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Di Liddo: “Quali obiettivi del vertice sulla pace in Ucraina”

In occasione della Conferenza sulla pace in Ucraina organizzata in Svizzera, Interris.it ha intervistato il direttore del Centro studi internazionali (Ce.S.I.) Marco Di Liddo, analista esperto di Russia e Caucaso

I summit per la pace sono sempre utili, ma senza riporvi aspettative troppo elevate”. Così a Interris.it il direttore del Centro studi internazionali (Ce.S.I.) Marco Di Liddo, intervistato in occasione della Conferenza sulla pace in Ucraina che si svolge questo fine settimana, sabato 15 e domenica 16 giugno, a Lucerna, in Svizzera. Nella cornice di una località tra le montagne che affaccia sul lago elvetico, l’Ucraina sottoporrà ai partecipanti – 78 tra Paesi e organizzazioni secondo Radio Free Europe – alcuni dei dieci punti del piano di pace del presidente Volodymyr Zelensky, per ottenere il più largo sostegno internazionale. Tra gli assenti, oltre alla Federazione russa, anche la Cina e diversi Paesi del cosiddetto Sud Globale, come Brasile e Sud Africa.

Nel corso dell’intervista all’esperto di Russia e Caucaso del Ce.S.i., si è puntata la lente d’ingrandimento sui possibili risultati di questo vertice, sulla definizione di pace, che accompagna il dibattito sul conflitto da oltre due anni, e sul sostegno occidentale all’Ucraina.

Direttore, qual è la situazione sul terreno?

“E’ in stallo, non ci sarà una ‘cavalcata trionfale’ russa nei prossimi mesi. Dopo il fallimento della controffensiva ucraina, i russi hanno ripreso l’iniziativa lungo tutto il fronte, ma con limitate acquisizioni territoriali, nell’ordine delle centinaia di metri o un chilometro per settimana, se non proprio immobilità. Hanno provato anche ad aprire un fronte a Kharkiv, un’azione mirata a diluire la concentrazione delle forze ucraine, numericamente inferiori, per aumentare il proprio vantaggio volumetrico”.

La possibilità per gli ucraini di colpire obiettivi militari in Russia può cambiare le cose?

“L’autorizzazione all’uso di armi militari occidentali contro obiettivi militari in territorio russo aiuta la resistenza ucraina ad alleggerire il peso della missione russa sia a livello tattico che operativo e strategico, ma non è in grado di invertire le sorti della guerra. Per quello servirebbe aumentare il volume degli armamenti e delle munizioni inviate in ucraina, inoltre ci sarebbe bisogno di una mobilitazione che in questo momento sia lo Stato maggiore che la presidenza ucraini non intendono fare”.

Cosa c’è sul tavolo del vertice di Losanna?

“La messa in sicurezza del complesso nucleare di Zaporizhzhia per evitare il disastro, i russi non appaiono molto cooperativi e le strutture immediatamente prospicienti vengono usate per lanciare attacchi. Poi la sicurezza alimentare, cioè consentire la libertà di navigazione nel Mar Nero e di conseguenza il passaggio delle navi che trasportano il grano ucraino. Mentre i russi sono usciti dall’iniziativa, gli ucraini sono riusciti a mantenere inviolate le linee commerciali, ma la crisi è dietro l’angolo e più tempo passa più la capacità produttiva ucraina si degrada. L’Ucraina è una superpotenza alimentare mondiale e se non riesce a esportare la produzione cerealicola e di olio di semi c’è il rischio si scatenino crisi inflazionistiche e che in alcuni Paesi i prezzi del grano o del pane diventino fuori portata e non ci sia da mangiare, con tutto quello che ne deriva. Altro tema è quello dei prigionieri e dei bambini deportati, per i quali Putin è messo sotto accusa dalla giustizia internazionale. Da una parte in Russia è un argomento tabù, dall’altra è uno degli scogli più grandi, perché è difficile negoziare con un Paese che ha rapito decine di migliaia di bambini. Quale famiglia che ha visto i propri figli portati via dall’invasore sosterrebbe un governo che fa la pace con russi, senza prima averli avuti indietro?”.

