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Mes: la posta in palio non sono solo i conti dell’Italia

Ciclicamente si sente parlare di Mes, anche se – tolti i professionisti di settore e gli appassionati – in pochi sanno davvero a cosa ci si riferisca. E visto che in queste ore il tema è diventato di strettissima attualità, monopolizzando il dibatto politico fra maggioranza e opposizione, un po’ di informazione non guasta. Anche se una premessa è d’obbligo. Per provare a spiegare il Meccanismo Europeo di Stabilità (appunto presentato con l’acronimo Mes) – è necessario capirne i motivi per cui gli Stati membri dell’Unione Europea ne abbiano contemplato l’esistenza e per i quali molti governi ne stiano chiedendo una radicale modifica, in accoglimento dei nuovi scenari macroeconomici.

L’idea di provvedere a un Meccanismo Europeo di Stabilità è nata durante la crisi del debito sovrano che si è verificata dopo quella dei mutui residenziali statunitensi del 2007. Il Mes è stato istituito dopo le modifiche apportate al Trattato di Lisbona, ratificate dal Consiglio UE nel marzo del 2011. Il Mes si configura come un meccanismo utile a conservare la stabilità finanziaria dell’Eurozona: regolato dalla legislazione internazionale, ha sede in Lussemburgo. Si tratta di un fondo di assistenza finanziaria che ha l’obiettivo di aiutare i Paesi membri dell’Unione Europea che si trovano in difficoltà finanziarie e non sono in grado di finanziarsi attraverso il collocamento normale di titoli di Stato. In cambio del prestito, il Paese beneficiario è chiamato ad accettare determinate condizioni, tra cui un programma di rientro e di controllo del debito con piani di aggiustamento macroeconomico che comprendono riforme draconiane (rigorose, intransigenti), dalle pensioni alla spesa pubblica. Per ratificare la riforma è però necessario il voto di tutti i 20 Stati e, per ora, l’Italia non ha ancora ratificato la nuova veste. Uno dei punti più dibattuti è legato alle limitazioni che secondo alcuni sarebbero imposte ai governi nazionali. Insomma, a fronte di una stabilizzazione dei conti servono garanzie forti. Dai qui i dubbi e le incertezze.

Perché il Meccanismo Europeo di Stabilità “non è un totem: quando conoscerò il contesto nel quale mi muovo, saprò anche cosa bisogna fare del Mes”, spiega la premier, Giorgia Meloni, replicando al capogruppo della Lega a Montecitorio, Riccardo Molinari, sostenitore dello slittamento del voto sulla ratifica dello strumento europeo. Uno slittamento che non esclude nemmeno chi, come il ministro Antonio Tajani, è favorevole alla ratifica. “Un mese in più o in meno non cambia le cose”, dice il leader di Forza Italia, “anche se noi come Fi siamo favorevoli al Mes, bisogna essere consapevoli che non basta, dobbiamo completare l’architettura composta anche dal Patto di Stabilità, dall’unione bancaria e dall’armonizzazione fiscale”. Che, poi, è il “contesto” generale di cui parla la presidente del Consiglio. Non si tratta, insomma, di “ricatti” o di voler “usare il Mes come merce di scambio”, sottolinea il sottosegretario leghista al Lavoro Claudio Durigon: “Vogliamo capire, invece, dove ci vuole portare la commissione Ue: se Bruxelles ci chiede tutta una serie di investimenti, deve anche introdurre i necessari criteri di flessibilità”, con la riforma del Patto di Stabilità, “altrimenti diventa difficile andare avanti nelle politiche di bilancio”.

La ratifica del Mes è calendarizzata in Aula alla Camera il 14 dicembre, all’ultimo punto dei lavori. Tuttavia, sembra ormai scontato un nuovo rinvio, almeno a dopo le festività natalizie. Le opposizioni guardano a quanto avviene e incalzano la premier Giorgia Meloni a ratificare il meccanismo Europeo di Stabilità. Teatrino, pantomima, melina: sono i termini più utilizzati per descrivere l’atteggiamento dell’esecutivo. Il Partito democratico, in particolare, mira a incunearsi nelle crepe che scorge nel muro della maggioranza. Per i dem si tratta di un tentativo della maggioranza di dilazionare il momento in cui Meloni e i suoi saranno costretti a “rimangiarsi anche le promesse fatte” su questo argomento. La leader Pd parla infatti di “vicenda paradigmatica della propaganda ideologica di questo governo. Hanno fatto fake news per anni sul Mes e ora non sanno come uscirne”. A rispondere è la stessa presidente del Consiglio che, a margine di un evento pubblico, invita Schlein e il resto delle opposizioni a una analisi di quanto avvenuto con i precedenti governi, tutti a partecipazione Pd. “Siete stati al governo 4 anni ma perché non lo avete ratificato se era così fondamentale farlo in tempi rapidi?”, dice Meloni aggiungendo, però, di non considerare il Mes alla stregua di un totem: Parole che avvalorano la tesi che circola anche fra i parlamentari di opposizione che alla base dei “tentennamenti” ci sia la volontà di nascondere il “dietro front della premier” su questo tema. “Il governo sul Mes è imbarazzante”, spiega Matteo Renzi: “Il ministro degli Esteri dice che serve all’Italia. Il ministro dei Trasporti non lo vuole. Il ministro dell’Economia si finge malato. La premier non lo voleva, ora ha cambiato idea, ma si vergogna a dirlo. E dunque tutti i giorni inventano una scusa per prendere tempo. Il governo Meloni è diventato il governo melina”, chiosa il leader Iv. Tanto Fratelli d’Italia quanto la Lega, è il ragionamento che si fa in casa Pd, hanno sostenuto fino alle politiche del 2022 che il Mes non andava ratificato. Ora, però, l’Italia rischia di ritrovarsi ad essere l’unico paese d’Europa a non ratificare lo strumento messo in campo nel 2012, per fare fronte alla crisi del debito sovrano. “Stanno giocando con la credibilità internazionale dell’Italia”, avverte Schlein: “Non è possibile per ragioni ideologiche bloccare tutto il resto d’Europa sulla ratifica di un trattato. Quando lo ratifichi non stai chiedendo l’attivazione di questo meccanismo, stai semplicemente permettendo ad altri di accedervi se ne hanno bisogno”, aggiunge la leader dem. Un dibattito che la Meloni liquida come “molto italiano e ideologico, testimonia la strumentalità di certe posizioni”. Le risponde il segretario di +Europa, Riccardo Magi: “Di molto italiano vedo il fatto che solo l’Italia in Europa non lo ha ratificato, di molto italiano vedo anche il teatrino di Pulcinella che sta facendo questo governo e di molto ideologico c’è’ solo l’atteggiamento della maggioranza, ostaggio delle balle del passato, del suo innato antieuropeismo e il solito approccio complottista e paranoide della destra rispetto all’Europa”.

Davanti alla levata di scudi delle altre opposizioni, spicca il silenzio dei Cinque Stelle che, sulla vicenda Mes, sembrano rimanere alla finestra. E la partita, come s’intuisce, è ancora tutta da giocare, non essendo affatto facile, né semplice. Perché la posta in palio non sono solo i conti dell’Italia ma gli effetti sulle tasche degli italiani. Che di tutto hanno bisogno, fuorché di altre incertezze…

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