“Una sfida antica fra dannazione e salvezza”. Nel sottotitolo del libro L’adesione diabolica di Alberto Castaldini, pubblicato da Sugarco nella collana “Argomenti”, sta il punto nodale della questione analizzata dal giornalista veronese, docente nella Facoltà di Teologia Greco-Cattolica dell’Università “Babes-Bolyai” di Cluj, in Romania.
Cosa l’ha spinta o motivata a scrivere questo libro?
“La lettura di alcuni fatti di cronaca, del presente che si fa storia, come di certi eventi del passato: genocidi, stragi, atti di violenza contro i familiari, contro creature innocenti, maltrattamenti e umiliazioni che spesso non trovano giustizia se non nelle commemorazioni postume. In molte situazioni dove la violenza gratuita e l’indifferenza di fronte al dolore raggiungono livelli che a stento riusciamo a comprendere, dove la relazione viene calpestata in nome di un’autoreferenzialità totalitaria, sembra di scorgere un ‘di più’ che, pur nelle possibilità umane, rivela un male radicale e profondo che oltrepassa i confini della coscienza vigile, disintegra ogni principio morale soffocando sia la ragione sia lo spirito. Da dove salta fuori questa malvagità? Qualsiasi eventuale ispiratore non dispensa dalle sue responsabilità l’essere umano, che decide di rifiutare il bene che lo edifica per scegliere una libertà corrotta che distrugge. Allo stesso tempo, però, non dobbiamo dimenticare la costante, instancabile azione nel mondo e nella storia di quello che san Paolo chiama il mistero d’iniquità. Questo libro parla perciò di quanti diventano cooperatori consapevoli delle tenebre, ne delinea il possibile profilo. La piena e rapida affermazione di sé, nella prevaricazione di ogni volontà diversa dalla propria, consolida queste persone (e le isola) in un successo personale che è illusorio ed effimero, e per il quale devono infine corrispondere un altissimo prezzo”.
Cosa si intende per “adesione diabolica”?
“Il maligno agisce sull’uomo in modo ordinario (la tentazione) e in modo straordinario. Alle quattro espressioni tradizionali della sua azione straordinaria (infestazione di luoghi e animali, vessazione fisica o morale dell’uomo, ossessione interiore della mente, possessione del corpo fino alla perdita delle facoltà individuali) ne possiamo aggiungere una quinta: l’adesione diabolica. Chi aderendo con convinzione al maligno fa proprio il suo piano di morte, negando e disprezzando la sua figliolanza verso il Padre celeste, favorisce su di sé la possibilità di un’azione straordinaria, anche se essa può non manifestarsi con segni visibili nel corso della vita. Perciò, nonostante il loro consenso, nei cooperatori del diavolo si determina uno stato per cui attraverso l’adesione, grazie al contatto desiderato e prolungato con le tenebre, con la magia e l’occultismo, il demonio – come osservò in un’intervista del 1999 l’allora cardinale Joseph Ratzinger – «si è realmente impossessato di loro». Ciò può avvenire attraverso l’adesione a una setta, a una società occulta, a un gruppo di potere criminale, realizzata con calcolo, glaciale impassibilità, dominio dei sentimenti. Ma può anche perfezionarsi in modo solitario, intimamente, per un fermo proposito diretto a ottenere dal demonio vantaggi, associandosi al suo progetto, fino al punto di conformarsi a lui. Se – non senza difficoltà – questa stessa persona un giorno si pentisse e intendesse tornare alla comunione con Dio, in virtù di una decisione assunta con ritrovata volontà creaturale e libertà cosciente, ciò potrebbe determinare una reazione demoniaca straordinaria, inclusa la possessione. Va poi ricordato che l’adesione diabolica col suo tratto volontaristico, attivo, è complementare, o persino speculare, alla cosiddetta ‘soggezione diabolica’ (sul tema ricordo gli studi di padre Piermario Burgo), che è un’offerta di sé al nemico, una mortale consegna, giacché l’esito finale dell’adesione non può non essere che l’assoggettamento dell’essere umano al maligno dal quale viene a dipendere completamente. Non dimentichiamo che all’origine di questa pianificazione di sé, del proprio agire, c’è una tentazione – la volontà di potenza, di prevaricazione, di successo – accettata, fatta propria, perfezionata, e a sua volta esercitata sul prossimo, per trascinarlo nella propria disperata condizione”.
Quale obiettivo vuole raggiungere con questo libro?
“Il maligno è ‘padre della menzogna’ (Gv 8,44), ma anche nemico della consapevolezza. Mi auguro che questo libro possa aprire degli squarci su una realtà ignorata da molti, e favorire la comprensione di un fenomeno sempre più emergente, sul piano individuale e collettivo. Pensiamo al fenomeno delle sette, alle dipendenze psicologiche da situazioni di peccato, alle radicate complicità col potere criminale. La persona che vuole aderire alle tenebre è certamente libera di farlo. Come è libera di respingere la tentazione. Ma la strategia diabolica, pianificata in modo da pervertire la coscienza umana, può imprigionare e dominare gli uomini se le loro difese spirituali sono già state in precedenza erose e i loro sensi obnubilati. Inoltre, una colposa incoscienza crea quel terreno morbido e scivoloso in cui si pianta il cuneo del tentatore, minando le fondamenta morali, lacerando le relazioni autentiche. Il demonio, ricordiamolo sempre, vuole impedire ad ogni costo il ravvedimento e la conversione dei malvagi. Va invece anzitutto conservata e, quando necessario, recuperata quella relazione d’amore con Dio, espressione della libertà nella verità, che custodisce l’identità creaturale dell’uomo”.
Come questa tematica può essere attuale oggi?
“Dagli inizi di questo secolo, la storia sembra in accelerazione. Si tratta naturalmente di una percezione, ma è innegabile che nell’arco di poco più di un ventennio il mondo ha sperimentato in rapida successione degli eventi segnanti: il terrorismo globale, conflitti armati (spesso dimenticati, come in Africa e in Asia), eventi naturali (terremoti, disastri ambientali), una grande recessione (2007-2013), la pandemia di Covid (2020-2022). Questi fatti costituiscono la cornice epocale in cui inevitabilmente si colloca il nostro vissuto, colpendo il nostro immaginario. Ci sono però eventi meno eclatanti, che suscitano forse minore attenzione ma condizionano allo stesso modo le nostre vite. Mi riferisco a decisioni spesso concertate sul piano internazionale, che ci pongono di fronte a questioni etiche che toccano il significato della vita lungo l’intero arco esistenziale della persona. L’aborto, l’eutanasia, la messa in discussione del concetto di famiglia naturale, della condizione umana, attraverso la pervasività della manipolazione mediatica sono le punte di un dibattito il cui scopo è una vera e propria rifondazione antropologica. La logica che la ispira è quella di un’autonomia assoluta che nega ogni visione trascendente grazie a un’etica soggettiva e relativista, ritenuta liberante, in nome della quale vivere anche i propri istinti. Chi propone questo come chi accetta in tutto e per tutto una simile visione, aderisce a quel progetto che, fin da Genesi, confonde le menti e i cuori allo scopo di ferire il volto della creazione intera”.