci costa il debito pubblico. Tra l’altro è una spesa molto iniqua perché noi prendiamo risorse dalla collettività e poi il debito ci rende vulnerabili. Lo vediamo quando c’è una crisi il debito che riduce i margini d’azione. Le nuove regole ci chiedono di mettere al centro la spesa e bisognerà fare un programma di lungo termine, medio-lungo termine, una programmazione economica in cui si dice cosa si fa con questa spesa per i prossimi 5, 6, 7 anni. Questo vuol dire che non si potrà più dare tutto a tutti. E le due direttive principali da seguire sono la formazione e la demografia”.
Occupazione femminile
La demografia, evidenzia l’economista, “è importante perché crescita debole e debito che aumenta si tengono proprio sulla sfida demografica. C’è una soluzione, un’unica sola che si chiama occupazione femminile perché solo così si inverte la curva demografica. L’occupazione femminile non solo è un problema di qualità ma è anche un problema di qualità“. “Noi stiamo creando quello che io chiamo un esercito di pensionate povere, cioè di donne, che per fortuna vivranno più a lungo – sostiene De Romanis-. Ma siccome hanno fatto una carriera con lavori di bassa qualità a quello che si appartengono, non avranno la capacità di mantenersi. Quindi avranno bisogno di altre donne che si prenderanno cura di loro. Questo innesta un ciclo di azione. Dobbiamo bloccare questo ciclo e farlo diventare virtuoso con più occupazione femminile”
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