La Siria sta affrontando una situazione molto complessa, sia versante interno che nel contesto internazionale. La popolazione è duramente provata da molti anni di guerre e conflitti interni che, insieme al terremoto, hanno causato distruzioni morali e materiali di immani proporzioni, tanto che 15 milioni di persone necessitano di assistenza per far fronte ai loro bisogni quotidiani fondamentali. Interris.it, in merito all’attuale situazione del Paese, ha intervistato il dott. Danilo Feliciangeli, referente di Caritas italiana per il Medioriente.
L’intervista
Dott. Feliciangeli, qual è l’attuale situazione umanitaria della Siria?
“La situazione umanitaria della Siria, purtroppo, è ancora molto difficile. C’è un livello di bisogno che riguarda il 90% della popolazione, la quale vive ancora sotto la soglia di povertà. Quasi tredici anni di guerra hanno lasciato conseguenze sotto tutti i punti di vista. La crisi economica scattata nel 2019 e partita dal Libano ha avuto ripercussioni anche qui, insieme al terremoto e alla pandemia. Quindici milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria e sopravvivono solo grazie agli aiuti umanitari. Questi ultimi però, con la diminuzione dei finanziamenti, hanno subito ripercussioni dirette. Manca tutto: la corrente elettrica, il combustibile e l’acqua che, spesso, non si trova. Circa il 70% delle infrastrutture, ormai, è fuori uso, molte scuole sono in condizioni critiche e, praticamente, l’assistenza medica è solo a pagamento e, chi non può pagare, non si cura”.
Come si sta connotando sul campo l’azione di Caritas per aiutare la popolazione in difficoltà?
“Caritas è molto attiva fin dall’immediato dopoguerra, ovvero dal 2012 – 2013, con all’inizio interventi di assistenza umanitaria in risposta ai bisogni primari attraverso la distribuzione di generi di cibo, vestiario e anche soluzioni abitative. Ci sono sette milioni di sfollati interni, ovvero persone che vivono in Siria, ma fuori dalle loro case e dalle loro terre. Attualmente, molto dell’impegno profuso, è ancora focalizzato sull’assistenza umanitaria di base per rispondere ai bisogni primari. In particolare, abbiamo un progetto di assistenza medica in tutto il Paese, diffuso a Damasco, Aleppo, Homs, Latakia e Hasake in cui, diversi operatori di Caritas, esperti anche nella valutazione delle condizioni di salute delle persone, i quali aiutano chi si presenta a chiedere un supporto, indirizzandoli negli ospedali locali e coprono, tutti o in parte, i costi per l’assistenza sanitaria. Inoltre, ormai da quattro anni, è iniziato un altro filone di attività legate alla riabilitazione e alla ricostruzione di tutto ciò che è stato distrutto sia dalla guerra che dal terremoto. In particolare, dopo il sisma, è partito un progetto per la ricostruzione di venti scuole pubbliche e altri in alcune scuole private cattoliche, con l’obiettivo di permettere un ambiente di vita più dignitoso per gli alunni. Abbiamo poi agito sul versante della ristrutturazione delle abitazioni e, circa 320, sono state riparate dai danni della guerra e del terremoto. Oltre a ciò, agiamo anche sul versante della ricostruzione del tessuto sociale ed economico siriano, attraverso vari progetti di riabilitazione delle attività economiche, con l’obiettivo di permettere l’autosostentamento delle famiglie. Questi ultimi si svolgono soprattutto ad Aleppo, Latakia e nella zona rurale attorno a Damasco con un impatto abbastanza buono che ha consentito la riabilitazione di circa mille persone, attraverso il sostegno alle attività economiche o attraverso specifici tirocini formativi”.
Caritas italiana sta agendo anche sul versante del cosiddetto “peace building”. In che cosa consiste questa attività?
“In qualità di Caritas italiana, in sostegno ai colleghi siriani, abbiamo attivato un’attività di ‘peace building reconciliation’ che ha come target i giovani in quanto, purtroppo, la Siria è un Paese massacrato da molti anni di guerra e stiamo aiutando la popolazione a superare questo livello drammatico di conflittualità. Abbiamo creato un centro giovanile a Damasco in cui si fanno attività di gestione del conflitto, conoscenza della diversità, incontro con chi ha un background di esperienze diverse per favorire un percorso di riconciliazione della comunità ferita. Il progetto è partito da Damasco qualche anno fa e adesso vorremo creare due centri simili, ad Aleppo e Latakia entro fine 2024 – inizio 2025. Centri che, sulla base degli interessi dei giovani, offriranno diversi corsi e rappresenteranno per loro un’occasione per stare insieme e conoscersi, partendo da un’identità comune e, grazie a questa, superare le differenze. Tutto ciò sarà svolto con del personale di Caritas esperto nella mediazione e nella gestione dei conflitti, che aiuterà i ragazzi a sopravvivere in questo contesto”.
In che modo, chi lo desidera, può aiutare l’azione di Caritas in favore della popolazione siriana?
“È importante informarsi e documentarsi per capire ciò che succede in Siria. Attualmente la guerra è ancora in corso e, il 90% dei cittadini siriani, vorrebbe emigrare. In questa fase, una donazione attraverso i canali Caritas è il modo più efficace per sostenerci e, sul nostro sito, sono riportate tutte le possibili modalità per aiutarci. In Siria, attualmente, abbiamo circa 400 operatori che ci permettono di avere una buona operatività ed effettuare le diverse attività a supporto della popolazione”.