L’annuncio della Risurrezione di Gesù ci raggiunge per alimentare nel nostro cuore la certezza che l’impossibile può avverarsi. Noi lo crediamo. Il Padre sorprende sempre le previsioni umane, come ha già fatto richiamando il suo Figlio dai morti. Per questo, a dispetto degli scenari che ci parlano di morte, noi oggi cantiamo l’Alleluia pasquale.
I vangeli sinottici ci dicono che le prime a giungere al sepolcro, a constatarlo vuoto e ad annunciare la Risurrezione furono delle donne, ma i discepoli non credono loro, come annota san Luca. Forse perché le donne erano persone poco stimate: “Signore, ti ringrazio di non essere nato donna”, dice, infatti, un’antica preghiera giudaica. Fatto è che la vittoria della vita comincia ad essere annunciata propria da persone sulle quali è posto il marchio dell’emarginazione. Accade così ancora oggi. Proprio da quanti, uomini e donne sono nella sofferenza, come da quanti così dolorosamente abbandonano la loro terra e le loro case per trovare aiuto – e in tanti muoiono e sono sepolti nelle acque del “mare nostro” – e invocano pietà e soccorso, proprio da loro deve giungere sino a noi l’annuncio della Pasqua.
Oggi, infatti, sono loro per noi il corpo piagato di Cristo crocifisso. Tanta sofferenza deve fare sempre rifiorire in noi la carità, attuando particolarmente iniziative di solidarietà e di soccorso. Non pochi, anzi molti, fra coloro che in questi frangenti organizzano la carità e s’impegnano a difendere il diritto dei poveri, lo fanno mossi dalla fede pasquale. Ce ne sono pure in mezzo a noi. Sia la gioia pasquale a dare vigore e senso alla nostra testimonianza.
Ogni casa che si apre nell’accoglienza, ogni centro di assistenza che si organizza è come un fiore che germoglia nel deserto. Il deserto fiorirà. Dice il Signore: “Diventino forti le mani deboli e fermi i ginocchi vacillanti; dite a quanti hanno il cuore affranto: Siate forti, non temete! Ecco il vostro Dio viene e vi salva! Allora il paese arido diverrà una polla d’acqua e dove dimoravano gli sciacalli ci saranno canne e giunchi. Si aprirà una strada e sarà chiamata via santa” (cf. Is 35,3-8). Anche questa via crucis può diventare una strada santa, una via di salvezza.
Questa dolorosa storia – che si vive negli scenari drammatici della guerra, della violenza e dell’odio che tristemente dipingono le mappe geografiche e che non dobbiamo dimenticare – anche questa storia dolorosa può avere termine e lo avrà, così come nella Croce di Gesù si è aperta la Risurrezione. Anche quello sarà “un giorno fatto dal Signore”. Egli lo ha fatto e lo rifarà. Oggi, però, questa triste storia ci richiama tutti a un sussulto di responsabilità, di speranza e di carità. La Pasqua ci ripropone la verità dell’affermazione del Papa: è sempre l’ora della pace. Oggi è l’ora della pace.