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Leggi ad hoc: l’Italia mette in regola l’Intelligenza artificiale

Il Consiglio dei ministri mette in regola l’intelligenza artificiale. L’esecutivo di Palazzo Chigi ha dato il via libera al disegno di legge contenente “Disposizioni e delega al governo in materia di intelligenza artificiale”. A presentare il documento il sottosegretario alla Presidenza del consiglio per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, Alessio Butti, e i ministri della Giustizia, Carlo Nordio, e delle Imprese e Made in Italy Adolfo Urso. “Siamo il primo governo che legifera in materia di intelligenza artificiale subito dopo l’approvazione dell’IA Act”, spiega Butti, destinando anche “un investimento di circa 1 miliardo con Cassa depositi e prestiti”.

Il provvedimento, come spiegano le fonti del governo, era “molto atteso anche dai colleghi del G7 all’ultima ministeriale”, dato che “definisce senza equivoci chi elabora la strategia, chi monitora, chi vigila, chi notifica e chi sanziona, cioè Palazzo Chigi. Insomma, com’è facile intuire l’esecutivo prova a dare una cornice ben definita ad una materia complessa e articolata, ma che rappresenta comunque il futuro.

“Abbiamo pensato a due autorità Agid e Acn, due strutture che già ora sono dotate di profili e professionalità che consentono questo tipo di azione”, riferisce Butti, ricordando che il provvedimento definisce anche un sostegno allo sport e ai giovani, per l’implementazione dell’Ia nel settore. L’attenzione è per l’uomo, “con una visione antropocentrica”, afferma.

E così si promuove la ricerca e soprattutto si incentivano le imprese, per dotare il Paese di una politica industriale che in materia di Ia ancora non esiste. “Molte cose saranno attuate con norme secondarie. C’è grande attenzione per le competenze e ci sono norme che riguardano le sanzioni penali”, scandisce il sottosegretario. “Credo sia importante che in questo Ddl si affronti l’impatto dell’Ia nel mondo delle imprese, tenendo conto del fatto che il nostro Paese ha oltre 4 milioni di Pmi che devono essere in grado di dotarsi di questa tecnologia”, ricorda Urso.

Quanto all’aspetto legale, il provvedimento è “innovativo”, per il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, “perché ci troviamo difronte a vera rivoluzione di cui non consociamo gli esiti”: “La tecnologia come l’Intelligenza artificiali non è né buona né cattiva, ma neutrale come tutte quelli che costruisce l’uomo – osserva -. Lo dico perché si è diffuso il pensiero che la Ia possa sostituire un domani le attività dei giudici, invece cerchiamo di cogliere le opportunità della Ia non di vederne la patologia, può essere utilissimo nell’attività d’ufficio, sia per velocizzare le ricerche”, suggerisce.

A essere devastante, piuttosto, è “l’effetto patologico”, spiega il Guardasigilli, perché “può creare una realtà non virtuale ma reale, con una rappresentazione delle persone, con la voce e gli atteggiamenti, realistici”. In altre parole, il rischio è che vengano attribuiti a una persona atteggiamenti, comportamenti, idee e voce che possono creare danni, perciò è intervenuta una norma penale, per cui “chiunque cagiona danno ingiusto a persona inviando, cedendo, pubblicando o diffondendo senza il suo consenso immagini, video o voci alterati o falsificati mediante l’impiego di sistemi di Intelligenza artificiale e idonei a indurre in inganno sulla loro genuinità, è punito con la reclusione – avverte – da uno a cinque anni”.

Fuori dal lessico politico un elemento è chiaro: il governo Meloni ha deciso di collocare l’asticella molto in alto, nonostante le difficoltà della materia. Fare dell’Italia il primo Paese al mondo con una norma in vigore dedicata alla regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale, quindi è una sfida da vincere, non una semplice promessa. “Anche con Internet qualcuno pensava che potessero esserci problemi sull’occupazione e così non è stato. Sarà così anche con l’Intelligenza Artificiale”, sottolinea Butti. E non si può non tener conto di questo aspetto.

L’inserimento nel provvedimento legislativo di opere protette dal diritto d’autore, da utilizzarsi per l’addestramento di modelli di intelligenze artificiali o l’utilizzo di dati e testi con modelli generativi, sarà possibile per gli organismi di ricerca che estraggono e riproducono per scopi scientifici. Un dettaglio non da poco. Ma l’estrazione (articolo 70 quater) è prevista col meccanismo dell’opt-out, cioè quando “l’utilizzo non è stato espressamente riservato ai titolari dei diritti d’autore”. Questa impostazione, secondo i tempi di approvazione delle Camere immaginata prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, anticiperebbe l’entrata in vigore delle tutele previste dal Regolamento europeo “Ai Act”.

“Un provvedimento che recepisce quanto fermamente sostenuto dal ministero della Cultura in materia di regolamentazione dell’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel campo del diritto d’autore e dei servizi di media audiovisivi. Il testo infatti prevede da una parte, la necessità di salvaguardare l’ingegno umano e le opere frutto del lavoro intellettuale dei nostri autori, anche laddove create con l’ausilio di algoritmi di IA; dall’altra, l’importanza di tutelare gli utenti, attraverso la predisposizione di sistemi che rendano chiaramente riconoscibile ogni prodotto dell’IA”, sottolinea il sottosegretario alla Cultura, Lucia Borgonzoni.

L’intelligenza artificiale (AI), giova ricordarlo, è la tecnologia di base che consente di simulare i processi dell’intelligenza umana attraverso la creazione e l’applicazione di algoritmi integrati in un ambiente di calcolo dinamico. In altre parole, l’obiettivo dell’AI è quello di creare computer in grado di pensare e agire come gli esseri umani. Oggi, la quantità di dati generati, sia dagli esseri umani che dalle macchine, supera di gran lunga la capacità degli esseri umani di assimilare, interpretare e prendere decisioni complesse sulla base di tali dati.

L’intelligenza artificiale costituisce la base di tutte le tecnologie di apprendimento informatico e rappresenta il futuro di tutti i processi decisionali complessi. Ecco perché un quadro normativo di riferimento, come quello licenziato dal Consiglio dei ministri, è fondamentale. Per governare la complessità non serve la banalizzazione o, peggio che mai, la semplificazione, ma occorre essere all’altezza della sfida, con le capacità e la conoscenza.

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