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Ministero della Pace, intervista a Laila Simoncelli

Interris.it ha intervistato Laila Simoncelli, membro della Comunità Papa Giovanni XXIII e autrice del libro "Ministero della Pace una scelta di futuro"

La pace richiede tempo, la pace va curata, e se non si cura la pace c’è la guerra“. E’ quanto ha detto Papa Francesco nel suo viaggio apostolico a Verona dove ha colto l’occasione per ribadire con forza che la “pace si fa con i piedi, le mani e gli occhi dei popoli coinvolti”. La pace, ha detto ancora il Pontefice, “non sarà mai frutto della diffidenza, dei muri, delle armi puntate gli uni contro gli altri”.

“Organizzare la pace”

Una pace che va costruita, “organizzata”. E’ quanto sosteneva il fondatore della Comunità Papa Giovanni XXIII, il Servo di Dio don Oreste Benzi che affermava: “Condividendo direttametne la vita degli handicappati, dei tossicodipenti, dei minori senza famiglia cerchiamo di far arrivare la loro voce ovunque, specialmente a chi ha il potere di liberare ed opprimere. Di tanti ministeri esistenti – scriveva in una lettera indirizzata al presidente del Consiglio nel 2011 -, avrei voluto che lei ne avesse aggiunto un altro: il Ministero della Pace. Gli uomini hanno sempre organizzato la guerra. E’ ora di organizzare la pace“.

La campagna

Un appello quello di don Oreste rivolto a chi occupava un posto di rilievo nella vita politica del nostro Paese. Appello che oggi, sono i membri dell’Apg23 a portare avanti. La richiesta è chiara: istituire un Ministero della Pace, ossia dare il via a una cabina di regia istituzionale per far crescere e sviluppare un nuovo sistema nazionale per la promozione della pace.

L’intervista

Interris.it, per approfondire l’argomento, ha intervistato Laila Simoncelli, membro dell’Apg23 e autrice del libro “Ministero della Pace una scelta di futuro”.

Laila perché hai deciso di scrivere questo libro?

“Questo libro, che ho curato, ed in cui vi sono i preziosissimi contributi dei costruttori di pace del nostro Paese, nasce perché siamo convinti che è ancora possibile generare un nuovo paradigma del pensiero politico che opti per la nonviolenza. L’esperienza e la pratica degli artigiani di pace costituisce un patrimonio inestimabile in grado di offrire contenuti preziosi alla definizione delle funzioni e alle attività che dovrebbe assumere una Politica che sappia davvero organizzare, curare e promuovere la Pace. Una attività istituzionale funzionalmente dedicata che sappia investire di protagonismo le nuove generazioni, che sia in grado di esportare non solo eserciti e armamenti ma piuttosto contingenti di pace, che faccia proprio il principio femminino della Cura, che risponda in modo pieno al Ripudio della guerra costituzionale, che trovi innovative esperienze di diplomazia dal basso capaci di lavorare in sinergia con le istituzioni per un pacifismo strutturale. La mano artigiana è quella che ha la memoria del gesto ed è questa memoria che permette di progredire costantemente verso nuove architetture!”.

Cosa ci dobbiamo aspettare dalla lettura di questo libro?

“E’ un libro in cui si prefigura il meraviglioso pensiero pacifista e movimentista trasversale, declinare uno strumento di azione politica concreta per un ‘pacifismo strutturale’ a tutti gli effetti e in tutti i campi ‘antagonista’ al modello esistente. La Rete associativa di oltre 20 realtà artigiane di pace con lo strumento della campagna ‘Ministero della pace una scelta di governo’ da anni è impegnata per questo progetto di nuova architettura ministeriale: il Ministero della Pace. Il sacerdote Don Oreste Benzi della Comunità Papa Giovanni XXIII diceva ‘gli uomini hanno sempre organizzato la guerra: è ora di organizzare la pace’. Le riflessioni proposte nel libro vogliono offrire spunti significativi per porre le basi di nuovi paradigmi rispetto ai paradossi della politica attuale che vuole fare la pace con la guerra, rivendicando ‘istituzioni più sane e ordinamenti più giusti, strutture più solidali’ (FT§186)”.

Perché i governi dovrebbero istituire il Ministero della Pace?

“Dobbiamo avere il coraggio di prendere atto che è ‘impossibile ritenere che la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia’ (San Giovanni Paolo II) e che vi è una terribile insufficienza dell’attuale organizzazione ministeriale per compiere il disegno costituzionale di pace. Serve una politica di pace per pensare la pace. Vi sono ragioni e vuoti costituzionali mai colmati”.

Può spiegarci meglio?

“L’art. 11 Cost. non può assumere valore semplicemente esortativo, ma ha un valore vincolante e promozionale. Il dettato della Carta richiede di superare il concetto di pace come mera assenza di guerra (pace negativa), per abbracciare un concetto di pace positiva, come insieme di atteggiamenti, istituzioni e strutture in grado di creare e sostenere società pacifiche, coerentemente con l’obiettivo 16 dell’Agenda 2030 ‘Pace, giustizia e istituzioni solide’. Si tratta dunque di una dinamica promozionale che necessita di un indirizzo politico specifico che ad oggi non ha ancora trovato significativo riscontro attuativo. Allo stesso modo la lettura dell’art.52 Cost fatta dalla Corte Costituzionale ha posto in evidenza che il dovere di difesa della Patria può ben collocarsi in un’altra forma di difesa, in grado di coniugare difesa e pace, che sono due nomi della nonviolenza e su cui tanto ancora si è da promuovere. Creare un Ministero ad hoc significa impegnare la responsabilità politica al Governo per l’attuazione di programmi di pace e, conseguentemente, affidare al Parlamento strumenti di indirizzo e controllo. La pace è, infatti, un progetto di democrazia e necessita di trovare un luogo istituzionale deputato al suo perseguimento”.

