Papa Francesco ha inviato un messaggio al Network Alarabiya, in occasione della fine del Ramadan. Parole di pace, fratellanza e conciliazione, affinché si rammenti che la guerra “è sempre una sconfitta” e si collabori affinché “i deserti possano fiorire”. Condizione possibile solo “se sapremo riconoscere il diritto di esistere di ogni popolo e il diritto di ogni popolo ad avere uno Stato”.
Fine Ramadan, il messaggio del Papa
“Dio è pace e vuole la pace. Chi crede in Lui non può che ripudiare la guerra, la quale non risolve, ma aumenta i conflitti. La guerra, non mi stanco di ripetere, è sempre e solo una sconfitta: è una via senza meta; non apre prospettive, ma estingue la speranza”. Lo afferma papa Francesco nel messaggio inviato al “Network Alarabiya” in occasione della fine del Ramadan.
“Vi ringrazio per l’opportunità di rivolgervi una parola proprio al termine del Ramadan – dice il Papa -. Una felice coincidenza ricorre quest’anno, con il mese sacro islamico che si conclude pochi giorni dopo la celebrazione della Pasqua, la festa più importante per i cristiani”. “Ma questa lieta ricorrenza, che porta ad alzare gli occhi al cielo e ad adorare il Signore «misericordioso e onnipotente» (Nostra aetate, 3) – prosegue -, stride fortemente con la tristezza per il sangue che scorre nelle terre benedette del Medio Oriente”.
“Gli astri illuminino la terra”
“Fratelli e sorelle – osserva il Pontefice -, il nostro padre Abramo alzò gli occhi al cielo per guardare le stelle: la luce della vita, che ci avvolge e ci abbraccia dall’alto, ci chiede di superare la notte dell’odio perché, secondo la volontà del Creatore, siano gli astri a illuminare la terra, e non la terra a bruciare, devastata dalle fiamme di armi che infuocano il cielo!”. “Sono angosciato per il conflitto in Palestina e Israele – dichiara Francesco -: cessi subito il fuoco nella striscia di Gaza, dove è in corso una catastrofe umanitaria; possano arrivare gli aiuti alla popolazione palestinese che soffre tantissimo; si rilascino gli ostaggi rapiti a ottobre!”.
Un pensiero per la Siria
“E penso alla martoriata Siria, al Libano, a tutto il Medio Oriente: non lasciamo che divampino le fiamme del rancore, sospinte dai venti funesti della corsa agli armamenti! Non lasciamo che la guerra si allarghi! Arrestiamo l’inerzia del male!”, aggiunge. Il Papa dice di avere “nella mente le famiglie, i giovani, i lavoratori, gli anziani, i bambini: sono certo che nel loro cuore, nel cuore della gente comune, c’è un grande desiderio di pace”. “E che, di fronte al dilagare della violenza, mentre le lacrime scendono dagli occhi, una parola esce dalla loro bocca: ‘basta’. Basta! – ripeto anch’io – a chi ha la grave responsabilità di governare le nazioni: basta, fermatevi!”.
“Per favore, fate cessare il rumore delle armi e pensate ai bambini, a tutti i bambini, come ai vostri stessi figli – è il suo appello -. Guardiamo tutti al futuro con gli occhi dei bambini. Loro non si chiedono chi è il nemico da distruggere, ma chi sono gli amici con cui giocare; loro hanno bisogno di case, parchi e scuole, non di tombe e fosse!”.
La fioritura dei deserti
“Amici, io credo che i deserti possano fiorire – aggiunge -: come in natura, così pure nei cuori delle persone e nelle vite dei popoli. Ma dai deserti dell’odio spunteranno germogli di speranza solo se sapremo crescere insieme, l’uno a fianco dell’altro; se sapremo rispettare il credo degli altri; se sapremo riconoscere il diritto di esistere di ogni popolo e il diritto di ogni popolo ad avere uno Stato; se sapremo vivere in pace senza demonizzare nessuno. Io credo e spero in questo e con me i cristiani che, tra non poche difficoltà, vivono in Medio Oriente: li abbraccio e li incoraggio, chiedendo che abbiano sempre e ovunque il diritto e la possibilità di professare liberamente la loro fede, che parla di pace e fraternità”.
“Vi ringrazio per avermi ascoltato – chiude il messaggio -. Vi saluto con affetto, assicurandovi che porto il Medio Oriente nel cuore. A ciascuno di voi auguro ogni bene e benedizione dall’Altissimo”. E la conclusione è in arabo: “Shukran! (grazie!)”.
Fonte: Ansa