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Settimana mondiale del cervello: incontro ad Ancona sulla demenza

Dibattito interattivo tra il pubblico e i relatori Simona Luzzi (neurologo e professore associato), Sara Baldinelli (neurologo),  Chiara Fiori (neurologo), Marco Vernarecci (infermiere).

Incontro ad Ancona alla facoltà di Medicina e Chirurgia. Il meeting si svolgerà il 15 marzo all’Università Politecnica delle Marche (Univpm), in occasione della Settimana mondiale del cervello. E’ aperto a tutta la popolazione ed è rivolto in particolare ai familiari di pazienti affetti da demenza. L’incontro è gratuito e per iscriversi basta inviare una mail a questo indirizzo: cdcd@ospedaliriuniti.marche.it. Il titolo è  “Il paziente affetto da demenza. Una quotidianità da (saper) gestire”.  I relatori sono Simona Luzzi (neurologo e professore associato),  Sara Baldinelli (neurologo), Chiara Fiori (neurologo), Marco Vernarecci (infermiere). L’iniziativa è promossa dall’Unità di Neurologia Cognitiva e Comportamentale, dalla Clinica Neurologica e dal Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica. Ad aprire l’incontro sarà il professor Mauro Silvestrini, preside della facoltà di Medicina e Chirurgia di Ancona.

Ancona: i temi

Ecco i temi in programma il 15 marzo, partire dalle ore 16, ad Ancona. “Non riesce più a gestirsi da solo ma rifiuta qualsiasi aiuto“. La necessità di un’assistenza pur preservando l’autonomia che resta. “Non lo riconosco più, prima era una persona buona ed educata, ora invece..”. I disturbi comportamentali. Non solo farmaci: l’importanza del familiare. “La notte è sveglio come un grillo, non c’è modo di farlo riposare”. Il riposo notturno come un miraggio: quando la demenza compromette il sonno. “Passa da abbuffarsi a rifiutarsi di aprire la bocca: i pasti sono un incubo”. L’alimentazione tra il rifiuto e l’eccesso: perché è un’espressione della demenza. Alle relazioni seguirà il dibattito interattivo con il pubblico. Intanto, in tutto il mondo, procede la ricerca sulle cause e la prevenzione della demenza. La difficoltà nella navigazione spaziale, cioè la capacità di orientarsi nell’ambiente, potrebbe essere un fattore predittivo della malattia di Alzheimer anni prima della sua comparsa. Lo rivela un nuovo studio condotto da ricercatori dell’UCL, pubblicato su Alzheimer‘s & Dementia: The Journal of the Alzheimer’s Association. La ricerca ha dimostrato che le persone a rischio di Alzheimer hanno problemi di navigazione spaziale prima che vengano intaccate altre funzioni cognitive, tra cui la memoria.

Segnali

Nella ricerca è stata usata la realtà virtuale per testare la navigazione spaziale di 100 adulti asintomatici di mezza età, di età compresa tra i 43 e i 66 anni, appartenenti allo studio di coorte prospettico PREVENT-Dementia. I partecipanti presentavano un rischio ereditario o fisiologico di malattia di Alzheimer, dovuto a un gene, l’allele APOE-4, che li mette a rischio, a una storia familiare di malattia di Alzheimer o a fattori di rischio legati allo stile di vita, come bassi livelli di attività fisica. Inoltre, questi partecipanti avevano circa 25 anni in meno rispetto all’età stimata di insorgenza della patologia. Guidato da Dennis Chan, lo studio ha utilizzato un test progettato da Andrea Castegnaro e da Neil Burgess, tutti dell’UCL Institute of Cognitive Neuroscience, in cui ai partecipanti e’ stato chiesto di navigare in un ambiente virtuale indossando cuffie VR. I ricercatori hanno scoperto che le persone a maggior rischio di sviluppare la malattia di Alzheimer, indipendentemente dalla presenza del fattore di rischio, presentavano una riduzione selettiva della capacità di navigazione VR, senza una corrispondente riduzione in altri test cognitivi.

Disturbi

Secondo gli autori, i risultati suggeriscono che i disturbi della navigazione spaziale possono iniziare a svilupparsi anni, o addirittura decenni, prima della comparsa di altri sintomi. “I nostri risultati indicano che questo tipo di cambiamento nel comportamento di navigazione potrebbe rappresentare il primo segnale diagnostico nel continuum della malattia di Alzheimer, quando le persone passano dall’essere non compromesse a manifestare la malattia”, ha spiegato Coco Newton, dell’UCL Institute of Cognitive Neuroscience e primo autore, che ha svolto il lavoro mentre era all’Università di Cambridge. I ricercatori hanno anche riscontrato una forte differenza di genere nelle prestazioni dei partecipanti. Con una riduzione negli uomini e non nelle donne. “Ora stiamo portando avanti questi risultati per sviluppare uno strumento di supporto alle decisioni cliniche in ambito diagnostico per il Servizio sanitario nazionale nei prossimi anni, che rappresenta un modo completamente nuovo di approcciare la diagnostica. E che, si spera, aiuterà le persone a ottenere una diagnosi più tempestiva e accurata“, ha aggiunto Newton.
Ancona
Foto di Compare Fibre su Unsplash

Fasi della malattia

 “Questo è particolarmente importante con l’emergere dei trattamenti anti-amiloide per l’Alzheimer, che sono considerati più efficaci nelle prime fasi della malattia”, ha ricordato Newton: “Inoltre, evidenzia la necessità di ulteriori studi sulla diversa vulnerabilità di uomini e donne alla malattia di Alzheimer. E sull’importanza di tenere conto del genere sia per la diagnosi che per il futuro trattamento“. “Siamo entusiasti di questi risultati per due motivi principali: in primo luogo, migliorano l’individuazione dell’esordio clinico della malattia di Alzheimer, fondamentale per una pronta applicazione dei trattamenti. In secondo luogo, il test di navigazione VR si basa sulla conoscenza delle proprietà spaziali delle cellule del lobo temporale del cervello. E l’applicazione delle neuroscienze cellulari alle popolazioni cliniche aiuta a colmare il divario nella comprensione di come la malattia a livello neuronale possa portare alla manifestazione clinica della malattia“, ha evidenziato Chan.

Alzheimer

“Questa lacuna conoscitiva rappresenta attualmente uno dei maggiori ostacoli al progresso della ricerca sull’Alzheimer – ha continuato – Una persona su tre nata oggi svilupperà la demenza, e una diagnosi precoce e accurata delle malattie che causano la condizione è fondamentale per consentire alle persone di accedere al giusto supporto, pianificare il futuro e ricevere un trattamento adeguato”. “I primi sintomi della demenza possono essere impercettibili e difficili da individuare. Ma si ritiene che i problemi di navigazione siano tra i primi cambiamenti della malattia di Alzheimer“, ha specificato Chan. “E’ necessario lavorare ancora per sviluppare la tecnologia VR per la prevenzione dell’Alzheimer. Ma sarà importante vedere come questa ricerca possa offrire un modo per individuare precocemente i cambiamenti specifici della malattia e aiutare le persone affette da demenza in futuro.

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