Coda delle festività natalizie è la celebrazione liturgica dell’Epifania del Signore Gesù. In questa occasione, che nella Chiesa Ortodossa si accosta allo stesso Natale a significarne l’importanza, la Chiesa Cattolica invita i fedeli a fare memoria della “manifestazione” del bambino alle genti della terra. Seguendo le testimonianze evangeliche, la nascita di Gesù non era certo rimasta occulta. Primi visitatori della Santa Famiglia erano stati i pastori, avvisati del lieto evento per voce degli Angeli celesti. La Festa dell’Epifania estende però la dimensione cognitiva circa la nascita del Salvatore che raggiunge regioni remote e coinvolge personalità di tutt’altro tipo e stirpe. Fulcro della liturgia epifanica è la visita dei Magi alla sacra greppia. Una storia che ha permeato la narrazione e la tradizione natalizia e della quale ancora siamo testimoni, se, come ricorda A. Panaino nel suo saggio, la distinzione dei nostri alberghi con stelle che rappresentano “categorie di merito” risale all’uso che si diffonde nelle locande a partire dal viaggio delle reliquie dei magi da Milano a Colonia (XII secolo), quanto nascono ostelli denominati “Ai tre re”, “Alla stella” ecc. Invero dei Magi e della loro visita fa cenno, molto più genericamente rispetto ai dettagli che poi si sono strutturati ad opera di religiosi, accademici e anche artisti, unicamente l’evangelista Matteo. Ma sappiamo che giungono da oriente, portano in dono oro, incenso e mirra, e che hanno “visto sorgere la sua stella”.
Da antichi testi orientali, che raccolgono fonti millenarie, nel basso medioevo apprendiamo che gli uomini che fanno visita all’infante Gesù potrebbero essere tre e sono Re. E la loro storia ha radici mitologiche se non leggendarie. Giungono dall’Asia minore, sono della tribù dei mágoi nella Media (Iran nord-occidentale), al rango di magu-: sapienti e alti funzionari di corte. Ma anche sacerdoti e conoscitori delle profezie di Zoroastro il cui culto ha radici già nella metà del primo millennio avanti Cristo: il profeta annuncia la nascita verginale di figli postumi che salveranno il mondo, lo condurranno ad un giudizio finale e alla risurrezione dei giusti. Ma le ricostruzioni, anche storiografiche, sono innumerevoli. Come lo sono i tentativi di dare un nome ai Re Magi. Nel V secolo sono Hormidz di Makhhozdi re di Persia, Jadegerd re di Saba e Peroz, re di Seba. Nel Milione di Marco Polo “l’uno ebbe nome Beltasar, l’altro Gaspar, lo terzo Melquior” e così abbiamo imparato a conoscerli. Poi c’è la splendente Regina: la stella. Il cielo come un libro che indica la strada dall’oriente lontano ai Re Magi che “del tutto all’oscuro l’uno della decisione dell’altro” mossero con “numerosa scorta reale e tutti gli arredi delle camere da letto e gli utensili delle cucine, sopra muli e cammelli”. I magi, con gli eserciti al seguito “mai facevano sosta e arrivarono fino a Betlehem senza toccare cibo o bevanda e, tuttavia, sembrava loro di aver camminato soltanto una giornata” come racconta alla metà del XIV secolo Giovanni di Hildesheim. Due anni di viaggio senza accorgersene. Da non dimenticare ovviamente i doni: l’oro delle terre di Arabia, di Melchiar l’anziano, l’incenso dall’India di Balthasar dalla pelle olivastra e folta barba ed infine la mirra colta nel regno di Tharsi da Jaspar il giovane e rubicondo. Segni che prefigurano la regalità, la divinità e la resurrezione del Cristo infante. Doni che si ripresentano, secondo Hildesheim, nella Passione: durante la fuga nel deserto la Vergine smarrisce quanto ricevuto che poi per giri pindarici finisce 33 anni dopo nel tempio di Gerusalemme. Da questi doni i sacerdoti prenderanno i 30 denari (l’oro) prezzo del tradimento i Giuda e la mirra poi mescolata all’aceto presentato a Gesù sul punto di spirare. Poco si dice del dopo. I Magi, avvisati nel sogno da un Angelo di non fare tappa da Erode che cercava il bambino per ucciderlo, tornarono per un’altra strada. Un ritorno faticoso, durato due anni, spesso perdendo l’orientamento. Poi, tradizione narra che i Magi eressero a memoria una cappella sul monte Sabalan (attuale Azerbaigian), incontrarono ormai centenari l’apostolo Tommaso e ricevettero il battesimo prima di morire in grazia di Dio.
La narrazione evangelica dei Re Magi, ricostruita storicamente e arricchita per tradizione o studi ascetici e riflessioni spirituali, è anche oggi un messaggio attuale. A prescindere dal merito “teologico” o “religioso”, non sarebbe da sottovalutare il fatto che si è perso quasi del tutto l’ancestrale rapporto con le stelle, visto che nel 2001 il Rapporto ISTIL Stato del cielo notturno e inquinamento luminoso in Italia rilevava come “più di metà della popolazione italiana ha perso la possibilità di vedere la propria “casa nell’Universo”, la Via Lattea, anche nelle notti più serene”. Non è tanto una questione ambientale o ecologica (la luce ha un valore enorme) ma, evidentemente, antropologica. Una volta celeste notturna, disseminata di piccole e grandi sorgenti luminose, può porre in contemplazione ciascun essere umano. Quale che sia la sua latitudine. E metterlo in viaggio, magari con la fantasia o con la scienza. E non è ovviamente un ammiccamento a pratiche astrali come lo stesso Agostino riconobbe: “non la stella stabilì gli eventi straordinari di Cristo, ma Cristo incluse la stella nei suoi eventi straordinari.” L’Epifania del Signore, che si volle mostrare a tutte le genti della terra senza alcuna preclusione ed anzi facendo(si) luce alle genti, ricorda che il cristianesimo non è una religione, una dottrina, una morale. È un Incontro. Anche se a qualcuno tutto ciò potrà sembrare del tutto incomprensibile, sulla necessità di questo Incontro l’umanità che conosciamo non sembra essere poi così cambiata, trascorsi 2000 e più anni. Tanti followers. Alla ricerca di cosa, non si sa bene. Di un incontro. Ma con quali aspettative, per quale strada e con chi? Questi interrogativi dovevano occupare i pensieri di Gaspare, Melchiorre e Baldassarre. Cercavano, si mossero, raggiunsero e la loro vita non fu più la stessa. Lumen requirunt lumine. Seguendo una luce essi ricercano la Luce. Loro hanno aperto la via.