Quali gli obiettivi del Ministero della Pace?

“Nei capitoli di questo libro si vanno proprio ad approfondire le diverse aree di intervento dove il Ministero della Pace potrebbe da subito agire in co-programmazione e co-progettazione con il suo principale organo propositivo e consultivo: la consulta nazionale dei costruttori di pace. Obiettivi precisi e puntuali dal disarmo, alla cura della casa comune, ad un’economia disarmata e non predatoria, ad un nuovo concetto di difesa che passi attraverso una competenza nella trasformazione dei conflitti nazionale e territoriale, ad una educazione e istruzione curriculare scolastica che demistifichi le menzogne della guerra e sappia formare coscienze non violente, e ancora,  costruire nuove forme di diplomazia (multitrack diplomacy) con la mediazione e contaminazione dal basso in un’ottica di complementarietà e partecipazione. Politiche di pace fondate sulla geopolitica dei diritti umani e non sulla geopolitica degli interessi! Sulla Fraternità Universale!”.

Pensi che per un governo sia fattibile istituire un ministero di questo tipo?

“Non è questione di fattibilità, istituire questo Ministero è cosa niente affatto difficile: pensate che il numero dei Ministeri con portafoglio è cambiato numerose volte, c’è stata una progressiva razionalizzazione con la legge Bassanini (1999) ma ciononostante le variazioni i nomi, gli accorpamenti e nuove funzioni non sono mai mancate fino al governo attuale. Poi quelli senza portafoglio possono essere nominati più semplicemente all’atto della costituzione del Governo con decreto del presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. Non è questione di fattibilità ma solo di volontà politica. La domanda da porci è un’altra”.

Quale?

“Come mai ancor oggi abbiamo Ministeri dedicati ad ogni tipologia di politica attuativa tranne che rispetto alla pace? E’ giunto il tempo che i costruttori di pace di questo Paese, quelli che ogni giorno nel silenzio e nella quotidianità sostengono e nutrono la coesione sociale rivendichino queste funzioni che strutturalmente organizzino, curino e promuovano la Pace. Abbiamo urgente necessità di un Ministero della Pace che scardini con un nuovo paradigma l’organizzazione ministeriale, divenendo la ‘casa istituzionale degli artigiani di pace’, facendoli entrare a pieno titolo nella co-programmazione e co- progettazione delle politiche attive con una seria e vera iniezione di partecipazione democratica. ‘L’autorità di cui abbiamo bisogno è quella che innanzi tutto è in grado di riconoscere i propri punti di forza e i propri limiti, e quindi di capire a chi rivolgersi per avere aiuto e collaborazione. L’autorità è essenzialmente collaborativa; altrimenti sarà autoritarismo e tante malattie che ne nascono’ (Papa Francesco – Arena di pace – Verona 2024)”.

Perché il Ministero della Pace è una scelta per il futuro?

“Oggi tocchiamo con mano che le società pacifiche lentamente muoiono se non esistono se non sono nutrite, che la democrazia può cedere; la sfida per una nuova politica è di affiancare ai consueti strumenti di gestione “ordinaria” un’azione radicale di cambiamento al sistema di vita delle nostre società, che faccia della Pace uno specifico campo di azione dell’attività politica e di Governo. Solo costruendo giorno dopo giorno la Pace si genera un tessuto sociale positivo, che superi le forze disgreganti, i populismi e le crisi umane e ambientali, in grado di reagire alle spinte violente che scaturiscono dai conflitti sociali ed economici e dalle tensioni delle periferie dell’emarginazione. Il Ministero della pace è una risposta innovativa al bisogno di sicurezza e benessere. Anche al World Meeting on Human Fraternity organizzato dalla Fondazione Fratelli Tutti – (l’evento che il 10 e l’11 maggio ha riunito in Vaticano 30 Premi Nobel e figure di vertice di organismi internazionali per un dialogo sulla pace)-  al ‘Tavolo cooperazione fraterna, percorsi di pace, economia sociale‘ illustri personalità quali Jeffrey Sachs, Stefano Zamagni, Maria Mercedes Rossi, hanno sottolineato tutti, in maniera importante e forte, la necessità di un cambio di paradigma delle relazioni umane a vari livelli e convintamente appoggiato il progetto di una nuova necessaria organizzazione ministeriale, il Ministero della Pace come espressione di questa radicale inversione di tendenza. Anche ad Arena di Pace a Verona, conclusasi qualche giorno fa, il progetto del Ministero della Pace è stato proposto a voce di Sergio Paronetto, tra le azioni della sintesi (tavolo Disarmo), come scelta nonviolenta della Politica”.

Cosa potrebbe accadere se non si riuscisse a costruire la pace?

“Continuare a trascurare la pace porta al collasso sociale, perchè la guerra è una tragedia a cui porta un cattivo uso della politica. Le guerre che insanguinano l’Europa e il medio Oriente potevano essere disinnescate sul nascere, quando ancora il conflitto era latente. Il conflitto distruttivo (la violenza, la guerra) non è un destino, è parte connaturata dell’orizzonte umano. Va riconosciuto come sempre potenzialmente presente, ma tanto più si accetta l’ineliminabilità della violenza, tanto più si debbono cercare mezzi e regole per una sua governabilità per trasformarla prima che sfugga al controllo di quel che avverrà dopo. Il Male c’è, ma offe all’uomo la garanzia morale di poter essere dalla parte del bene e poter trasformare ciò che gli è dato: può scegliere da quale parte stare e quale parte rifiutare. Politicamente la scelta di istituire il Ministero della Pace significa fare questa scelta di futuro!”.

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