Quali risultati possono arrivare da questa Conferenza?

“I summit per la pace sono sempre utili e si potrebbe ottenere qualche risultato, ma senza riporvi aspettative troppo elevate. Uno dei massimi obiettivi che può essere raggiunto, in coordinamento con il G7 e la Nato, riguarda la decisione di deliberare un flusso stabile di aiuti a lungo termine per l’ucraina, per esempio ottenendoli da asset congelati russi. Il summit ha una forte impronta occidentale, ad eccezione dell’India. Ci sono molti partecipanti, ma mancano la Russia, che afferma di non essere stata invitata mentre secondo gli occidentali non ha accettato le condizioni per partecipare, la Cina e i Paesi del cosiddetto Sud Globale”.

Qual è la loro posizione sul conflitto?

“Per il Sud Globale questa è una guerra europea per mantenere lo status quo e gli equilibri globali, ma soprattutto i cui effetti economici si sono scaricati su tutto il resto del mondo. Percepiscono questo conflitto come un atto di arroganza politica, una percezione dovuta anche alla lettura propagandistica diffusa dalla Russia”.

Quasi subito si è cominciato a discutere molto su cosa si intendesse per pace, spesso ricorrendo all’espressione “pace giusta”. Che vuol dire?

“In un afflato ideale pace e giustizia vanno a braccetto, nel campo delle relazioni internazionali è più difficile metterle insieme. Di quale giustizia parliamo? Quella internazionale, quella politica, con l’Ucraina che riconquista tutto il territorio, quella delle riparazioni di guerra? O la pace dove cessano i combattimenti, si trova un equilibrio che accontenti le parti e si salvano quante più vite possibile? Nella storia dell’uomo, nel 99,9% dei casi la pace ha avuto una sola lettura di giustizia, quella del vincitore. Dobbiamo capire qual è per noi la miglior pace possibile, che non per questo sarà completamente giusta, ma risponderà a una sommatoria di interessi, aspettative e obiettivi. Se si arriverà a un compromesso entrambe le parti dovranno rinunciare a qualcosa”.

Allora quale potrebbe essere la pace “possibile”?

“Dipende da quanto l’Europa è disposta a fare per mantenere gli impegni che ha dichiarato formalmente, cioè ripristinare la sovranità ucraina su tutto il territorio liberando le zone occupate dai russi. Oscilliamo tra due estremi, il sostegno all’Ucraina sine die o sederci al tavolo con Mosca per raggiungere un compromesso. Nel caso in cui si decida di continuare a sostenere la controffensiva ucraina, l’Ue deve decuplicare gli aiuti a Kiev ed essere disposta a inviare soldati sul campo di battaglia, per aiutare l’Ucraina a vincere nel breve periodo. Oppure puntare sul lungo periodo e mantenere ‘impantanata’ la Russia per dieci anni”.

La Russia rappresenta una minaccia per l’intera Europa?

“Non va sottovalutata come minaccia a 360 gradi, perché ha dimostrato quello che è capace di fare. Oltre ad essere una potenza nucleare utilizza anche le armi della guerra non lineare, la disinformazione, il sabotaggio, la propaganda. L’obiettivo di Putin è dimostrare che l’Occidente si può sconfiggere, per cambiare le regole della politica globale e per far sopravvivere il proprio sistema di potere. Il presidente russo si ‘gioca’ tutto e se la Russia perdesse, le reazioni potrebbero farsi sentire”.

Vede un rischio escalation?

“C’è dall’inizio dell’invasione, il sostegno dell’Unione europea all’Ucraina porta intrinsecamente con sé il rischio dell’escalation. E’ utopistico pensare che una guerra convenzionale ad alta intensità possa essere contenuta all’interno di un perimetro definito se nessuna delle parti è disposta al compresso”.

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